L’incommensurabile potere del teatro
Il teatro come crocevia di mondi lontani. Un fulgido esempio è il progetto “Wish You Were Here”, curato dal Regista Nicola Benussi della Compagnia teatroBlu, che ha coinvolto bolzanini, non autoctoni abitanti del capoluogo altoatesino e richiedenti asilo. Ma non si parla di accoglienza, del temibile Mediterraneo, dell’agonia del viaggio. “Il fine non era quello di far parlare queste persone del proprio vissuto o di come sono arrivati in Italia e in quali circostanze, ma di far emergere le loro differenze culturali, il diverso colore di voce o di tipo di movimento all’interno dello spazio performativo”, spiega Benussi. L’esito di questo laboratorio è lo studio teatrale “Power”.
“L’idea - prosegue il regista - è quella di creare una condivisione creativa con un gruppo misto di persone, mettersi in gioco e raccontare attraverso le tecniche e le dinamiche della rappresentazione, per realizzare qualcosa insieme che dia un senso a un percorso narrativo senza partire dal pretesto del testo perché il fulcro non era la costruzione, fine a se stessa, di una storia”. Una storia di base, seppur accennata, tuttavia c’è. Power si ispira lontanamente al dramma shakesperiano Macbeth, “una sorta di traccia-guida da cui estrapolare solo alcuni elementi come la figura del re, della regina o l’azione omicida per ottenere il potere, che è il tema dello studio”, chiosa Benussi.
Il progetto si è sviluppato in una forma di incontri liberi a cui hanno partecipato diversi giovani, fra cui alcuni africani, rumeni, iracheni, che si sono avvicendati durate le diverse fasi del lavoro, si è poi costituito un nucleo di persone, una decina in tutto, che ha lavorato alla creazione finale dello studio teatrale. In scena ci saranno Gana Nguer, Mousa Shan, Precious Osagie, Saico Balde, Elisa Pavone, Alessio Meroni, Tiziana Boari, Stefania Benedicti, Adrian Luncke, Chiara Bongiorno. “Non ci puoi credere - commentano i performer -. Se non lo vedi non ci credi. Anche se apri gli occhi e li tieni spalancati fino a farli lacrimare, anche se trattieni il respiro fino a scoppiare per non perdere un istante di quello che stai guardando. Eppure è così semplice: quello che vedi sono innanzitutto uomini e donne, non attori. Parliamo e raccontiamo, anche in lingue sconosciute, ci muoviamo insieme. Creiamo qualcosa che non potrebbe esistere se solo mancasse uno di noi; o se esistesse sarebbe già una cosa diversa. Tutte le persone che vedi sono necessarie per creare la realtà unica di questo istante. Quello che vedi esisterà solo ora, adesso. È questo che fa il teatro: crea un tempo tutto suo, in cui tutti esistono per un istante e poi scompaiono non appena riesci a percepire la loro esistenza”.
Altro principio peculiare è il fatto di trovarsi sempre tutti sul palcoscenico, tutti attivi, per una rappresentazione corale, con una distribuzione delle parti totalmente equilibrata. “Il laboratorio aveva un obiettivo, che era quello di andare in scena, per dare senso al lavoro fatto fino a questo momento e anche come gratificazione, è importante che questi ragazzi si misurino con il palco e regalino la loro esperienza al pubblico”, afferma il regista che infine aggiunge: “Il teatro è uno spazio neutro dove incontrarsi, dove si vedono nient'altro che le persone che contribuiscono a creare qualcosa di creativo, dove si annullano le differenze sociali”. Postilla: l’inizio dello “spettacolo”, che dura circa mezz’ora, è stato spostato dalle 20.30 alle 21 per dare modo ai fedeli musulmani che fanno parte dello studio di rifocillarsi dopo il digiuno del Ramadan.