Dentro il quadrilatero della Morte
A partire dalla seconda età del XX secolo il piombo - ampiamente e storicamente utilizzato grazie alla sua malleabilità e versatilità - è stato gradualmente abbandonato in quasi tutti i suoi ambiti di applicazione, dalla benzina alle vernici dalla tipografia alle tubature. Questo perché le sue sfruttabili caratteristiche tecniche si accompagnavano in realtà ad un’elevatissima tossicità, con gravi ripercussioni sull’ambiente e la salute umana. Tra le poche eccezioni ancora rimaste troviamo al giorno d’oggi le munizioni che vengono utilizzate in particolar modo all’interno del mondo venatorio.
Il carattere fortemente problematico dei proiettili di piombo, appurato da approfondite ricerche bibliografiche, è stato già oggetto negli anni e in tutto il mondo di numerose campagne per la loro messa al bando e sostituzione con metalli atossici.
Inizialmente la questione venne sollevate nei paesi occidentali per le implicazioni legate alla conservazione dell’avifauna delle zone umide. Tra i casi più eclatanti in Italia ci fu la strage di fenicotteri rosa del 2008 lungo la zona del Delta del Po, in provincia di Rovigo. In quel periodo, i cacciatori di anatre rilasciavano centinaia di migliaia di pallini di piombo, che si disperdevano nell’ambiente acquatico dopo l’esplosione della cartuccia. Gli uccelli acquatici ingerivano i pallini perché scambiati per gastroliti, sassolini introdotti all’interno dello stomaco muscolare per favorire la digestione del cibo. La reazione del piombo con il PH acido interno all’organismo, finiva così per provocare una grave forma di avvelenamento conosciuta con il nome di saturnismo. Gli effetti riguardano perlopiù patologie cardiovascolari, renali, dell’apparato digerente e del sistema nervoso, a cui conseguono una serie di gravi alterazioni comportamentali, fino al coma e alla morte.
Un problema antico
Ad accorgersi del fenomeno, prima ancora degli ambientalisti, sono stati proprio i cacciatori. Ne “Il manuale del cacciatore” di Giulio Franceschi pubblicato nel 1893 vengono citati gli scritti di Paolo Savi, ornitologo e naturalista, in cui vengono riportati diverse anomalie riscontrate nei germani reali già a partire dal 1786.
Nel corso del tempo sono state varate una serie di norme volte a limitare l’utilizzo di munizioni al piombo. La più significativa, quella approvata dal Parlamento europeo lo scorso anno che vieterà a partire dal prossimo febbraio 2023 l’utilizzo di munizionamento al piombo su tutte le aree umide dell’Unione. Tuttavia, sebbene inizialmente la questione sia stata affrontata per le implicazioni legate alla conservazione dell’avifauna acquatica (ogni anno, solo in Europa, si stima la perdita di un milione di uccelli acquatici per cause ricondotte all’avvelenamento da piombo), da una serie di studi e indagini sul campo è emerso che l’uso del piombo nelle cartucce da caccia determini effetti nefasti anche sulle popolazioni di uccelli terrestri, la cui perdita in Europa è stimata a circa 1 milione e 300 mila esemplari l’anno.
A differenza degli uccelli acquatici, l’ingestione di piombo non è volontaria. Nel caso dei grandi rapaci alpini, un'importante fonte di nutrimento è costituita da carcasse di animali e viscere di ungulati abbandonate dai cacciatori durante le battute di caccia. Durante gli spari, se si utilizzano palle al piombo ecco che queste – quando attraversano il corpo dell'animale colpito - tenderanno a frantumarsi in centinaia di schegge che, all’interno della preda, finiranno inevitabilmente per contaminarne i tessuti.
Quando le viscere vengono abbandonate in natura, gli uccelli necrofagi (avvoltoi, nibbi, corvidi, poiane, aquile e falchi di palude) che vi si nutriranno assumeranno a loro volta le schegge di piombo che vi sono contenute. Anche le carcasse di animali non recuperate dai cacciatori (presumibilmente perché non uccise sul colpo) possono costituire una grave minaccia qualora risultassero contaminate da piombo.
