Kompatscher: "La nostra autonomia esempio anche per gli altri"
Ieri sera (9 febbraio) su Rai Alto Adige è andato in onda uno speciale della serie Passpartout dedicato all'autonomia. In particolare, la trasmissione moderata da Paolo Mazzuccato si è occupata di mettere a fuoco ragioni e prospettive del modello istituzionale locale dopo che alcuni organi d'informazione nazionale – paradigmatico quanto accaduto in una puntata di “Porta a Porta” - avevano diffuso opinioni e giudizi a dir poco ostili.
Arno Kompatscher, presidente della Provincia, Andrea Di Michele, storico della Libera Università di Bolzano, Elisabeth Alber e Roberta Medda, ricercatrici dell’EURAC, Toni Ebner, direttore del quotidiano Dolomiten, Alberto Faustini, direttore del quotidiano Alto Adige, e Günther Pallaver, politologo, docente alla Università di Innsbruck, si sono così confrontati cercando di toccare vari argomenti, dalla gestione delle risorse finanziarie alle relazioni con l’Unione Europea e lo sviluppo di una politica euroregionale, senza ovviamente dimenticare gli aspetti inerenti la tutela delle minoranza che costituiscono l'origine storica dello stesso impianto autonomistico.
Dopo aver fornito una breve ricostruzione storica, l'andamento della discussione si è raccolto attorno ad alcune domande centrali: perché la nostra autonomia sta attirando così tante critiche a livello nazionale? Si tratta di un atteggiamento che individua reali debolezze, che ha dunque una qualche legittimità, oppure il difetto di comunicazione – cioè il fatto che non ci riesca spiegare agli “altri” il nostro modello istituzionale – può essere inteso come un'occasione per rilanciare un disegno e una strategia ancora pienamente attuali? E ancora: come dovrebbe essere predisposto un tale rilancio, mediante un maggiore compattamento difensivo, oppure attraverso nuove forme di apertura?
La tesi che alla fine è prevalsa – sostenuta con forza dal governatore Kompatscher – è stata quella di una progressiva declinazione della natura territoriale di un impianto legislativo nato in origine per finalità di difesa etno-linguistiche. “Quel che occorre – ha sottolineato il Landeshauptmann – è una maggiore partecipazione dei cittadini nella costruzione della nostra autonomia. Per questo motivo il progetto di una convenzione alla quale parteciperanno non solo politici, ma anche studiosi e rappresentanti della società civile, avrà fra gli altri lo scopo di allestire un dialogo con le altre realtà territoriali italiane. Vogliamo dimostrare che il nostro modello può ispirare una reale svolta federale, quella svolta che dopo la riforma in gran parte fallita del Titolo V della Costituzione ha portato paradossalmente a un ritorno delle istanze centralistiche da parte dello Stato”.
Sarebbe dunque uno sbaglio cercare di blindare ulteriormente l'autonomia in senso particolaristico. Come hanno messo in luce Günther Pallaver e gli altri studiosi presenti, se autonomia significa autogestione in senso eminentemente partecipativo, per realizzare una vera partecipazione occorre procedere verso uno sviluppo orientato a molteplici livelli di contesto (Roma, la Regione, l'Euregio, l'Europa). E soprattutto: verso un'autonomia in grado di ospitare al proprio interno un concetto quanto più ampio di “diversità”, non riferito insomma soltanto alla tutela (ancorché imprescindibile) delle minoranze storiche.