Società | Impegno

Attenti e dinamici

Oggi i giovani sono sempre in movimento. Con il fisico, ma soprattutto con la mente. Come conferma l’educatore ed innovatore sociale Carlo Andorlini.

I giovani del 2016 cercano affannosamente di fare esperienze, di incontrare coetanei di altri paesi, di vivere momenti forti a contatto con altre culture. E, soprattutto, intraprendono percorsi che li portano a toccare con mano i risultati concreti delle ingiustizie e le contromisure più avanzate messe in atto per ricostruire il tessuto sociale dove queste sono state commesse. Carlo Andorlini è stato fino a dicembre 2015 responsabile giovani e formazione nonché vicepresidente di Libera, un’associazione da sempre ‘in prima linea’.

Andorlini, perché oggi per i giovani è così importante ‘muoversi’?
In questo momento storico dove la dimensione lavoro ha necessità di grande capacità di invenzione, di innovazione e di forme nuove che ancora oggi faticano a trovare codici e riferimenti precisi e legittimati, l'idea di poter ampliare le proprie conoscenze e soprattutto la propria capacità di “respirare” il nuovo, il diverso e l'alternativa, è fondamentale.
Sono fermamente convinto che oggi chi si muove all'interno di forme di apprendimento non formale può fare la differenza nel suo percorso di autonomia. Per questo motivo le esperienze “fuori” (dove fuori ha un senso ampio che indica l'idea di uscire dalle tradizionali traiettorie verso l'autonomia) diventano straordinariamente importanti.

Quali sono le vie attraverso le quali i giovani possono incontrare l’impegno civile? 
È importante soprattutto ricostruire legami con la memoria. Il tema della criminalità organizzata obbliga a comprendere quello che non è ovvio, che non è chiaro davanti agli occhi, che vediamo solo nell'atto conclusivo senza però comprendere il come e il perché. La memoria obbliga ad una sana ricostruzione del perché e del cosa è successo. Più si costruiscono percorsi di vita che si legittimano attraverso la coscienza della storia e più costruiamo anticorpi naturali alla deviazione, al compromesso, alle vie facili.

Libera è nata per promuovere la rinascita e nelle sue attività un ruolo fondamentale viene svolto dai campi di lavoro in cui i giovani hanno la possibilità di lavorare all’interno dei beni confiscati e di incontrare le realtà associative e cooperative che invertono la marcia rispetto al passato. Qual è il ruolo che possono rivestire i giovani in questa rinascita?
I campi di lavoro sono uno straordinario strumento di crescita per i giovani e di conforto e motivazione per i cooperatori che gestiscono i beni confiscati alle mafie in quei territori che oggi non sono soltanto i “classici” luoghi di mafia ma anche quelli “apparentemente” fuori dal circuito. Basti pensare ai campi in Piemonte, in Lombardia, in Sardegna, che si sono aggiunti a quelli classici in Sicilia, Campania e Calabria. In tutto questo i giovani sono fondamentali sia perché i destinatari dell'esperienza di volontariato estivo “estateliberi” sia per il ruolo che molti giovani hanno nelle cooperative stesse. La percentuale di giovani che sono i protagonisti di queste esperienze è altissima.
Oggi senza la forza dell'avanguardia portata dai giovani vedremmo molto poco in questo contesto.

L’attività di volontariato che viene proposta ai giovani per forza di cose si intreccia in modo stretto con la necessità di un impegno anche politico. Come vi confrontate con loro da questo punto di vista?
Chi entra in Libera spesso è affascinato da alcuni fattori emozionali (le parole e la presenza di don Ciotti, la storia di mafia, l'incontro con un familiare di vittime o di un collaboratore di giustizia). Questo è importante ed è la porta di accesso naturale. Ma poi il percorso prosegue (o deve proseguire) verso un atteggiamento che passa dal divenire una persona non solo affezionata o emozionata ma “pubblica”, nel senso di attenta non solo all'aspetto della sensibilizzazione personale ma anche alla responsabilità collettiva. Ma anche questo è un passaggio non definito perché è la terza posizione che diventa quella conclusiva l'essere persona “pubblica nel fare”.

Cos’è l’innovazione sociale responsabile?
L’antimafia sociale si può fare in tanti modi. Per esempio pensando a contesti territoriali che mettono in moto modelli alternativi. Poi nel metodo di ricerca che immagino, la “comunità” è al centro. Ed è dentro questo spazio reale e simbolico che si costruisce il contributo al cambiamento.

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Questo articolo è stato originariamente realizzato da Luca Sticcotti ed è stato pubblicato sulla prima edizione dell'annuario del Servizio Giovani della Provincia autonoma di Bolzano.