"Non dimenticate queste storie"
Non è stato possibile accogliere.
La storia di quello che è successo ad A., il tredicenne curdo morto la scorsa settimana, è noto a tutti e nel rispetto e osservanza delle regole, A. non ce l'ha fatta. La risposta delle istituzioni è stata piuttosto chiara: "Non è colpa nostra", come hanno rimarcato l'assessore provinciale Martha Stocker e il sindaco di Bolzano Renzo Caramaschi. La prima negando ogni responsabilità da parte dell'amministrazione provinciale, affermando di essere "molto colpita dalla tragica vicenda", il secondo ammettendo che l'accoglienza per la famiglia sarebbe dovuta essere doverosa. Infatti si è stabilito che la famiglia ha diritto ad essere immessa all'interno del sistema di accoglienza. "A maggio abbiamo chiesto di creare un centro di transito, ma ci hanno detto di no, perché sia la Provincia che il Commissariato e la Questura temono che possa attrarre a Bolzano altri migranti" - dice Caramaschi.
Abbiamo chiesto a Luca De Marchi, a nome dell'associazione Volontarius, che si è occupata della famiglia curda insieme ad altre associazioni, quali sono le posizioni di chi dovrebbe garantire l'accoglienza sul territorio in merito alla questione.
salto.bz: Come associazione vi siete occupati della vicenda dal 2 di ottobre, circa una settimana prima che A. se ne andasse. Avete seguito la famiglia e vi siete coordinati con SOS Bozen, l'associazione che per prima ha denunciato l'accaduto e ha posto sotto ai riflettori - spesso riflettori tragicomici - l'avvenimento?
Luca De Marchi: Il servizio di assistenza umanitaria è il primo contatto che le famiglie hanno quando arrivano sul territorio, spesso ci siamo interfacciati con associazioni esterne e in questo caso con SOS Bozen, anche in questo caso. Quello che facciamo come primo supporto di assistenza è l'orientamento per le famiglie che arrivano, spiegare loro quali sono i loro diritti, ciò a cui possono accedere, fare o non fare. Nonostante il servizio che garantiamo, ci sono una serie di limiti che non ci permettono di operare come un'associazione come la nostra dovrebbe, per essere realmente efficace.
Limiti. Ad esempio?
La stessa circola provinciale, la circolare Critelli e i suoi criteri (L'Alto Commissario delle Nazioni Unite ne chiede l'immediata abolizione, ndr). L'ostacolo più grande è il non poter trovare un alloggio alle famiglie che ne hanno bisogno, come è successo con la famiglia del ragazzo. Poi ci rivolgiamo e comunichiamo direttamente ai servizi. Alcune disposizioni non permettono alle persone di cui si parlava di entrare nel circuito dell'accoglienza stessa.
Quelli di SOS Bozen dicono che la circolare Critelli debba essere completamente abolita, voi dite una cosa diversa.
Come Volontarius abbiamo detto che i criteri della circolare non sono idonei per garantire l'esistenza di un sistema di accoglienza. Ricordiamo che le associazioni nascono e operano quando c'è un falla nel sistema, quando qualcosa nel sistema non funziona, qualcosa da sanare, quando vediamo che non potrà andare bene. Abbiamo proposto di aprire la discussione in merito alla circolare, dei criteri vanno cambiati, così come è cambiato il mondo, il territorio, Bolzano stessa.
Una cosa è certa, il sistema va cambiato
In un comunicato stampa avete detto che le istituzioni dovranno approfondire il fatto e analizzarlo, poi prendere le dovute decisioni. Però dalle istituzioni non sembrano essere arrivate risposte troppo chiare. La città avrebbe potuto fare qualcosa, non è vero?
Ovviamente si sarebbe dovuto intervenire, questo è un dato scontato. Per istituzioni intendiamo il Comune, la Provincia e la forze dell'ordine, tutti quelli che hanno a che hanno voce in capitolo su questo tema e che operano sul territorio. Ognuno sa bene quali sono le proprie responsabilità. Una cosa è certa, il sistema va cambiato e soprattutto le istituzioni non possono permettersi di poter cambiare il sistema solo dopo avvenimenti di questo tipo, dopo fatti tragici a scapito di chi ha più bisogno per accorgersi che qualcosa non va. Ma è anche vero che Volontarius non vuole aprire polemiche con nessuno e lo scaricabarile delle responsabilità ci è estraneo. Adesso l'unica cosa importante è avere una linea comune e risolvere i problemi, aiutare le persone, tappare le falle del sistema.
Molte storie non vengono raccontate
Sentire comune è che "noi stiamo aiutando quelli sbagliati", ovvero: l'accoglienza è destinata a chi potrebbe permettersi di non riceverla e non si terrebbe conto dei più deboli o dei i "veri" rifugiati di guerra.
È un pensiero sbagliato, noi aiutiamo chi ha bisogno, sempre. Molte storie non vengono raccontate, sui giornali non ne si parla, a volte soprattutto perchè sono vicende così personali, che renderle pubbliche sarebbe un insulto a chi stiamo aiutando, sembrerebbe quasi volersi mettere in mostra sul tema dell'accoglienza. Però ripeto, noi aiutiamo chi ha bisogno. L'ultima cosa che sento di dire è che non dobbiamo dimenticare queste storie, non dobbiamo dimenticare i nomi. Tra due mesi di A. non ne parlerà più nessuno, come se non fosse mai accaduto. Siamo qui per evitare che succeda.