Politica | Bolzano/Bozen

Lo psicodramma del voto

Chi vincerà le prossime elezioni di primavera nel capoluogo?
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
  • Secondo diversi osservatori è più che probabile che a raccogliere il maggior numero di preferenze a Bolzano sarà il partito del non voto. Il calo della partecipazione elettorale è un fenomeno ormai ampiamente diffuso in tutta Europa. Non tutte le elezioni sono tuttavia eguali. In alcuni casi le percentuali dei votanti sono superiori, mentre in altre crollano. Nelle ultime tornate comunali nel capoluogo il numero dei votanti è costantemente calato e giustamente alcuni, non molti in verità, si sono interrogati sulle ragioni dell’irresistibile ascesa dell’astensionismo. Gli studiosi di scienza politica non sono del tutto concordi nell’individuare i motivi del fenomeno del calo dell’affluenza, ma in linea di massima convergono su almeno tre cause. 

    La prima è la tendenza ormai ampiamente documentata a partecipare solo alle elezioni ritenute più rilevanti che sono generalmente quelle politiche rispetto alle amministrative. 

    La seconda è data dalla sempre più grande somiglianza dei programmi politici che portano a percepire i diversi candidati e partiti facilmente intercambiabili seguendo lo slogan tanto sono tutti eguali. Con la conseguenza che avere uno o l’altro al governo non cambierebbe molto la situazione. 

    L’ultima causa è rappresentata dalla generale sfiducia nei confronti della politica e dei partiti come soggetti capaci di ascoltare e dare risposte ai problemi dei cittadini. 

    A Bolzano, i motivi della disaffezione al voto non sono in fondo molto diversi da quelli indagati nella letteratura specialistica, se non per il contesto storico e culturale in cui si colloca il rapporto tra cittadini e politica. 

    Le elezioni bolzanine non sono innanzitutto ritenute politicamente rilevanti, perché la grande parte delle decisioni importanti sono prese in provincia, e non a livello comunale. Negli ultimi venti anni quasi tutte le scelte vitali per la città sono state calate dall’alto. Le principali istituzioni innovative come Museion, Università, NoiPark e Eurac sono state esito di decisioni peraltro lungimiranti provinciali, la viabilità è rimasta bloccata per il maggiore interesse dimostrato dai politici provinciali per la periferia, il destino della zona industriale è stato deciso in piazza Magnago e in Via Brennero da politici e partiti provinciali. Per molti cittadini la percezione è che a parte la manutenzione stradale e qualche contributo a associazioni il comune conti poco o niente per cui chi viene eletto siederà comunque su uno scranno con poco o nullo potere politico con la conseguenza che le sue decisioni avranno poco impatto sulla vita quotidiana. 

    Se si guarda ai programmi presentati dalle diverse coalizioni nelle ultime tornate elettorali anche le differenze tra le diverse coalizioni - soprattutto di centro destra e centro sinistra - sono apparse talmente generiche da essere facilmente intercambiabili. L’obiettivo principale dei principali partiti è stato di presentarsi affidabili nei confronti della SVP. Ancora oggi qualche vecchio candidato sindaco fa notare come nel programma della sua coalizione molti punti erano sovrapponibili a quelli degli avversari e questo la dice lunga sulla capacità di elaborare progetti distintivi per lo sviluppo della città. Le divergenze dal pensiero mainstream  indifferenziato sono rapidamente assorbite dal desiderio di mantenere lo status quo e le poltrone come è ben evidente con la scomparsa della richiesta di costruire nuovi lotti di abitazioni avanzata dall’assessore Fattor nell’attuale discussione sulla costruzione di una coalizione vincente di centro sinistra. Contrastare il diktat di Steger e company di lasciare che sia il declino demografico a risolvere il problema della carenza di abitazioni a prezzo accessibile per la grandissima parte dei potenziali nuovi cittadini e per le giovani generazioni residenti vorrebbe dire inimicarsi quello che quasi tutti (a torto) reputano essere il dominus della campagna elettorale. Quindi meglio ritirare i pensieri divergenti che potrebbero fare la differenza e tornare nella vaghezza di proposte che portano i partiti a assomigliare tutti gli uni con gli altri. Magari con qualche distingui sui migranti anche se in quattro anni di governo di centro sinistra le telecamere sono spuntate come i funghi e gli sgomberi dei poveri diavoli si sono ripetuti regolarmente senza che nessuno nella coalizione progressista si strappasse le vesti. 

