Cultura | Dal blog di Alessandra Abbona

Rencontres de la Photographie di Arles: la Mecca della fotografia mondiale

In Provenza da oltre 40 anni si fa cultura attraverso la fotografia. L'arte fotografica, Cenerentola in Italia, e in generale volgarizzata (o meglio mutata) dall'avvento del digitale, in Francia ha un importante ruolo didattico, divulgativo ed è un'arte popolare, accessibile a tutti. Storia di un pellegrinaggio annuale per fare scorta di bellezza.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
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Foto: © BeYoung/Game Ground.

Da dieci anni, puntuale come un orologio svizzero, ogni estate, vado ai Rencontres de la Photographie di Arles.
Che sarebbe il più importante festival della fotografia in Europa, anzi probabilmente nel mondo.
Nato nel 1970 dalla passione di alcuni amici, è diventato il punto di riferimento per chi - professionisti o semplici amatori - voglia tastare il polso delle tendenze fotografiche, artistiche, sociali del momento.

In primo luogo i Rencontres sono sparsi per la città del Midi francese, all'interno di monumenti e luoghi di grande rilievo storico e artistico, se non archeologico. Arles è una città romana, con l'arena, le terme, i resti del foro, su cui si sono stratificati edifici medioevali e poi rinascimentali e così via. E' anche un luogo un po' tzigano, un po' terrone e un po' magrebino, dalle vie assai delabrate, ma vere.

Buona parte delle esposizioni si trovano anche nelle dismesse officine ferroviarie: les Ateliers de Mécanique, des Forges, de Chaudronnerie, un bell'esempio di archeologia industriale, per nulla recuperata però, e quindi molto autentiche (se non fosse che non sono proprio il massimo dal punto di vista della sicurezza - con cavi volanti e vecchie rotaie che fanno inciampo).

Comunque, i Rencontres iniziano sempre la prima settimana di luglio, con quella che è l'ouverture con una serie ciclopica di eventi: oltre alle mostre che aprono, ci sono stage con grandi fotografi, laboratori, incontri per presentare portfolio, visite didattiche, proiezioni, conferenze, notti di festa, letture e molto ancora. Insomma la città è invasa da migliaia di appassionati che trovano pane per i loro denti.
Poi generalmente le esposizioni sono aperte fino alla terza settimana di settembre.
Quindi voi arrivate, parcheggiate sotto i tigli all'ingresso dei bastioni della città, e poi vi immergete nel centro storico.
Con un biglietto giornaliero da 28 euro potete vedere tutte le mostre, che sono in genere tantissime. Se non ce la fate in un giorno vi conviene il pass da 36 euro con ingressi plurimi che ha durata per tutta la manifestazione.

Premessa: io non so fotografare, ma solo fare clic clic clic. Però mi piace rubare delle immagini. E stimo molto chi, con una fotografia mi tocca il cuore. O mi fa ridere. O mi porta a conoscenza di cose e situazioni che prima non conoscevo.
Ai Rencontres si vede di tutto. Arte, reportage, sperimentazione, cagate, ilarità, documentazione, didattica, scoperte, novità e "antichità".
In Francia la fotografia è materia d'insegnamento a scuola. A partire dalle elementari. Si fanno laboratori con i bambini. Si fa formazione. E ad Arles questa componente didattica è molto spiccata. Infatti sulla scia del successo dei Rencontres è nata una École Nationale Supérieure de la Photographie.

Nella città che ospitò Van Gogh, inoltre, sono passati i nomi chiave - passati e presenti - della fotografia mondiale.
Retrospettive in omaggio a grandi vecchi (Roberta Capa, William Ronis o Sergio Larrain per citarne alcuni), ma anche spazi per chi rappresenta il nuovo, in modo ironico o pure trasgressivo. E poi i curatori hanno un occhio di riguardo verso talenti emergenti dai paesi più diversi.
Elencarvi tutto sarebbe impossibile.
Tra i momenti più toccanti per me negli anni scorsi: i negativi perduti - e ritrovati - della famosa "valigia messicana" di Robert Capa della Guerra di Spagna, "The Ballad of Sexual Dependency " di Nan Goldin, i già visti ma sempre splendidi zingari di Josef Koudelka, la meravigliosa Graciela Iturbide.
Ce ne sono altri ancora, perchè ogni anno è una scoperta. Ma non ci starebbero in un post.

Quando vado ad Arles mi sento come su un altro pianeta. Dove tutto quello che amo (beh, quasi tutto, una bella fetta di...) è a portata di mano.
Allora faccio il "pieno" con gli occhi e con la testa. E torno a casa e mi sogno un paese civile dove la fotografia la insegnano nelle scuole di periferia, a bambini italiani e immigrati, o anche nei carceri o nelle comunità psichiatriche.
Poi mi sveglio e sono nel mio paesello delle colline piemontesi dove fanno il Wine beach con due o tre tonnellate di sabbia sul sagrato della chiesa e i soliti che vanno avanti e indietro con un bicchiere di vino in mano. O al massimo fanno il Festival della tv con saviani e littizzette. O inaugurano la mostra sugli ex voto.
Fine della storia. Clic clic clic. Ci vediamo nel 2014, ad Arles.