"Scrivere storie attraverso la luce"
salto.bz: Thomas Marciano, classe 1997, Liceo Pascoli di Bolzano, adesso selezionato dalla Filmakamedie di Vienna, su trecento persone ne hanno scelte tre, tu sei una di quelle. Come funziona questa selezione che sembra non fare sconti a nessuno?
Thomas Marciano: A inizio novembre del 2016 la Filmakademie Wien ha pubblicato il bando, io ho scelto il corso di regia e per accedere alla selezione ho realizzato un video di presentazione e un cortometraggio. Il nome che ho scelto per il mio corto è Ambo. Successivamente ci è stato richiesto di realizzare un cortometraggio di 5 min entro 10 giorni a Vienna, dopo tre intense settimane all'Accademia. Essere già tra i 13 primi selezionati su 300 era per me già un traguardo impensabile. La possibilità di non farcela era più che reale, e per questo motivo che ogni parola pronunciata al colloquio, ogni inquadratura, battuta e scelta di montaggio e stata espressa con sincerità.
Quando è arrivato l'amore per il cinema? Sorrentino dice che di solito arriva a dodici anni, a lui arrivata tardi, quando aveva la tua età. Spielberg a 14 anni già giocava con la videocamera.
A otto anni mi divertiva assemblare delle fotografie per farle scorrere velocemente su PowerPoint inserendo qualche musica di sottofondo. Poi un giorno frugando nel database del computer di famiglia scoprii Windows Movie Maker e mi si aprì un mondo nuovo. Infinito. Magico. Non furono certo le transizioni a stella a risplendere all’interno della mia immaginazione, ma la possibilità di scrivere storie attraverso la luce. Tutte le storie che mi venivano in mente. Senza limiti.
Quando hai capito che la tua passione potesse diventare il tuo lavoro?
È il modo migliore in cui io riesco ad esprimermi. Mi risulta più facile descrivere un sentimento attraverso i colori e i movimenti di macchina all’interno di una ripresa rispetto all’avventurarmi alla ricerca del vocabolo adatto. Se potessi lascerei che il Cinema sia un passatempo, qualcosa di puro e incontaminato. Dal quale non dipenda il proprio stato economico e di vita, libero dai compromessi di mercato e di critica; solo semplice espressione dell’indefinito. Investirò tutte le mie energie, per far sì che mi accompagni per la vita.
Girare corti per il Festival Studentesco è stata una buona palestra per te, hai avuto riscontri positivi?
Il mondo del Festival Studentesco è una grande fortuna per gli studenti bolzanini. A me in particolare ha dato semplicemente l’essenziale possibilità di mettermi alla prova e confrontarmi con gli altri giovani artisti, e quindi di crescere.
Classica domanda da giornalista campanilista (e forse rancoroso). Il tuo rapporto con il territorio: ti sei confrontato con altre realtà, come la Fabriato Film, quelli di Strings, il film di fantascienza o altri progetti?
L’Alto Adige sta investendo molto in questo ambito il quale in futuro potrebbe ricoprire - se non lo fa già - uno dei settori principali dell’industria nel mercato. Cerchiamo di essere all’altezza di questo incombente sviluppo sempre più rapido, volendo esprimerci al meglio possibile, le realtà con le quali ho già avuto modo di confrontarmi mi hanno dimostrato che il terreno, in questa seppur piccola realtà è più che fertile. Concorrendo insieme saremo in grado di coltivare esperienze artistiche sempre più pregne di emozioni, tecnica e professionalità.
Qual è l’approccio che usi quando giri e soprattutto, quanto è importante il ruolo del montaggio nelle tue produzioni?
Totale improvvisazione. Mi baso principalmente sul mio istinto, così come nella vita spesso e volentieri si prendono scelte senza un motivo strettamente razionale, anche le inquadrature riprese derivano dai sentimenti che queste mi suscitano. Altrimenti non potrei raccontare di vita. Certo, il Cinema è pura finzione, ma questo non significa che non possa raccontare verità. Questo non esclude che lo script come il montaggio non siano pensati. Per la stesura di Ambo ho passato 4 mesi nel più completo delirio interiore, per non parlare del suo montaggio. Posso dire di pensare molto tra una ripresa e l’altra, quasi eccessivamente a volte. Nel singolo frammento in cui riprendo però, mi trovo proiettato nell’universo creato in sceneggiatura, come un attore immerso nella sua parte, non vi è altro da fare se non imprimere ciò che sta già succedendo.
