Il 3° Statuto visto dal Trentino
In Alto Adige si parla di una “Convenzione per l’autonomia”, e in Trentino? Quali temi, con che metodi e quali persone stanno affrontando il tema?
Premetto che rispondo come cittadino e come studioso, senza vincoli di natura politica ma con un’esperienza di collaborazione con le istituzioni dell’autonomia che risale ormai agli anni ’90. Anche in Trentino nel dibattito pubblico (politici, studiosi, opinion makers, etc,) si sono fatte molte ipotesi, più o meno realistiche e più o meno suggestive. Rispetto all’Alto Adige, in Trentino la polemica strutturale contro la maggioranza si esprime attraverso un frequente riferimento alla Regione come entità politica da recuperare ma – mi sembra - con argomenti molto vaghi e in fondo con scarsa convinzione da parte degli stessi proponenti. Nel complesso, le nuove dinamiche di centralizzazione obbligano, da un lato, a privilegiare un orientamento difensivo (soprattutto attraverso i ricorsi alla corte costituzionale) e, dall’altro, ad affidarsi al negoziato riservato finalizzato ad acquisire in sede politica il consenso per norme di attuazione che espandano l’ambito dell’autonomia. In questa seconda prospettiva, prevale invece un orientamento propositivo. Dunque, gli unici veri protagonisti di questa fase sono le due Giunte provinciali.
Quali sono gli aspetti dell’autonomia che il Trentino punta a sviluppare di più e che è pensabile e possibile realizzare e quali sono invece quelli più difficili da ottenere?
Si tratta di materia che rientra nella discrezionalità politica delle Giunte e non mi risulta che vi sia stato un dibattito pubblico in sede consiliare. Ad esempio, benché si faccia spesso riferimento al concetto di “Vollautonomie” e di autonomia integrale, temo che si tratti più di uno slogan politico che di una nozione ben definita ed articolata. Credo comunque che le due province debbano percorrere insieme la strada dell’autonomia integrale.
Il tema è riservato ai soli esperti? In che modo si tenta di coinvolgere i cittadini in questo processo di sviluppo?
Direi di sì. Non mi sembra che si tenti di coinvolgere i cittadini – se non su iniziativa di gruppi non istituzionali – e non sono neanche sicuri che i cittadini siano disposti a lasciarsi convolgere.
Come vede il futuro della collaborazione tra le due province, la Regione, l’Euregio, l’Europa delle regioni e delle minoranze?
L’Europa delle Regioni è più un’ipotesi o un’immagine (o, ancora una volta, uno slogan politico) che un vero e proprio concetto, tanto più quanto più intergovernativa si rivela essere l’integrazione europea, con un formidabile recupero di protagonismo degli Stati nazionali. Realisticamente, già da tempo si preferisce parlare di Europa con le Regioni anziché di Europa delle Regioni, in quanto è chiaro che le Regioni non riusciranno – almeno in tempi medi – a prendere il posto degli Stati quali soggetti costitutivi dell’Unione Europea. Questa diversa prospettiva pone l’accento sulla capacità differenziata delle Regioni di essere presenti nello scenario europeo ed internazionale. Anche per quanto riguarda le minoranze nazionali, per ora siamo appena al loro mero riconoscimento formale nel testo del Trattato istitutivo. Poiché tutti i popoli europei si ritrovano ad essere minoranze nel contesto dell’Unione, le vere minoranze interne corrono il rischio di scomparire. L’Euregio la vedo ancora come una dimensione solo istituzionale e poco civica e pochissimo partecipata. Per quanto riguarda il mio ambito professionale, quello universitario, manca una visione di ampio respiro e si cerca di compensare questo vuoto con piccole esperienze di collaborazione.
E come vede in futuro il rapporto tra la nostra autonomia speciale e lo stato?
Nel migliore dei casi lo vedo ispirato ad un costante negoziato.
In un tempo di crisi economica e in un contesto italiano che non ama le autonomie, che prospettive praticabili ci sono? Come spiegare che le autonomie speciali hanno diritto di continuare ad esistere?