    La causa più rilevante della disaffezione elettorale tuttavia per Bolzano non è la prima, o la seconda, ma molto più probabilmente la terza, ovvero la sfiducia nei confronti della politica, con una variante essenziale che ha come tutto quello che si muove e respira nel vecchio Sudtirolo matrice etnica. La Svp ha rappresentanti politici molto compatti che soddisfano le attese degli elettori siano essi i contadini della città parallela del cuneo verde separata da cancellate e fili spinati dal resto del territorio urbano, che i commercianti del centro storico più attenti a ricevere benevolenze in termini di manifestazioni e mercatini da contenere nel perimetro della città vecchia o di piazza Gries che gli investitori beneficiari di concessioni urbanistiche dedicate. Mentre il partito di raccolta di lingua tedesca ha già individuato per tempo il proprio candidato sindaco, le coalizioni di centro destra e centro sinistra vivono lo psicodramma dell’assenza di una figura di riferimento su cui convergere. Il centro sinistra ha appena bruciato la candidatura di Francesco Palermo, figura di alto profilo indicata da tutti i partiti della coalizione come sindaco in pectore e è attualmente impegnato nella ricerca spasmodica di un altro candidato esterno per evitare di fare esplodere le contraddizioni interne e di esporre candidati ormai usurati al responso delle urne. Il risultato delle scaramucce pre-elettorali consegna inesorabilmente alla cittadinanza l’immagine di politici che stanno insieme per mera convenienza più che per affinità elettiva. Con chi vorrebbe per esempio costruire migliaia di nuovi alloggi in zona agricola e i Verdi fermamente contrari a qualsiasi espansione stretti in un abbraccio che non può che essere mortale per la credibilità di entrambi. I politici del centro destra non sono da meno dopo quattro anni e mezzo di opposizione di mera facciata a dare disarmante spettacolo dello sfascio della coalizione è stato per ultimo l’assessore provinciale Christian Bianchi con il repentino cambio di casacca dalla Lega a Forza Italia. 

    Di fronte a partiti che assomigliano a piccole oligarchie dedite alla preservazione di poteri e rendite di posizione individuali il cittadino di madre lingua italiana è chiaro che si chiede: ma perché dovrei votare qualcuno che il giorno dopo l’elezione è talmente poco affidabile che tornerà a riprodurre sicuramente lo stesso modello di coalizione con la SVP che da anni blocca lo sviluppo urbanistico e sociale della città?

    A Bolzano dunque sono presenti e ben radicati non solo uno, ma tutti i motivi per cui i cittadini sono spinti a disertare le urne e non è difficile preventivare come le elezioni del 2025 stabiliranno di questo passo un nuovo drammatico esito di astensionismo, lasciando la città immersa come in una grande palude in tutti i suoi problemi irrisolti.

    La domanda da farsi di fronte allo psicodramma bolzanino è se si potrebbe fare qualcosa di diverso per fare tornare parte degli elettori al voto, restituendo un tono di democratico a elezioni che assomigliano sempre di più a un affare di famiglia in cui i soliti noti decidono di accordarsi per mantenere la città in un eterno status quo e ridando linfa e dinamismo a una politica che è asfittica e immobile di fronte alle epocali sfide del cambiamento.

    Si può discettare naturalmente di molte opzioni al riguardo. Ma se la scienza politica non è un’opinione, le tracce da seguire sono tutto sommato molto chiare. 