La scena del cinema italiano sembra stare sfornando cose interessanti, da Lo chiamavano Jeeg Robot a Suburra, da Veloce come il Vento a Perfetti Sconosciuti. Oltre al trittico dei maestri, come Sorrentino o Morretti e Garrone. Il cinema italiano si sta riprendendo?
Quello che manca a mio parere è la fiducia nel Cinema italiano: puntategli un faro contro, credete in lui, e le sue pellicole ricominceranno a splendere in un ambiente in cui sarà possibile ricostruire, senza ricopiare il passato. Un Cinema in cui sarà lecito sperimentare il mai visto.
Da poco è venuto a manca George Romero, il regista dell’Alba dei morti viventi, l’uomo che ha creato il mostro del novecento, lo zombie, un mostro che è una metafora del consumismo sfrenato. Nel tuo cinema vorresti affrontare tematiche di interesse sociale e politico o ti interessa di più raccontare quello che sei tu?
Tutto quello che vediamo è filtrato dalla nostra stessa soggettività, affrontassi anche tematiche sociali o di politica, vorrebbe forse dire non parlare di me stesso? Tutte le mie storie, per quanto surreali possano apparire, hanno sempre un fondo di quotidianità del resto anche una singola goccia di pioggia può contenere il mare aperto.
Ottima risposta. Tu stai lavorando a un nuovo progetto, Il Dominio della Lacrima. Nel progetto ti sei occupato della fotografia - quindi composizione all'interno dell'inquadratura, movimenti di macchina ecc. - e hai fatto da aiuto regista e fac-totum. Nell'approccio al lavoro artistico, ritieni sia più importante l'immagine o la sceneggiatura? Ci sono diverse scuole di pensiero, compreso ritenere la sceneggiatura un male necessario.
Nella produzione del film ho avuto modo di pensare su come dare rilievo ad ogni singola inquadratura, così da conferirle una propria identità. Lo scopo è quello di realizzare delle riprese all’interno delle quali più fotogrammi possibili possano rappresentare quadri su cui riflettere, indipendentemente dalla velocità con la quale scorrono. Nel film la sceneggiatura ha un ruolo fondamentale, quanto lo sono le sue immagini. Per me Cinema significa "scrivere per immagini in movimento". Immagine e script devono trovare un equilibrio. Non va dimenticato che i singoli fotogrammi non si animerebbero senza storie - per quanto astratte - e le stesse storie non si racconterebbero nel Cinema che conosciamo in assenza di immagini.
Cosa significa affrontare una produzione indipendente, quanto tempo e lavoro ci si impiega per un progetto a basso budget e come lo si fa arrivare al pubblico?
Bisogna dare il massimo, sempre. Tutti gli ostacoli di percorso vanno abbattuti di volta in volta per ritrovarsi man mano sempre più in alto: per crescere ancora.
È un prodotto che ci segnerà per sempre. Quando si lavora con questo tipo di budget si è infatti liberi da ogni convenzione, l’unico limite è quello tecnico, ma alla propria creativita è dato poter spaziare ovunque.
Gianmaria Volontè in Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto urla "Il pubblico è minorenne, la città è malata!", che somiglia molto al "Il pubblico non serve a niente" di Carmelo Bene. Al pubblico si deve dare quello che vuole oppure no?
Il riscontro con il pubblico sarà sicuramente molto importante, in fondo la maggior parte dei personaggi di una storia acquisisce significato attraverso i comportamenti dei personaggi secondari verso di loro. Così anche le critiche possono aiutare a conosce se stessi ma non ci aspettiamo elogi. Il nostro obiettivo resterà quello di creare arte, lasciando che questa si esprima in quanto tale, fine a se stessa. Per noi o per gli altri.