Roma non arretra, Bolzano nemmeno
Ossequi, larghi sorrisi, garbo istituzionale. Il valzer della diplomazia fa il suo giro negli spazi dell’ufficialità ma il messaggio resta limpido e diretto: in merito alla cosiddetta fase 2 il governo non permetterà alcuna differenziazione territoriale prima del 18 maggio. Dopodiché, se dal monitoraggio sanitario su tutto il territorio italiano (i cui criteri sono stati definiti il 30 aprile dal ministro della Salute Roberto Speranza), che verrà effettuato dal 4 all’11 maggio, emergeranno dati “confortanti” ogni Regione potrà attuare misure diverse in base al numero dei contagi da coronavirus. Tradotto: l’Alto Adige dovrà pazientare come il resto d’Italia. Lo ha ribadito ieri, 4 maggio, il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia, venuto a Bolzano per incontrare il presidente Arno Kompatscher e riaffermare la ferma posizione del governo centrale.
Dal canto suo il Landeshauptmann, sottolineando la necessità di coniugare rilancio dell’economia e salvaguardia della salute dei cittadini, non indietreggia: “Ho avuto la possibilità di illustrare al ministro i contenuti della legge provinciale che dopo l’approvazione in giunta e il passaggio in commissione legislativa proseguirà ora il suo iter in consiglio provinciale”. La proposta legislativa della Provincia, che punta ad anticipare la riapertura di alcune attività produttive rispetto alle disposizioni dell’esecutivo nazionale, rimane in piedi. “Noi siamo convinti che questa strada sia in linea con i principi espressi dal governo per quel che riguarda la tutela dei cittadini e dei lavoratori ed è anche espressione della nostra autonomia, che è sinonimo di responsabilità”. Con il membro del governo Kompatscher ha inoltre affrontato anche la questione dei rapporti finanziari “alla luce della quasi certa riduzione del gettito fiscale”; il tema del turismo, con l’auspicio che venga presto ripristinata la mobilità all’interno dell’Unione europea e dell’Euregio; della necessità di come garantire la presenza, in sicurezza, dei lavoratori stagionali.
Il nodo della legge
La domanda di stringente priorità è: il governo impugnerà o meno la legge provinciale che dovrebbe entrare in vigore - posto il via libera del consiglio provinciale - già l’8 maggio? Il giudizio resta sospeso semplicemente perché la legge ancora non c’è. “Sono convinto che prevarrà la saggezza dimostrata nel lavoro comune che stiamo facendo”, afferma il ministro Boccia. Parole che suonano come un avvertimento. “Se si corre si possono fare danni - osserva il responsabile per le Regioni -. Non si tratta di mesi né di settimane, ma è questione di giorni, il sistema di monitoraggio del ministro Speranza è serio, rigoroso, e scientifico e consentirà le giuste differenziazioni territoriali ma sempre rispettando le linee guida che lo Stato ha dato e che sono quelle scolpite nella Costituzione per la profilassi internazionale. Oggi (ieri, ndr) eravamo tutti in attesa di vedere l’effetto di questa riapertura e il Paese ha tenuto, dimostrando che la prudenza, madre di tutte le virtù, alla fine è stata opportuna”.
E c’è un altro fattore, nient’affatto secondario, di cui tenere conto: la definizione dei protocolli certificati dall’Inail riguardo alle misure di sicurezza per tutti i settori economici. “Quello che vale oggi per l’industria, i cantieri, e l’edilizia, deve valere anche per il commercio, perché dobbiamo dare a tutti le stesse garanzie - spiega Boccia -. Grazie ai protocolli e alle certificazioni approntate presto anche nei negozi di commercio al dettaglio, dove il rischio di trasmissione del contagio è molto elevato, potrebbe essere ragionevole ripartire in sicurezza”. Il mantra è: non fare il passo più lungo della gamba per non vanificare gli sforzi e i sacrifici fatti finora. “Non possiamo permetterci di tornare indietro”.
Il ministro ricorda che l’esecutivo guidato da Giuseppe Conte ha stanziato nella prima fase dell’emergenza un miliardo e 775 milioni per rafforzare le organizzazioni sanitarie territoriali, a cui si aggiunge un ulteriore fondo di 1,5 miliardi, oggetto di un confronto con le Regioni e le Provincie autonome, che ne beneficeranno per almeno due terzi, e le Regioni a Statuto ordinario. Trento e Bolzano saranno esentate dalle spese per il rimborso dei prestiti in corso, “le loro istanze sono legittime ci stiamo lavorando”. Sì anche alla possibilità per i territori autonomi di fare più debito per fronteggiare gli effetti dell’epidemia.