    In primo luogo serve restituire al voto una valenza di scelta politica e non meramente amministrativa. Quindi: bisogna designare un futuro della città con scelte chiare. Niente a che fare con la Grosse Koalition verso cui molti si stanno muovendo in cui tutto diventa indistinto e incolore. Un programma politico significa dire che il futuro sindaco è chiamato a fare politica e non solo amministrazione come amava dire il vecchio Caramaschi, e che le coalizioni dovrebbero proporre programmi sostantivi riguardo ai temi cruciali per la città: l’accesso alla casa, l’espansione urbanistica, le politiche di attrazione dei giovani, le politiche di inclusione. Se per esempio si è convinti di estendere l'offerta abitativa è inevitabile dovere porre anche un veto alle coabitazioni con i partiti che invece vogliono mantenere invariati i trend dell'attuale declino demografico e sociale. 

    In secondo luogo, i programmi dovrebbero essere distintivi e riconoscibili, non brodaglia informe in cui tutti rincorrono la scelta più moderata possibile per paura di esporsi ai veti o ai contropiedi degli avversari. E questo significa fare l’esatto contrario di quanto le coalizioni di centro sinistra e centro destra (il centro non è pervenuto) stanno facendo con la rincorsa alla ricerca di un candidato digeribile per l’opinione pubblica senza dire niente di cosa intendono fare e di come un programma si distingue dall’altro. Nell’ipotesi sia scelto un Faustini o un Corrarati, o un Rossi o un Neri per esempio, cosa si intende fare? Basta un nome per catturare forse qualche centinaio di elettori in più, sicuramente non è sufficiente un nome per fare capire agli elettori perché dovrebbe valere la pena alzarsi la mattina e recarsi al seggio il giorno delle elezioni.

    Infine, i rappresentanti politici dovrebbero essere persone credibili e non screditate. Chi ha cambiato casacca più volte, chi era nel centro destra e è passato nel centro sinistra o viceversa, chi ha fatto promesse poi non mantenute, dovrebbero essere persone da escludere dalle liste dei partiti. E’ chiaro per fare un esempio che chiedere il voto per il Pd a un cittadino che ricorda che il suo rappresentante provinciale era un ex CCD Forza Italia è un’operazione inevitabilmente destinata al fallimento. E il rischio è che fallimentare sia anche l’idea di fare convergere verso coalizioni piene di contraddizioni rappresentanti e partiti politici che si sono distinti nell’ultima legislatura per un serio contributo al bene comune perché la reazione di molti elettori non può che essere il ‘ma allora sono tutti eguali tengono solo alla poltrona’. 

    Teoricamente agire per contrastare il partito del non voto, si può fare. L’andazzo purtroppo da quello che si vede rischia di essere quello di andare ancora una volta a schiantarsi. 

     

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Luca Marcon Mar, 02/04/2025 - 00:15

Direi invece che è uno degli effetti di un'autonomia concessa a chi voleva e vuole molto semplicemente tornare padrone della e nella propria terra pur non essendo più statualmente a casa propria. Il che, peraltro, rende molto particolare - e altrettanto interessante dal punto di vista delle scienze sociali - la situazione locale. La SVP ha sempre considerato Bolzano come il comune più pericoloso per via del livello della penetrazione degli italofoni (vedi il dogma Benedikter che ha bloccato lo sviluppo urbanistico - ma anche culturale - della città per decenni), sicché l'ha sempre tenuta ben stretta in una morsa. La ragione più intelligente - ma temo lo capiscano in molto pochi - alla base dell'astensione dovrebbe essere il cosiddetto sciopero elettorale: che andrebbe esteso anche a livello provinciale. Non c'è alcuna ragione per cui il gruppo etnolinguistico altoatesino dovrebbe prestarsi a quella che di fatto è una farsa: o, detto in altre parole, la gara a scegliere in media ogni cinque anni il nome del cane da riporto più adatto per compiacere il padrone.

Mar, 02/04/2025 - 00:15 Collegamento permanente