Politica | Antisemitismo

Alexander Langer, di padre "giudeo"

Nel libro "Quando la patria uccide", la storia della persecuzione della parte della sua famiglia di origine ebraica
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.

Qualche settimana fa ho pubblicato un articolo sul libro “Quando la patria uccide. Storie ritrovate di famiglie ebraiche in Alto Adige”.
Ciò che non è patrimonio di tutti – anzi: c’è da credere che la gente comune non ne sappia assolutamente nulla – è che una delle figure politiche più importanti e soprattutto più complesse dell’Alto Adige/Südtirol (la doppia dizione non è casuale), ha condiviso il passato raccontato nel libro. Il suo nome è Alexander Langer e la storia di famiglia ebraica ritrovata riguarda il padre Arthur. Di seguito, la testimonianza di Peter, fratello minore di Alexander:

 

«A causa delle leggi razziali, Arthur venne licenziato dall’ospedale [di Vipiteno, dove lavorava come primario di chirurgia dall’aprile del 1935, NdA], venne dichiarato apolide e cancellato dall’ordine dei medici». [pag. 466]

 

Arthur fuggì insieme al fratello Erwin a Malcesine, ma dopo un periodo di relativa calma la famiglia si ritrovò di nuovo esposta alle persecuzioni:

 

A causa delle leggi razziali, Arthur venne licenziato dall'ospedale, venne dichiarato apolide e cancellato dall'ordine dei medici

 

«Grazie ai buoni rapporti con la popolazione del paese e l’aiuto dei carabinieri del luogo che li misero in guardia da un possibile arresto, riuscirono a scappare. Un amico toscano, un giudice di nome Bigazzi, che aveva iniziato la sua carriera al tribunale di Vipiteno, li aiutò a trovare un rifugio in Toscana, a Figline Valdarno, dove rimasero per due anni. In seguito all’occupazione nazista pure questo luogo divenne troppo pericoloso per cui i Langer cercarono di raggiungere la Svizzera con l’aiuto di un passatore affidabile e il 3 marzo 1944, per la prima volta dopo anni, riprovarono la sensazione di essere al sicuro». [pag. 468 e ss.]

 

Del rapporto tra Alexander Langer e l’eredità culturale paterna di matrice ebraica ne parla Massimiliano Boschi nel libro “Alto Adige DOC. Viaggio oltre gli stereotipi” al capitolo “I «due» Alexander Langer: il viaggio leggero alla ricerca delle sue radici ebraiche”.

 

«Perché papà non va mai in chiesa? Crescendo a Sterzing (950 m, 4.000 abitanti), in una famiglia democratica e borghese, che a casa parla in lingua (tedesca) invece che in dialetto tirolese e nella quale si respira un clima molto rispettoso e tollerante, mi inquieta molto il fatto che mio padre non vada mai in chiesa. Un giorno, approfittando del mio compleanno, oso chiedere alla mamma il perché. Me ne sento un po’ in colpa, come anche per il fatto di non parlare in dialetto. Il papà, stando nell’ospedale tutto il giorno e tutti i giorni (era l’unico medico chirurgo del circondario) serve Dio in altri modi - te lo potrà confermare il cappellano che va bene così. Il cappellano, un prete cecoslovacco in esilio, conferma. Più tardi mia madre mi spiega anche che mio padre è di origine ebraica e che non conta tanto in che cosa si crede ma come si vive. Lei, in quegli anni, fa parte del consiglio comunale, come indipendente eletta sulla lista tedesca della Svp, ma ne esce presto, quando il clima peggiora e la richiesta di avere antifascisti in lista non è più così forte». Questo è uno dei pochissimi testi in cui Langer racconta della sua famiglia, ma delle sue origini ebraiche scrisse ancor meno». [pag. 70]

 

Eredità culturale che irrompe con violenza nella vita di Alexander Langer nel 1985, come racconta Massimiliano Boschi:

 

