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Clandestino mai!

Luca De Marchi (Volontarius) in merito ai contributi bloccati dalla destra a Bolzano: "E' una provocazione. I progetti continuano lo stesso, educano alla convivenza".
Luca De Marchi
Foto: Domenico Nunziata

"Ho cominciato questo percorso cinque anni fa, quando con la mia classe partecipai al progetto organizzato da Volontarius. Poi ho cominciato da due o tre anni a tenere io incontri nelle scuole con i ragazzi sulla vita di strada". Così introduce la sua storia Luca De Marchi, laureando in Lettere Moderne a Trento e operatore presso l'associazione Volontarius. I progetto scolastici di cui racconta hanno ricevuto in passato finanziamenti da parte del Comune di Bolzano. Di recente però la commissione politiche sociali ha espresso parere negativo con i voti di Fratelli d'Italia, Casapound e Lega. I voti a favore sono stati quelli del Pd, di Mauro Randi e dei Verdi, assente invece Mastella, di Io sto con Bolzano. Anche se la parola definitiva l'avrà la Giunta comunale.

"Bloccare i finanziamenti per cercare di ostacolare le associazioni che raccontano nelle scuola della vita di strada e della condizione dei profughi e dei migranti è solo una provocazione. I progetti scolastici non si fermano, anzi, continueranno anche sotto forma di volontariato puro senza retribuzione: oggi più che mai ne abbiamo bisogno". Non solo incontri e conferenza ma anche progetti artistici per far esprimere i partecipanti e renderli in grado di descrivere in modo diverso i propri pensieri, un percorso di educazione "nel senso puro di ex ducere, tirare fuori ciò che sta all'interno".

"[I ragazzi] hanno indubbiamente le idee migliori".

Ciò che rende interessanti questi progetti non è solo la parte di introduzione generale, di infarinatura - ci racconta De Marchi - ma la presenza delle testimonianze dirette delle esperienze di vita vera all'interno delle classe o dei gruppi di adulti che vi partecipano. "Alla fine di un incontro chiedo sempre se i partecipanti abbiano voglia di incontrare un profugo o una persona senza fissa dimora, affinché racconti la sua storia. Allora chiedo loro di convincermi a portarlo in classe, per essere sicuro che lo vogliano davvero. A patto che entri dalla porta come una persona e non con l'etichetta di profugo o barbone, è molto importante".

 

Le reazioni dei ragazzi a questi incontri sono sempre imprevedibili e spiazzanti, dice infatti: "Hanno indubbiamente le idee migliori. E poi sono capaci di uno spirito critico molto superiore rispetto alla vulgata. Interessanti sono i contributi dei ragazzi di seconda generazione con background migratorio, che si confrontano con le loro esperienze, quelle dei propri genitori. La storia passa anche attraverso ciò che ci riguarda da vicino, ciò che ci tocca. Forse uno dei commenti più intelligenti è stato quello di una ragazza che mi ha chiesto se suo zio, gay, che era fuggito in America per sposarsi, fosse anche lui un profugo".

"Oggi si predilige la retorica della forza e dell'arroganza a quella della fragilità, alla quale dovremmo invece rivolgerci con umiltà e fiducia".

Le storie dei testimoni riguardo le vicende umane in questione sono sempre storie molto forti, che raccontano delle esperienze di negazione dei diritti umani il Libia, della vita senza un tetto sopra la testa e anche di azioni di cui andare poco fieri. "Le storie non servono a dimostrare il coraggio dei testimoni, non creiamo ad arte eroi. Quello che vogliamo fare è far vedere la fragilità e la forza che coesistono in certe persone. In realtà è una caratteristica che accomuna tutti ma alcuni sono più sfortunati di altri. Alla fine dipende tutto dalle situazioni in cui uno si trova". La retorica del siamo tutti uguali anche è da demolire, sostiene De Marchi, per fare spazio a una consapevolezza totale della diversità fra soggetti, che dovrebbero ascoltarsi a vicenda, capire le motivazioni di certe scelte e cercare voci interessanti, combattere le legittime paure con la forza delle argomentazioni persuasive.

 

"Molti diventano intolleranti e respingono il migrante o il povero, perché davvero fa loro paura. Credo che dipenda dal fatto che siano terrorizzati di perdere uno status. Avere paura del diverso perché si ha paura di non avere della basi o radici culturali solide è diventato normale. Si acquisisce così un'identità fittizia in reazione a ciò che ci fa paura, ci si costruisce un'identità a partire da quello. Noi vogliamo raccontare tutta un'altra storia, non basata sulla paura. Oggi si predilige la retorica della forza e dell'arroganza a quella della fragilità, alla quale dovremmo invece rivolgerci con umiltà e fiducia, perché è questo che siamo: fragili e imperfetti".

Così conclude il suo racconto De Marchi, che però aggiunge, sulle accuse che gli sono state rivolte perché avrebbe parlato di politica nelle classi: "Spesso sono i ragazzi a voler parlare di attualità in merito a questi fenomeni e sono molto interessati. Io ne ho parlato davvero poco, forse avrò accennato al fatto che la Lega sia stata denunciata da due associazioni per aver usato in modo improprio la parola clandestino".

Bravo Luca, continuate! In questo periodo delicato è importante far vedere soprattutto ai giovani questa parte della realtà che oggi viene continuamente oscurata dalla retorica della paura. L'incontro diretto tra le persone è il modo migliore per sfatare i pregiudizi e capire i problemi da risolvere.

Gio, 07/05/2018 - 13:22 Collegamento permanente

Ja, solche Projekte braucht es. Ich hoffe, dass nach dem Wahlkampf sich Stimmung wieder beruhigt und solche und ähnliche Projekte wieder mehr Aufmerksamkeit erhalten. Es wird anscheinend auch viel Positives gemacht.

Gio, 07/05/2018 - 22:24 Collegamento permanente