Politica | l'intervista

"Ricercatori, Unibz cambi rotta"

Mattozzi: "Se chi governa l'ateneo tenesse al trilinguismo, si farebbe l'opposto di quanto si fa ora. Carriera? Qui il rettore decide da solo. Caso unico in Italia".
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Foto: A. M.

"Se il rettore e chi governa Unibz tenessero veramente al trilinguismo dovrebbero attuare una politica opposta a quella attuale: coltivare i propri ricercatori, consentendo loro di diventare trilingui e ridurre drasticamente le chiamate dall’estero”. Alvise Mattozzi, oggi ricercatore in sociologia della scienza e della tecnica a Torino, è uno dei “cervelli” in fuga da Bolzano di cui si è scritto nell’intervista al rettore di Unibz Paolo Lugli.  Il giudizio di Mattozzi è piuttosto severo. Secondo lui quello che Lugli ha detto nell’intervista giustifica “un sistema fortemente ingiusto socialmente e controproducente in termini di trilinguismo”. Ecco perché:

SALTO: Lei da due anni insegna al politecnico di Torino dopo parecchi anni trascorsi nella facoltà di Design di unibz.  Quando è arrivato  a Bolzano?

Alvise Matttozzi: Ho insegnato a Bolzano per la prima volta nel 2006 e poi in modo continuativo dal 2011 al 2021. Ero un ricercatore di tipo A, cioè con contratto a termine, a scadenza triennale della Facoltà di Design. Si tratta di una posizione a tempo determinato, precaria, che non prevede passaggi di carriera.  Solo facendo un concorso per diventare professori si può arrivare ad avere un altro tipo di contratto.

Lei ora insegna a Torino ed è stato assunto con contratto di tipo B, giusto? Può spiegare cosa cambia?

Sì, esattamente. Significa che quasi automaticamente diventerai professore associato. Tra un anno e mezzo ci sarà una verifica interna e se non ci sono cose che non vanno bene nel mio lavoro, dovrei diventare professore associato.

A Bolzano questo tipo di contratto non poteva esserle fatto senza la conoscenza del tedesco, giusto?

Dunque. Quello dei requisiti linguistici è uno degli aspetti. A Torino è richiesto solo l’inglese, ma non bisogna presentare certificati. La lingua viene verificata concretamente. Poi c’è il passaggio da ricercatore di tipo B ad associato e, in questo caso, ogni ateneo ha regole un po’ diverse. Nel resto dell’ Italia ci sono delle commissioni nei dipartimenti, che possono avere anche membri esterni all’ateneo, che alla fine del percorso del ricercatore esprimono le valutazioni sul suo operato, mentre a Bolzano, caso unico, decide tutto il rettore.

Per tutte le facoltà il rettore decide se un ricercatore può diventare professore?

Esattamente. E questo in passato ha anche poi determinato dei ricorsi poi vinti da chi era stato escluso (qui si può leggere una sentenza del Consiglio di Stato). Il rettore può decidere arbitrariamente su tutte le discipline, anche quelle che non conosce affatto. Il parere del rettore è quello dirimente in caso di parere contrario dei vicerettori. Nel resto d’Italia nessuno ha questo potere.. Per me è stato un sollievo lasciare Bolzano e sapere di poter far carriera senza sottopormi a questa procedura. So di persone che, pur avendo passato l’ordalia del Rettore egregiamente, hanno trovato questa procedura umiliante.

Stava così male a Bolzano?

Tutt’altro. Si immagini che ho pure comprato casa.

Poco tempo fa una ricercatrice germanica di grande valore ha lasciato l’università ed è andata ad Augsburg solo per una questione di precarietà.

Il problema è che non è riuscito ad imparare il tedesco?

Prima di tutto vorrei sfatare un mito. Non sono solo i ricercatori italiani ad avere difficoltà ad imparare la seconda lingua. Poco tempo fa una ricercatrice germanica di grande valore ha lasciato l’università ed è andata ad Augsburg solo per una questione di precarietà. Lei non si era messa ad imparare l’italiano perché c’erano troppe incertezze. Venendo dalla Germania per lei era difficile prendere l’abilitazione in Italia. Avrebbe avuto bisogno di avere il tempo di inserirsi nel sistema italiano. Lei sarebbe stata volentierissimo in Sudtirolo. Le hanno offerto un posto ad Augsburg e a malincuore è andata via semplicemente perché in una situazione di grande incertezza avrebbe avuto bisogno magari di fare un semestre a Milano per capire come integrarsi nel sistema italiano.

E’ vero che lei ha chiesto di fare un semestre in Germania e non le è stato dato il permesso?

Ero qui da poco, ho fatto queste mie richieste nel 2012 o 2013. Il rettore dice che non si può fare, cosa che non sta scritta da nessun parte.Non è così, se c’è la volontà. I ricercatori devono fare come minimo 60 ore di didattica che possono essere svolte tutte in un semestre. A loro è anche richiesto di essere 4 giorni alla settimana in facoltà. Un ricercatore può andare in “visiting” all’estero e ricevere una deroga dal Consiglio di facoltà sulla presenza in facoltà. Nessuno va all’estero solo per la lingua o per riposarsi, ma ci andrebbe per portare avanti il proprio lavoro in un altro contesto linguistico. E sarebbe senza alcun dubbio il modo migliore per imparare la lingua, usandola nel proprio ambito con i colleghi. Il rettore dice che la lingua si può imparare anche a Bolzano con i corsi ma noi tutti sappiamo che le lingue si imparano immergendosi totalmente.

