Politica | Un uomo.

Il caso Schabowski e la caduta del muro

Per il XXV della caduta del muro ripercorriamo i fatti della sera precedente.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.

Oggi ricorre l’anniversario della caduta del Muro di Berlino, per la venticinquesima volta. Un Muro nato perché tra il 1949 e il 1961 circa 2,6 milioni di figli del Socialismo avevano abbandonato la RDT per andare a Ovest; un muro nato perché non era più accettabile che ci si spostasse da una parte all’altra per fare poi paragoni; un muro nato perché era necessario porre un limite.

Il 13 Agosto 1961, una Domenica di calda Estate Berlinese, la città e la sua popolazione vengono divisi in due con del filo spinato che presto diventerà muro in cemento prefabbricato, messo in piedi da forti braccia di operai socialisti. Brutta sorpresa per tutti, ancor di più per gli abitanti della Bernauer Straße che si ritrovano ad avere la casa a Berlino Est e il marciapiede, con la porta d’ingresso al palazzo, a Berlino Ovest. Il problema non appare irrisolvibile alla dirigenza del SED, il Partito Socialista Tedesco - vengono velocemente murati i piani terra di questi edifici, finestre comprese. A breve seguirà lo sfratto degli abitanti in questione.

Muro eretto in poco tempo, di cui nessuno però ha mai voluto troppo parlare - a pochi mesi dalla chiusura dei confini, nel Giugno del 1961, Walter Ulbricht, presidente della SED dal 1950 fino alla sua morte, dichiarò in risposta alla giornalista Doherr della Frankfurter Rundschau -“Se interpreto bene la sua domanda, secondo lei ci sono delle persone nella Germania Ovest che desiderano che la DDR impieghi i propri operai edili per la costruzione di un muro? Io non so nulla di un simile piano, anche perché questi nostri operai sono impegnati oggi nella costruzione di abitazioni e in questa attività impiegano tutto il loro lavoro”. Due mesi dopo il muro era lì.

Come altre volte, in tutte le situazioni al limite dell’immaginabile avvenute nell’Europa Socialista, nessuno si sarebbe immaginato che si potesse arrivare a tanto, eppure poi è successo.

La stessa caduta del muro è stata quasi irreale - siamo a Berlino Est, la sera del 9 Novembre 1989. Alla solita conferenza stampa che doveva seguire la solita riunione del Politbüro della SED partecipano i soliti giornalisti - qualcuno ha già abbandonato la stanza per godersi una cena socialista in uno dei ristoranti dove si ritrovano i corrispondenti dei giornali stranieri, controllati a vista ovviamente. Da tempo si parlava della problematica legata al passaggio dei confini, ma non vi era motivo di immaginare che proprio ora sarebbe cambiato qualcosa.

Si apre quindi la finestra riservata alle domande dei giornalisti, prende la parola il corrispondente ANSA Riccardo Ehrman, classe 1929, fiorentino. Chiede se ci siano novità riguardo alla possibilità di viaggiare dei cittadini della Germania Est. Schabowski, portavoce del Partito, con voce tremolante e insicura pronuncia, forse senza saperlo, alcune parole che cambieranno il mondo -“abbiamo oggi deciso che i cittadini della Germania Est saranno liberi di uscire dal Paese attraverso qualsiasi confine”. In sala regna la sorpresa, arriva una seconda domanda -“quando entrerà in vigore questa novità?”.

“Che io sappia, le legge è in vigore da subito”.

Si saprà dopo che non era stato pianificato l’annuncio per quella sera, ma si sarebbe dovuto aspettare un giorno ancora. Si discuterà poi molto dello stesso Schabowski, funzionario di Partito sempre fedele alla linea, mai contro - ha forse dato l’annuncio per errore? Oppure ha provato a salvare la sua reputazione, quando ormai la RDT era avviata verso la rovina? O forse ancora un tentativo estremo di salvare qualcosa di questo Socialismo Stalinista?

Non è ancora chiaro, e forse non importa. Günter Schabowski dopo la caduta della RDT come molti altri suoi simili ha condannato tutto ciò che ha fatto per tutta la vita, ha chiesto scusa e si è pentito. Naturalmente, come tutti loro, lo ha fatto solo dopo la caduta del sistema politico che gli dava lavoro. Oggi con la moglie Irina, ex-giornalista Russa corrispondente dalla Germania Est, non sono oggi altro che una coppia di anziani coniugi, come tanti altri. Ma la notizia che lui diede quella sera di 25 anni fa, si sparse velocemente e ancora la notte stessa il muro venne fatto crollare, sotto la spinta di cittadini comuni. Per la felicità di chi abitava nelle vie come la Bernauer Straße, o di chi il il 5 Novembre 1989 era tra i più di 20'000 tedeschi che con la loro Trabant abbandonavano i territori della Germania Socialista per attraversare i confini Cecoslovacchi e da lì proseguire verso la Germania Ovest. Questi tedeschi si trovavano il 9 Novembre a Praga, accampati come rifugiati nei giardini del Palais Lobkowicz, palazzo barocco sede dell’ambasciata di Bonn, e qui festeggiarono la notizia della caduta di un muro figlio della perversione umana.

Oggi le due Germanie e la Cecoslovacchia sono paesi che non esistono più - è importante però che resista il ricordo di ciò che è stato fatto, e di come sia stato fatto crollare un muro eretto senza il volere del popolo, ma contro il quale il popolo non si era mai schierato con sufficiente forza.