Specie protette a rischio
Il problema dell’avvelenamento da piombo contenuto nelle munizioni dei cacciatori è grave a tal punto da pregiudicare la sopravvivenza di alcune specie in natura. A fare scuole è il caso del Condor della California Gymnogyps californianus, il celebre avvoltoio sacro agli indigeni americani che abita la zona del Grand Canyon. La specie compare nella lista dell’Unione per la conservazione della natura (Iucn) in quanto “criticamente a rischio estinzione”, proprio a causa dell’avvelenamento scatenato dalle carcasse contaminate abbattute e abbandonate all’interno delle grandi riserve di caccia californiane e che oggi vietano per questo l’utilizzo di proiettili al piombo.
Anche in Europa contiamo alcune specie a rischio a causa del saturnismo.
Dopo averne provocato l’estinzione agli inizi del ‘900, l’essere umano si è adoperato dal 1986 a oggi senza interruzioni a reintrodurre nuovamente il gipeto nelle Alpi, detto anche come avvoltoio barbuto e conosciuto per la sua dieta particolare, a base soprattutto di ossa.
Tra gli esemplari rilasciati nell’arco Alpino europeo, c’è anche Doraja, balzata suo malgrado alle cronache per essere stata il primo caso di intossicazione acuta da piombo riconosciuto in un gipeto alpino. Sembrava essere un caso isolato fino al 2008, quando il Parco Nazionale dello Stelvio rilasciò gli ultimi degli 11 gipeti previsti nel progetto di reintroduzione della specie. Tra loro anche Ikarus, liberato con una grande festa in Val Martello e ritrovato quattro mesi dopo vagare in stato confusionale sui tetti del Val di Rabbi, in Trentino. Catturato agonizzante, la diagnosi non lasciava dubbi: saturnismo acuto. Curato e rilasciato un anno dopo, ne sono stati rinvenuti i resti poco tempo dopo in Svizzera. Nonostante le cure, le sostanze tossiche ingerite erano ormai state assorbite dal sistema scheletrico che, una volta analizzato, riportava un valore letale di piombo pari a 58 milligrammi per chilo. (i valori soglia sono compresi tra gli 8,33 e i 16,6 milligrammi per chilo).
La scoperta ha dato il via a una nuova ricerca, coordinata dall’ornitologo Enrico Bassi, responsabile scientifico dei progetti di monitoraggio aquila reale e gipeto per il Parco Nazionale dello Stelvio. Attraverso a una settantina di collaborazioni con enti pubblici e privati, sono state raccolte e analizzate 252 carcasse (tra cui 92 aquile reali, 112 grifoni, 19 avvoltoi monaci e 29 gipeti) provenienti dall’arco alpino e appenninico, dalla Sicilia, dal Massiccio Centrale e dai Pirenei in Francia. Il risultato fu allarmante: il 44% dei rapaci analizzati, 111 esemplari, aveva almeno un tessuto contaminato in maniera significativa da piombo, la maggior parte concentrati nel quadrilatero della morte, così come lo ha definito lo stesso Bassi intervenuto lo scorso 3 maggio al Museo delle Scienze naturali di Bolzano in occasione di un convegno organizzato sul tema, riferendosi al territorio circoscritto tra le province di Bolzano, Trento, Brescia e Sondrio, le più afflitte da saturnismo dell’Europa centro meridionale assieme all’Austria, anch’essa pesantemente colpita.
In un’altra ricerca, partita sempre dal Parco Nazionale dello Stelvio e dalla Provincia di Sondrio, è stato analizzato un campione di 153 visceri di ungulati per accertare l’entità della minaccia per i rapaci. Ne risultò che il 62% conteneva schegge di proiettile al piombo, un’autentica minaccia mortale. Secondo le stime ISPRA, considerando la sola caccia all’ungulato, sarebbero tra le 34.087 e le 44.266 le viscere contaminate da piombo che ogni anno vengono abbandonate sulle Alpi dai cacciatori, in un’area di soli 49.464 chilometri quadrati. Una media di nove visceri contaminati per 10 chilometri quadrati. Considerando il complicato ciclo riproduttivo del gipeto, l’alta concentrazione di visceri e possibili prede avvelenate nei siti riproduttivi (10 delle 17 coppie di gipeti sono son stabilizzate nelle province di Sondrio e Bolzano) si traduce inesorabilmente con la mancata crescita della popolazione faticosamente reintrodotta.