Il problema è che il plurilinguismo viene trasformato da elemento di inclusione in elemento di esclusione

Quindi lei non trova giusta la richiesta del trilinguismo solo per i ricercatori, in sostanza-

Attenzione, per me il trilinguismo è un elemento importante in una realtà come Bolzano, questo io non lo ho mai contestato. Viene richiesto il B2, che non è neanche una richiesta eccessiva. Non è certo questa la ragione per cui si decide di andarsene. Il problema è che il plurilinguismo viene trasformato da elemento di inclusione in elemento di esclusione. Io avevo un B2 come valutazione interna ma per diventare ricercatore di tipo B avrei dovuto prendere un B2 ufficiale, da un ente certificatore.

E qual era il problema?

Per un periodo ho studiato il tedesco in modo serio, mi ci ero messo di buzzo buono, fino a raggiungere quella valutazione interna. Ho smesso di studiarlo nel momento in cui ho capito che la mia carriera era nella totale vaghezza a prescindere dal tedesco. Mi sono detto: le lingue sono importanti, ma perché devo investire tutto questo tempo se poi tra tre anni non rinnovano il contratto? Preferisco dedicare il mio tempo a buone pubblicazioni così ovunque mi presenti sarò un candidato forte.

Se in qualche modo non ti aiutano con dei semestri all’estero, è davvero difficile pensare di dedicare così tanto tempo per una cosa che non sai se ti servirà.

Ovunque, ma non a Bolzano?

Vede, la Facoltà di Design non ha mai avuto un solo ricercatore di tipo B. Questo qualcosa deve significare. Se in qualche modo non ti aiutano con dei semestri all’estero, è davvero difficile pensare di dedicare così tanto tempo per una cosa che non sai se ti servirà. In tutte le altre università c’è un percorso delineato, a Bolzano sai solo che sei ricercatore e poi hai un solo un grande punto di domanda.

Come è arrivato a Torino?

A Bolzano, in un primo momento mi è stato fatto capire che il mio lavoro era apprezzato. Ad un certo punto sembrava che ci sarebbe potuto essere un concorso come ricercatore B al quale avrei potuto partecipare,. In quella prospettiva di un lavoro fisso da professore, mi sarei rimesso sì a studiare il tedesco, perché per vivere in Sudtirolo è una cosa molto importante. Ma concentrando i miei sforzi sul tedesco avrei perso parecchio sul piano della carriera accademica. Grazie alle pubblicazioni, dopo aver preso l’abilitazione ho subito vinto un concorso a Torino come ricercatore di tipo B, e quindi con prospettive di carriera. Mi sono sempre trovato bene all’università di Bolzano, ma a Torino c’era un progetto di ricerca molto interessante.

Con la politica attuale, i precari sono ulteriormente precarizzati dalla questione lingua, mentre i garantiti, quelli che sono già professori, sono ulteriormente garantiti

Quindi lei contesta la disparità di trattamento tra professori e ricercatori.

Quella di unibz, se non si mettono in atto politiche attive per integrare le persone nel trilinguismo con i semestri all’estero (o in altri atenei italiani, per ricercatori che vengono dall’estero), è una politica di conoscenza delle lingue molto iniqua. E questo vale per tutti, italiani e tedeschi. Quello che si fatica  a cogliere è che, con la politica attuale, i precari sono ulteriormente precarizzati dalla questione lingua, mentre i garantiti, quelli che sono già professori, sono ulteriormente garantiti grazie a stipendi alti e tutele fiscali.

Questo lo dice perché i professori possono essere chiamati direttamente e non hanno alcun obbligo linguistico se non la conoscenza dell’inglese.

Sì. Questo vale per i professori che sono già professori all’estero e possono essere chiamati nella stessa posizione direttamente in un ateneo italiano – non solo a Bolzano. Ma a Bolzano, diversamente da quanto accade con i ricercatori, per queste chiamate non viene quasi mai posto il requisito linguistico. Altro modo per evitare i requisiti linguistici è quello di non passare per il contratto B e vincere direttamente un posto da professore. Insomma, Bolzano ha escogitato un sistema per rendere più ostico quello che è oggi il percorso canonico per la carriera interna, creando un collo di bottiglia, non solo linguistico, per i ricercatori B. Se il Rettore e chi effettivamente governa l’università di Bolzano, che non è certo il Rettore, ci tenessero veramente al trilinguismo dovrebbero attuare una politica opposta a quella attuale: coltivare i propri ricercatori, consentendo loro di diventare trilingui e di fare i passaggi da A a B ad associato, e ridurre drasticamente le chiamate dall’estero e i concorsi – cosa che penso costerebbe anche meno all’Università e alla Provincia. Il rettore, dovrebbe riflettere su questo, perché con quello che ha detto nell’intervista sta giustificando un sistema fortemente ingiusto socialmente e controproducente in termini di trilinguismo.

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Gianguido Piani Gio, 05/11/2023 - 22:20

Ripeto l'offerta al Rettore Prof. Lugli avanzata ieri in un mio commento alla sua intervista su Salto. Sono al corrente del caso di un(a) docente a UNIBZ senza pubblicazioni e con conoscenza di solo una delle tre lingue ufficiali dell'universita'. Questo non significa che la persona in questione non abbia meriti, ma si tratta di una stridente incongruenza tra requisiti formali e situazione reale. Onestamente, non dovrebbe essere richiesto l'adempimento di requisiti formali da parte di altri ricercatori e docenti, in primis proprio le pubblicazioni e la competenza linguistica, se si tollerano situazioni di questo tipo. Oppure UNIBZ potrebbe agire in modo pragmatico e adottare altri criteri selettivi, dandone informazione e applicandoli a tutti.
Per motivi di privacy non intendo entrare in dettagli aperti al pubblico. Se l'ufficio del Rettore, su sua iniziativa, prende contatto con il sottoscritto e propone un appuntamento, lo incontro volentieri ed espongo il caso.

Gio, 05/11/2023 - 22:20 Collegamento permanente