Una testimonianza viva
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Sono le quattro e mezza del pomeriggio del 10 giugno 1924 e alcuni testimoni dichiarano di aver assistito a una colluttazione all'interno di una vettura di lusso e di aver visto espellere quello che sarà poi riconosciuto come il tesserino del deputato Giacomo Matteotti.
Cento anni dopo, il 31 ottobre, mentre altrove si celebrano i fantasmi e le ombre che scompaiono con l’alba, al Teatro Studio ci troviamo di fronte a qualcosa di ben più spaventoso: una paura reale, tangibile, che non svanisce alle prime ore del giorno. Lì, tra la penombra del palco e le parole lucide e feroci di Ottavia Piccolo, il fascismo è tangibile, più vivido di qualunque maschera o racconto spettrale. -
Con un monologo vibrante, Piccolo e l’autore Stefano Massini - che a settembre aveva già portato il suo spettacolo Mein Kampf sempre al Teatro Stabile di Bolzano - hanno ridato voce a Giacomo “Tempesta” Matteotti, l’oppositore socialista che, cento anni fa, fu brutalmente assassinato per aver avuto il coraggio di dire la verità sul fascismo. Lo spettacolo, intitolato “Matteotti (Anatomia di un fascismo)”, è molto più di un atto teatrale: è un grido di denuncia che attraversa il tempo, ricordando uno degli episodi più neri della storia contemporanea italiana. In scena, Piccolo – accompagnata dalle splendide musiche de I Solisti dell'Orchestra Multietnica di Arezzo – incarna non solo Matteotti, ma anche la moglie Velia Titta, testimone e compagna in quella battaglia disperata e visionaria. È un doppio ritratto di amore e dignità, di impegno politico, capace di coinvolgere il pubblico in una narrazione carica di emotività.
“Io denuncio all’Italia e al mondo intero che un mostro chiamato fascismo ogni giorno diventa più potente proprio grazie al silenzioso assenso di chi lo svaluta, lo legittima e non lo combatte.”
Lo spettacolo non si limita a riportare in vita la figura di Matteotti, ma riflette soprattutto sulla pericolosa illusione di un fascismo “d’ordine”, in cui la violenza è sistematicamente impiegata per ridurre al silenzio ogni forma di dissenso. Matteotti riconobbe presto questo pericolo: quei personaggi che a Ferrara, seduti nei caffè, ordinavano il “celibano” ignorando che il cherry-brandy fosse inglese; quelli che odiavano i socialisti che osavano pretendere dignità per i lavoratori, quelli che parlavano di riportare l’ordine nel disordine, quelli che avevano bisogno di sentirsi minacciati per poter giustificare attacchi e violenze; quelli che, un giorno avrebbero sfilato a migliaia sotto la guida del Contessino Italo Balbo e si sarebbero presi l’Italia intera.Ottavia Piccolo dà corpo e anima ai reali protagonisti della vicenda. La sua interpretazione rende onore alla figura del Tempesta e allo stesso tempo ci ricorda che il fascismo – in ogni sua forma più subdola – trova la propria forza non solo nei suoi sostenitori ma soprattutto nella passività e nell’indifferenza della collettività. È impossibile rimanere indifferenti di fronte a quelle parole pronunciate con la forza di un’accusa: “Io denuncio la manovra politica con cui si è spacciata l’eversione più radicale camuffandola nel suo esatto opposto, ovverosia nella garanzia dell’ordine. Io denuncio il sistematico uso della forza, la riduzione al silenzio delle voci dissenzienti. Io denuncio all’Italia e al mondo intero che un mostro chiamato fascismo ogni giorno diventa più potente proprio grazie al silenzioso assenso di chi lo svaluta, lo legittima e non lo combatte.”
La regista Sandra Mangini firma uno spettacolo di teatro civile profondamente coinvolgente, capace di raggiungere anche chi magari non conosce a fondo la storia di Matteotti. Ed è proprio questa l'essenza del teatro civile: arrivare a tutti, riportare alla luce verità storiche che rischiano di finire nell’ombra.
"Matteotti (Anatomia di un fascismo)" è un richiamo al nostro dovere di vigilanza, a non abbassare mai la guardia contro le derive autoritarie che, come un’ombra, si ripresentano in ogni epoca approfittando della paura e proponendo soluzioni semplici e violente ai sentimenti collettivi più complessi. È un monito potente e imprescindibile, in cui l’arte e la memoria si intrecciano per trasformarsi in una testimonianza viva, destinata a rimanere nella coscienza di chi l’ha ascoltata.