La rete Stop al piombo sulle Alpi ha lanciato in tal senso una petizione, raccogliendo a oggi quasi 21 mila firme, per la messa al bando totale delle munizioni al piombo, facilmente sostituibili con altri proiettili già in commercio realizzati in materiali atossici.
Il caso della Provincia Autonoma di Bolzano
Basandoci sui dati forniti dall’Ufficio Caccia e Pesca di Bolzano, nel 2020 in tutto il territorio provinciale sono stati abbattuti (episodi di bracconaggio esclusi) 7851 caprioli, 3133 camosci e 4259 cervi.
Sebbene sia vietato per legge l’utilizzo munizioni contenenti piombo in alcune zone specifiche , come le zone umide delle aree Natura 2000 o il Parco Naturale dello Stelvio, le prescrizioni provinciali per l’esercizio venatorio non inseriscono alcun divieto generalizzato, specificando tuttavia che “nel prelievo degli Ungulati è auspicabile l’utilizzo di munizioni atossiche in sostituzione delle munizioni contenenti piombo”. In ogni caso solo una piccola percentuale dei cacciatori altoatesini utilizza abitualmente proiettili atossici.
L’Amministrazione provinciale e l’Associazione Cacciatori Alto Adige avevano inoltre manifestato la propria adesione al progetto LIFE “AlpsLeadFree – Alpi senza piombo”, che prevedeva l’avvio di una sperimentazione di utilizzo di proiettili atossici per la caccia all’ungulato, proposta tuttavia naufragata in quanto non ammessa al finanziamento.
Secondo la risposta dell’assessore provinciale Arnold Schuler a una recente interrogazione provinciale depositata dal consigliere pentastellato Diego Nicolini, all’interno, specificato, dei Parchi Naturali non si sarebbero verificati casi di saturnismo, mentre la posizione del Centro recupero avifauna di Tirolo, come già ricordato, è quella che il problema in Alto Adige non esiste (letteralmente, la risposta fornita a salto.bz dal responsabile Florian Gamper: "Da brauchst du zum Thema Blei nix sagen weil wir keine Fälle haben sonst hör ich es dann von den Jägern und Jagdaufseher die brauchen wir mehr wie irgend eine angebliche Journalistin von irgendwo her .....“).
Secondo quanto riferito da Enrico Bassi la situazione in Alto Adige appare al contrario drammatica. Il 50% delle aquile recuperate nella provincia di Bolzano sono risultate contaminate da piombo. 4 casi su 11 presentavano un quadro clinico di saturnismo acuto con valori tra i più alti registrati a livello alpino.
Nel 2013, a Lasa, viene recuperata un’apuila reale che presentava chiari sintomi di avvelenamento . Le analisi successive alla sua morte per saturnismo hanno dimostrato valori letali nel fegato e nelle ossa, segnale di un’esposizione prolungata al piombo. Nello stomaco erano stati infatti rinvenuti 12 pallini, utilizzati solitamente non per gli ungulati ma per animali di piccola taglia, come la lepre, i cui resti sono stati ritrovati nella borra espulsa dall’animale.
Tutto questo lo trovo
Tutto questo lo trovo scandaloso.
Der Schutz der Natur
Der Schutz der Natur erfordert viele kleine unspektakuläre Schritte. Wer auf Probleme aufmerksam macht, erwartet berechtigterweise eine Antwort. Das beste ist, auf Hinweise zeitnah zu reagieren. Gefragt sind Informationen zur angesprochenen Sachlage und die Darlegung der wirksamen Strategien und Maßnahmen.
Mit Pulver und Blei, das ist
Mit Pulver und Blei, das ist schon lange her. Kaum zu glauben, dass diese Jagdmunition nicht auch in Eisen machbar ist. Jedenfalls ein interessanter Artikel. Trotzdem bin ich (als Nichtjäger und Zoologe) der Meinung, dass die Jagd in Südtirol gut geregelt ist.