L'eterno guado dei Verdi
I Verdi bolzanini e sudtirolesi sono un partito di lotta o di governo? E il dilemma si propone poi in egual misura, cioè sia per quelli bolzanini che per quelli provinciali, oppure l’impossibilità di rispondere alla domanda in modo preciso comincia già dall’esigenza di distinguere e differenziare i contesti, ritagliando affermazioni e negazioni a ogni singolo passo, per ogni singola problematica? Alla vigilia del congresso provinciale di sabato (12 marzo) abbiamo incontrato Brigitte Foppa per capire se (e come) è possibile sciogliere l’intricata quaestio.
Contestare le narrazioni dominanti
L’intervista comincia toccando la cronaca politica più recente, parliamo cioè delle dimissioni da co-portavoce dei Verdi bolzanini rassegnate da Marialaura Lorenzini. Foppa ci tiene a smentire alcune illazioni subito girate in rete, secondo le quali vi sarebbe stato l’ennesimo diktat per forzare la mano alla “base”: “Niente di più falso. Alla riunione che ha poi formalizzato la decisione di Marialaura io ho partecipato come semplice osservatrice, e così ha fatto Riccardo Dello Sbarba, limitandomi a gestire la votazione: il gruppo (una quindicina di persone) si è quindi espresso in piena autonomia”. “In realtà – prosegue la consigliera provinciale – la scelta di Marialaura era già emersa la settimana precedente, quindi è solo la tempistica della sua comunicazione che ha creato questa narrazione, legata all’elezione di Caramaschi e, in modo ancor più contingente, all’eventualità che noi potessimo partecipare a dei colloqui in vista della formazione di una rinnovata coalizione col Pd. A me è personalmente dispiaciuto che sia emersa questa nuova spaccatura, se la vogliamo proprio chiamare così, si tratta però di qualcosa di costitutivo all’interno delle dinamiche del nostro gruppo e la cosa dovrebbe quindi essere letta in un contesto più largo”.
La manutenzione dei ponti
Non c’è metafora più usata di quella dei ponti da costruire (una metafora peraltro intrinseca all’operare di Alexander Langer). Foppa vi ricorre ancora una volta per chiarire a cosa allude quando parla di “un contesto più largo”. “Anche in Germania i Verdi sono costantemente divisi tra un’anima più governativa e realista – non per nulla esiste il termine Realos – ed una più d’opposizione (i Fundis). E se parlo con i Verdi austriaci, cioè con dei rappresentanti del governo, sento ovunque la stessa narrazione: quando non si è al governo ci accusano di essere fondamentalisti, quando si va al governo arrivano i critici che ci accusano di favorire troppi compromessi. Non c’è soluzione, bisogna essere consapevoli di pendolare sempre tra questi due mondi, a me piacerebbe però che venissero considerati di più i ponti: c’è bisogno di passaggi intermedi, di piccoli passi, una cosa che evidentemente gli idealisti non sopportano”. Vorrei farle notare che se la coesistenza di queste due anime non si sgrana perlomeno nel tempo, nel senso di una dialettica positiva, cioè orientata alla sintesi, la contraddizione potrebbe logorare ogni processo decisionale e i piccoli passi diventano una sterile danza “sul posto” (o “sul ponte”). Sintomo di immobilismo. Il discorso però è già oltre, e il travaglio citato assume il profilo di uno stile da assumere proprio per plasmare un nuovo modo di fare (e vivere) la politica: il nodo che sarà messo al centro delle riflessioni del congresso provinciale di sabato.