«Delle origini ebraiche, fu costretto a occuparsene pubblicamente a causa di una lettera pubblicata su un giornale trentino nel 1985». [pag. 71]

 

nello specifico, di un:

 

«[…] processo nato dalla denuncia-querela sporta da Langer contro quel quotidiano che aveva pubblicato una lettera di tale dottor Karl Saltner.
«Uno scritto - scriveva Langer - gravemente ingiurioso e diffamatorio nei miei confronti che culmina nell’affermazione che io sarei il nemico dei tirolesi di lingua tedesca, dei quali vorrei l’eliminazione in quanto figlio di giudeo che in questo modo vuole compiere la sua vendetta intelligente [grassetto NdA] (...) Addebitare ad una persona una certa concezione politica sulla base del suo sangue è stato il capolavoro della propaganda nazista che ha diviso, come si sa, il mondo in ariani (coloro che possono essere onesti e puliti e che sono destinati a dominare) e non ariani (che sono per definizione il disonore dell’umanità, quella parte di subumani che deve essere persino distrutta col ferro e col fuoco). Non credo di dovermi intrattenere di più su questo tema che è parte del patrimonio civile e morale di ogni democratico» [pag. 71].

 

io sarei il nemico dei tirolesi di lingua tedesca, dei quali vorrei l’eliminazione in quanto figlio di giudeo che in questo modo vuole compiere la sua vendetta intelligente

 

L’iniziativa di Saltner non è come si potrebbe credere un caso isolato o, per dirla in altre parole, l’azione di un singolo mitomane in preda ai fumi dell’ideologia hitleriana. Per capire quanto ci sia dietro basta tornare al libro “Quando la patria uccide”:

 

«Quando un giornalista di un giornale tedesco si informò presso il responsabile dell’ufficio stampa della Provincia di Bolzano se Langer “fosse un vero sudtirolese”, ottenne come risposta: “Beh, ecco… proprio vero… beh… suo padre era un ebreo [grassetto, NdA]”. [pag. 471]

 

e proseguire leggendo cosa scrive Florian Kronbichler, biografo di Alexander Langer, riguardo ad un:

 

«[…] vecchio atteggiamento antisemita di rappresentanti politici del Sudtirolo e del loro contegno disinvolto nei confronti dei crimini dei nazionalsocialisti» [pag. 471]

 

Quando un giornalista di un giornale tedesco si informò presso il responsabile dell’ufficio stampa della Provincia di Bolzano se Langer “fosse un vero sudtirolese”, ottenne come risposta: “Beh, ecco… proprio vero… beh… suo padre era un ebreo

 

In un articolo del 5 luglio 1995 – anno della morte di Alexander Langer - pubblicato sul Corriere della Sera, il giornalista Gianantonio Stella scrive che:

 

«[…] Quando parlava di Alexander Langer il vecchio Silvius Magnago, leader messianico dei sudtirolesi, faticava a trattenere l'odio»

 

Nell’articolo sul libro “Quando la patria uccide”, ho scritto del germe di un ragionamento molto più profondo ed esteso che come un filo rosso colleghi Südtirol e sudtirolesi, Heimat, nazismo e, per l'appunto, antisemitismo. Filo rosso a cui ora va aggiunto anche nazionalismo.
Chiunque conosca ad un livello minimo la storia dell’Alto Adige/Südtirol e dei suoi rappresentanti sa quanto Alexander Lager fosse inviso ai politici della SVP, ancora oggi il partito sudtirolese di maggioranza relativa. Ciò che sarebbe interessante valutare è quanta parte e soprattutto che tipo dell'odio di Silvius Magnago di cui parla Gianantonio Stella nei confronti di Alexander Langer possa essere ricondotto a quanto scritto nel libro “Quando la patria uccide” – e riportata sopra - laddove alla domanda se Alexander Langer fosse un vero sudtirolese la risposta del “responsabile dell’ufficio stampa della Provincia di Bolzano“ fu “Beh, ecco… proprio vero… beh… suo padre era un ebreo”.

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