Non si tratta infatti di privilegi come tanti dicono, bensì di assetto differenziato, ponendo l’accento sul fatto che l’autonomia speciale è fondata sul binomio indissolubile “autonomia e responsabilità” e che a maggiore autonomia corrisponde maggiore responsabilità. Forse la nostra piccolezza si potrebbe rivelare come la nostra forza, nel senso di assicurare che la nostra autonomia differenziata dà poco fastidio agli altri.
Eigentor
wir schießen ein Eigentor, wenn wir mit den Trentinern nicht an einem gemeinsamen Strang ziehen. Leider ist aber genau der gegenteilige Trend bei uns immer offensichtlicher: die Selbstbestimmler, die Vollautonomisten, die Autonomieüberarbeiter, die Schweizkantonisten, die Doppelstaatsbürgler, auch gar die PDler, eigentlich alle. Alle schweben auf der Wolke Südtiroler Selbstherrlichkeit. Ja auch die Medien. Deshalb freue ich mich über immer über Beiträge wie diesen.
Die Zukunft der Region
Die Notwendigkeit der praktischen und strategischen Zusammenarbeit zwischen dem Trentino und Südtirol wird von kaum jemand bestritten und wird auch eher zunehmen. Sie kann grundsätzlich in zwei Formen erfolgen: zum einen von der Verfassung und den regeln des italienischen Regionalstaats auferlegt oder freiwillig. Die EVTZ (Europaregion) ist ein freiwilliger Verbund dreier Regionen, die halbwegs demokratisch gesteuert wird. Die von Degasperi weiland durchgesetzte Region Trentino-Südtirol ist von den Südtirolern nie ganz akzeptiert worden und heute angesichts des Sparzwangs eigentlich ein Unding. Könnte man in Südtirol heute darüber abstimmen, wäre sie morgen weg. Das bedeutet aber nicht, dass man in vielen Bereichen freiwillig institutionalisiert zusammenarbeiten kann. Einen praktikablen Mittelweg geht der Verfassungsgesetzentwurf von Zeller und Berger für die Vollautonomie, der die Region all ihrer legislativen Kompetenzen entkleidet und zu einem Konsultivorgan macht. Mal sehen, was Rom draus macht.
Antwort auf Die Zukunft der Region von Thomas Benedikter
Ja, sie wäre wohl morgen weg
und damit (weil einseitig abgeschafft) Porzellan zerschlagen und Schutz und Ausbau der Trentiner Autonomie auf das Silbertablett gestellt. Trient würde sich totärgern. Rom würde sich totlachen. Deshalb warne ich vor dieser Rethorik. Wir wollen keine "Anti-"Signale versenden, weder nach Trient noch nach Rom.
Bezüglich poltrone: Nicht die Region als solches ist ein Unding, sondern ihre derzeitige Form. Die Region gehört nicht abgeschafft, sondern verschlankt und umgebaut und EVTZ-reif gemacht. Die Initiative von Zeller und Berger mag inhaltlich gar nicht so verkehrt sein, aber es kann nicht funktionieren, wenn der Vorschlag nur von Südtiroler Seite ohne Trentiner Konsens eingebracht wird. Ich kann mich gut daran erinnern, wie Zeller/Berger von Margarita Cogo genau deshalb vor ein paar Monaten verbal abgewatscht worden sind. Es ist und bleibt ein Alleingang. Schade.
Antwort auf Die Zukunft der Region von Thomas Benedikter
Zitat Ugo Rossi
Zitat Ugo Rossi während der aktuellen Regionalratssitzung:
"Denselben Zusammenhalt müsse es geben, wenn man Rom ein neues Statut vorschlage; ansonsten werde der Reformprozess von anderen dazu benutzt, die Autonomie abzubauen. Die Region in ihrer heutigen Form sei nicht mehr auf der Höhe der Zeit und nicht mehr imstande, den Ansprüchen der beiden Länder genüge zu tun. "
http://www.regionalrat.tnst.it/de/aufgaben-funktionen/pressemitteilunge…