La (possibile?) mediazione degli estremi
Il congresso di sabato ha un titolo significativo: se i tempi stanno cambiando come deve cambiare la nostra politica? “Si tratta di prendere atto che il discredito della politica ha toccato negli ultimi anni soglie prima impensabili. Per i miei colleghi entrare a far parte di istituzioni come questa (il Consiglio provinciale, ndr) era un onore. Adesso invece dobbiamo sempre difenderci, siamo confrontati quotidianamente col disprezzo da parte dei cittadini che hanno perso la loro fiducia e quindi potrebbero essere tentati dalle scorciatoie populiste”. Alla contraddizione tra realisti e idealisti si sovrappone così una distinzione ulteriore, che Foppa ascrive all’ennesimo dissidio interno, costitutivo, dell’anima verde. “Da un lato il nostro è un partito come gli altri, o almeno con un’organizzazione comparabile, dall’altro siamo anche quelli più esposti agli umori dei movimenti spontanei, talvolta indistinguibili da chi pratica l’anti-politica. Tentare una sintesi non è facile. La riflessione dovrà perciò affrontare di petto il nostro stesso modo di agire, come partito, in questo paesaggio di cambiamenti e con questa contraddizione strutturale che ci caratterizza. C’è insomma bisogno di capire su cosa concentrarci per continuare a restare vitali”. La nomina dei nuovi portavoce provinciali (che sostituiranno l’impalpabile Giorgio Zanvettor e la stessa Foppa) è considerata perciò una soluzione “ad interim” in vista di una riorganizzazione del partito, anche se l’urgenza delle decisioni da prendere sembra davvero il contesto meno appropriato per attardarsi in speculazioni troppo teoriche. Come rilevato in sede comunale, l’attendismo, difficile da spiegare all’esterno, potrebbe rivelarsi anche principio di sbandamento e di dissoluzione interna.
All’opposizione, ma governando
Chiedo allora di tratteggiarmi cosa significhi fare opposizione in un’epoca non più caratterizzata dall’egemonia paternalistica di Durnwalder, anche per cercare di comprendere il programma implicito dei “piccoli passi” del quale aveva parlato all’inizio. “Segnalammo da subito l’intenzione di governare, ma siccome il nostro contributo non era necessario si sono poi imposte le solite logiche. Comunque qualcosa è davvero cambiato. Adesso abbiamo la sensazione di poter discutere alla pari e la nostra opera costruttiva è riconosciuta da tutti, anche dalla maggioranza. In un certo senso potremmo definirci la commissione per la certificazione di qualità dell’attività legislativa della Giunta. E in certi casi – penso soprattutto alle questioni ecologiche o sociali – svolgiamo persino una funzione vicaria. Il nostro merito maggiore, a mio avviso, consiste ancora una volta nell’attenzione ai processi decisionali, lavorando per aprire il Consiglio ai contributi della società civile, costringendolo ad ascoltare di più e dunque incrementando la partecipazione. Questo è qualcosa di radicalmente nuovo e forse dovremmo riuscire a comunicarlo meglio”. Un’ambizione (e un’attitudine) governativa, evidentemente, che a livello comunale stenta però ad affermarsi. “Sì, in questo caso le difficoltà sono senz’altro maggiori. Ma ancora una volta io preferirei discutere di metodi e non di ideologie. Prendiamo per esempio la questione del referendum sul progetto Benko. Io detesto le consultazioni popolari che non tengano conto dell’importanza dei fattori preliminari: quante persone sono realmente informate su cosa si sta veramente decidendo e su come lo si sta facendo? La mia battaglia è per diffondere consapevolezza e informazione…”.
Bilancia e clessidra
Alla fine l’intervista con Brigitte Foppa assume un tono rasserenato, che potrebbe però essere scambiato anche per l’effetto superficiale di una rassegnazione più profonda e inconfessabile. Un po’ come se l’esercizio di strenuo equilibrio necessario ad aprire il “nuovo approccio alla complessità” avesse caricato i piatti della bilancia (il suo segno zodiacale, peraltro) con pesi buoni a spezzarne le braccia. Intanto, è impossibile sapere qualcosa di concreto riguardo all’immediato avvenire: i Verdi di Bolzano andranno da soli al primo turno delle prossime elezioni nel capoluogo, esiste già un possibile candidato (magari la stessa Lorenzini, nell’ipotesi che sulla faccia del dado sia scritta la parola “lotta”), oppure i Realos, ancora tutti da trovare, guideranno il partito all’alleanza con Caramaschi, nonostante la sua posizione favorevole all’ampliamento dell’aeroporto osteggiato dai Verdi? “Non è stato ancora deciso nulla, stiamo valutando tutte le possibilità”, risponde sorridendo Brigitte Foppa. Un sorriso disarmante, forse sincero, forse disperato. Tra i tanti dubbi l’unica certezza: il tempo passa come passano i granelli di polvere da uno all’altro dei bulbi di una clepsamia (comunemente chiamata clessidra). Anche il consenso elettorale, purtroppo, ha la stessa consistenza della sabbia.