La Catalogna scende in piazza
Tensione ai massimi livelli tra Madrid e Barcellona, dopo che il presidente della generalità di Catalogna Carlos Puigdemont ha firmato il decreto di convocazione del referendum sull'indipendenza catalana previsto per il prossimo 1 ottobre. Su ricorso del governo spagnolo, i 12 giudici del Tribunale Costituzionale (che corrisponde alla nostra Corte costituzionale) hanno sospeso il decreto. Ma il primo ministro Mariano Rajoy, per bocca del portavoce del governo Inigo Mendez de Vigo, non esclude che la Spagna possa fare ricorso - oltre che all'alta corte - all'art. 155 della Costituzione, con il quale Rajoy potrebbe destituire Puigdemont e sospendere l'autonomia catalana. Ma si attende la Diada Nacional (la festa nazionale della Catalogna che si tiene oggi, 11 settembre) e la grande manifestazione a favore dell'autodeterminazione a Barcellona, alla quale è prevista la partecipazione di almeno 360mila persone portate nella capitale con 1800 pullman. E c'è chi, come il partito della sinistra radicale e indipendentista CUP, propone a partire da oggi un presidio permanente nelle piazze della Comunità autonoma.
Disobbedienza agli ordini
Puigdemont e i ministri del governo catalano (la Generalitat) che hanno firmato il decreto di convocazione, nonché la presidente del Parlamento di Catalogna Carme Forcadell, rischiano il carcere: sono stati denunciati per "disobbedienza", abuso di potere, malversazione di denaro pubblico per i costi del referendum. La Procura generale dello Stato spagnolo ha inoltre diffidato dal collaborare all'organizzazione i 948 sindaci e altri 105 alti funzionari catalani fra cui la presidente dell'emittente pubblica della Catalogna, Nuria Llorach, e Josep Lluis Trapero, capo della polizia regionale Mossos d'Esquadra, favorevoli all'indipendenza: chi collaborerà nei preparativi del voto risponderà dei reati di insubordinazione, prevaricazione e malversazione di fondi. La Guardia Civil, ovvero la polizia spagnola, ha iniziato a muoversi con la perquisizione di una tipografia in cerca di materiale per la stampa delle schede elettorali. Nonostante questo, anche a seguito dell'attacco terroristico sulle Ramblas, la politica indipendentista di Barcellona continua a inneggiare alla “desobedencia”: “Rischiamo molto, ma andremo avanti fino alla fine”.
Barcellona si tira indietro
La Generalitat sta reclutando volontari per il referendum: ci sono già 23mila candidati. 654 sindaci (soprattutto di comuni di piccole dimensioni) si sono schierati a favore del “procés” elettorale. Ma il municipio di Barcellona (con un milione e mezzo di abitanti) e altri comuni con più di 100mila abitanti (Terrasa, Tarragona, Lleida, Matarò, Hospitalet de Llobregat) che complessivamente rappresentano più di un terzo della popolazione, hanno detto "no" alla richiesta di mettere a disposizione i locali municipali per le urne referendarie. La sindaca di Barcellona Ada Colau, vicina a Podemos, ha spiegato in una lettera a Puigdemont che - pur non allineandosi al governo di Madrid - non assumerà decisioni che possano mettere in pericolo le istituzioni locali e i suoi funzionari pubblici, per una consultazione dichiarata "illegale" dalla Corte costituzionale spagnola.