Guardia alta
“In Trentino Alto Adige sono arrivati insieme a me su un volo della Guardia di finanza 86 volontari fra medici, infermieri e operatori sanitari, 40 nella provincia di Bolzano e 46 in quella di Trento che saranno impiegati nelle carceri, nelle RSA, negli ospedali. Se questi professionisti sono partiti è perché siamo ancora in condizioni critiche - sottolinea il ministro -. Siamo consapevoli che ora dobbiamo pensare al rilancio dell’economia e alla tutela dei posti di lavoro ma c’era una cronologia da rispettare, perché la priorità è proteggere la vita. La provincia autonoma di Bolzano è oggi in una condizione di controllo e sicurezza, ma è a rischio come tutte le altre regioni italiane. E non dimentichiamoci che i numeri del contagio e dei decessi sono nomi, cognomi, vite, storie familiari. L’emergenza finirà solo quando ci sarà un vaccino e quando il Covid sarà sconfitto, fino ad allora dobbiamo adeguarci a una nuova normalità”.
Boccia rivendica l’aiuto dato dal governo alle Speciali, “perché era nostro dovere intervenire”: sono stati inviati a Bolzano oltre 25 ventilatori per le terapie intensive, quasi 2 milioni di mascherine chirurgiche, 650mila FFP2, e molti altri dispositivi di protezione.
Un plauso è arrivato infine al Comune di Bolzano e al sindaco Renzo Caramaschi per la gestione, durante la fase dell’emergenza, delle case di riposto cittadine che sono riuscite a contenere in maniera molto significativa i contagi tra gli anziani.
Il mio parere è che il sig.
Il mio parere è che il sig. Boccia non abbia capito nulla. Non dobbiamo perennemente gestire l'emergenza ma semmai la quotidianità. Il nostro modello dovrebbe essere la Germania. Un' occasione persa per Boccia e per tutti coloro che non capiscono l'importanza di una gestione autonoma provinciale.
In risposta a Il mio parere è che il sig. di Massimo Mollica
Se permette, qui si tratta
Se permette, qui si tratta ancora di emergenza. Anche se a Bolzano la situazione è tra le migliori in Italia, fintanto che i contagi sono bassissimi, la Provincia confina tutt'ora con due regioni ancora in difficoltà. Non tanto per la Lombardia, ma per il Trentino che ha un tasso di crescita settimanale superiore alla media nazionale. Se si irrobustisce il ritmo quotidiano prima del tempo, si rischia che a Bolzano si ritorni facilmente alla situazione di un mese fa (anche perché sono concessi i movimenti intraregionali e sono frequenti gli spostamenti tra i due territori). Aspettare il 18 maggio (sono solo 13 giorni da oggi) non nega l'autonomia di un territorio, che ha comunque l'opportunità di gestire tutt'ora molte competenze.
Dire che la Germania dev'essere il nostro modello è più facile da dire che da realizzare. Fintanto che si ha una riapertura graduale, si protegge la popolazione da eventuali rischi e a casa mia è meglio puntare sulla prevenzione. Tutto ciò si mantiene con la coordinazione tra enti e stato, fintanto che il virus non conosce confini.
In risposta a Se permette, qui si tratta di Francesco Zuffa
Rispetto la Sua opinione, che
Rispetto la Sua opinione, che non fa una piega e comprendo pure le Sue preoccupazioni. Io però confido molto nella responsabilità delle persone, e nel distanziamento. Anche se Le confesso che ogni giorno che passa si sente sempre meno la paura di questo virus che circa un mese fa sembrava che dovesse uccidere tutti prima o poi. Comunque a oggi non è possibile andare fuori provincia se non sostanzialmente per motivi lavorativi. Per chi vuole incontrare i propri cari deve necessariamente andare o a piedi o in bicicletta. Però ripeto è il distanziamento che fa la differenza, e aggiungo pure il buon senso in generale ma anche i tamponi, che sono convinto andrebbero fatti a tutti.
In merito al modello germanico non mi riferisco ad oggi, dove paghiamo errori fatti in principio, ma a una condizione di pace (mi passi il termine). Quindi ospedali con un numero sufficiente di terapie intensive, personale dotato di tutti i migliori strumenti di protezione. Una sanità più presente in casa e non solo in ospedale. E poi tamponi in massa per isolare il prima possibile gli asintomatici. Se avessimo seguito dall'inizio queste indicazioni non avremmo mai chiuso in modo così ferreo, proprio come è avvenuto in Germania.