Il comune senso del pudore

È una piccola rivoluzione quella che sta per investire le aule dei tribunali, il 17 novembre prossimo scadrà la delega del governo in materia di reato di atti osceni in luogo pubblico. Non ci sarà dunque più l’obbligatorietà dell’azione penale ma chi sarà pizzicato in atteggiamenti - per così dire - poco “ortodossi” in pubblico potrà incappare, al massimo, in una sanzione amministrativa. L’obiettivo di tale legge è quello di alleggerire in modo sostanziale la giustizia penale e deflazionare il numero dei processi. La norma che depenalizza i reati “lievi” (fra cui si annoverano l’abuso d’ufficio, la detenzione di materiale pedopornografico, l’istigazione a delinquere, la guida in stato d’ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti) si applica nei casi punibili con un’ammenda o con pena non superiore a 5 anni. Due le condizioni previste: l’offesa deve essere di scarsa gravità e la condotta non abituale. Dell’archiviazione per “tenuità del fatto” resta traccia nel casellario e non se ne potrà usufruire più di una volta; inoltre la parte offesa potrà chiedere i danni in sede civile.
Esemplificativo il caso del 24enne bolzanino accusato di atti osceni in luogo pubblico dopo essere stato riconosciuto da tre ragazzine. L’udienza che lo riguarda è stata infatti rinviata a data da destinarsi dal giudice Carlo Busato, il quale ha evidentemente ritenuto superfluo procedere con il dibattimento in aula dal momento che dopo il 17 novembre l’accusato otterrebbe, in caso di condanna, l’annullamento della stessa non essendo, de facto, più penalmente punibile.
Non necessariamente, tuttavia, l’entrata in vigore della normativa in questione viene vissuta come una minaccia o un potenziale vuoto legislativo. “Si possono fare due diverse valutazioni sull'argomento - commenta Gabriella Kustatscher, presidentessa di Gea-Casa delle donne di Bolzano -: la depenalizzazione è di per sé un alleggerimento e in quanto tale può essere inteso come un messaggio grave, preoccupante dal punto di vista culturale. Nello stesso tempo sappiamo però come il processo penale, soprattutto in casi del genere, possa essere lento e farraginoso”.
Una criticità che può essere inclusa nel ragionamento è il fattore discrezionalità, ovvero: chi determina cosa è osceno e cosa non lo è? La sensibilità personale di un giudice? Due persone dello stesso sesso che si scambiano piccole effusioni in pubblico, ad esempio, entrano di diritto nel cerchio magico dell’oscenità? E se così non è (darsi un bacio, del resto, non è vietato dall’ordinamento italiano) la depenalizzazione di tale reato è una - seppur piccola - conquista in termini di evoluzione culturale? “È una lettura condivisibile, dipende tutto da dove si vuole applicare la punteggiatura nel discorso”, osserva la presidentessa di Gea. Di contro, però, derubricare il reato potrebbe anche incoraggiare la violenza di genere, “personalmente - spiega Kustatscher - ritengo che la questione possa essere inquadrata positivamente, senza dover assecondare per forza la convinzione secondo la quale ogni oscenità d’ora in poi sarà indiscriminatamente tollerata. Mi spiego: nel convertire una eventuale condanna detentiva in una sanzione pecuniaria, e in questo senso mi auguro che le multe siano salate, si può ottenere più incisività, perché pagare una considerevole somma di tasca propria può rendere paradossalmente la pena più gravosa da sostenere”. Il dibattito è aperto.
La situazione al momento resta in ogni caso sotto i livelli di guardia, conclude Kustatscher: “Esiste un’organizzazione nazionale denominata D.i.Re (Donne in Rete contro la violenza), di cui fanno parte 53 associazioni che si occupano di violenza di genere. Le avvocatesse che lavorano in questo circuito si attivano immediatamente non appena emerge una qualche novità in campo legislativo. In questo caso, mi sono informata, non c’è stata ancora una presa di posizione, un segno, da parte di chi si occupa di difendere i diritti delle donne, che un'altra interpretazione del messaggio è possibile”.
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