Quando la paura diventa costruttiva
salto.bz: dottoressa Zucali, fra gli effetti collaterali del coronavirus c’è anche quello psicologico con la “sospensione della normalità” che la popolazione sta vivendo in questi giorni. In una società notoriamente dinamica, frenetica, che effetto fa questo brusco, seppure necessario, stop?
Francesca Zucali: Il problema principale di fronte a un evento critico di massa come quello legato al Covid-19, che non ci aspettavamo in queste dimensioni, è l’ansia che genera nel cittadino all’interno di questo reticolato frenetico in cui si muove la società contemporanea, una società abituata ad avere il controllo sugli eventi. E in questo caso il controllo non lo abbiamo.
È un’ansia smodata, in certi casi, come hanno dimostrato le immagini dei supermercati presi d’assalto in alcune città d’Italia dopo le misure restrittive decise dal governo per contenere il contagio.
Vede, è come quando, nel caso del primo soccorso stradale, si dice: “Ho solo chiamato il 112 ma non ho dato soccorso”, ebbene, già aver allertato chi di dovere significa aver prestato il 70% del soccorso. Se adesso noi cittadini impariamo a essere disciplinati dimostriamo innanzitutto un rispetto elevatissimo verso chi si trova oggi in trincea, ovvero tutto il personale sanitario, che lavora con turni estenuanti e sta rischiando la vita. Se ci affidiamo a chi si sta adoperando per noi, quotidianamente, 24 ore su 24, attenendoci alle regole che sono state impartite, facciamo già tantissimo. Questo atteggiamento può far scattare in noi un senso di sicurezza, che è esattamente ciò di cui abbiamo bisogno in questo momento. E la sicurezza si ottiene non solo mettendoci nelle mani degli altri ma facendo la nostra parte, seguendo le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, mantenere cioè le distanze, per esempio, evitare gli assembramenti, lavarsi bene e spesso le mani, stare il più possibile a casa e uscire solo in caso di necessità.
Siamo una società abituata ad avere il controllo sugli eventi. E in questo caso il controllo non lo abbiamo.
Per qualcuno tuttavia è difficile rassegnarsi a rimanere a casa. Quando le persone stanno bene sono poco motivate ad accettare i cambiamenti?
È così. In ogni situazione, comunque, bisogna trovare il lato positivo. In questo caso è il fatto di riunirsi nel nostro “nido”, apprezzandolo di nuovo. La casa, fino a pochi giorni fa, veniva infatti vissuta solo come il luogo dove tornare la sera, dopo il lavoro, per mangiare, leggere un libro, guardare la tv e poi andarsene a letto. Ora la propria dimora non è più semplicemente un “dormitorio” ma un elemento che può essere utilizzato come strategia di “coping adattivo”, ovvero quell’azione che mettiamo in atto per abbassare lo stress in modo costruttivo. Dedicarsi alla pulizia dell’appartamento, al giardinaggio, al lavoro al computer, oppure, come spesso consiglio di fare, ad attività manuali in modo che la mente resti focalizzata sul “qui e ora”, senza andare oltre cedendo quindi all’ansia. Ma qui va fatta una precisazione.
Prego.
L’ansia, beninteso, non è solo negativa, è un sistema di allarme del nostro corpo che ci avverte del pericolo. Eliminarla totalmente quindi è inopportuno. In questo frangente l’ansia e la paura sono costruttive. Diventano invece distruttive quando decidiamo di non rispettare la quarantena o le distanze di sicurezza. Come Ordine degli psicologi altoatesini abbiamo anche pubblicato un vademecum per i cittadini e per i colleghi, utile in questo delicato momento.
Con la limitazione dei contatti sociali, come si aiuta, per esempio, chi è in quarantena?
Consigliando loro di sfruttare i mezzi di comunicazione di cui dispone. Praticando delle attività quotidiane coinvolgendo a distanza, attraverso videochiamate, ad esempio, altri colleghi che si trovano in quarantena. Accettando questa sorta di “vacanza forzata” per il proprio bene, quello dei familiari e di tutta la comunità. Occorre far comprendere in casa, a chi ci sta intorno, bambini, adolescenti, anziani, perché non si deve uscire. Per molti infatti scatta la frustrazione; si pensa di non aver niente da fare quando in verità non è così, è solo che ci è stato tolto il controllo, come si diceva, ma per una giusta causa, altrimenti rischiamo tutti.
Ritiene che dal punto di vista comunicativo l’emergenza sia stata gestita bene?
Direi di sì. Quello che ha pesato molto sono state le persone che si sono auto-gestite improvvisandosi medici, scienziati, tuttologi. Ci lamentiamo spesso della gioventù di oggi ma l’adulto è il peggior esempio per quanto riguarda l’attenersi alle regole. L’aver sottovalutato le reali circostanze ha portato a dei rallentamenti nei piani di intervento e della gestione dell’emergenza. Purtroppo abbiamo dimostrato per l’ennesima volta che bisogna arrivare a misure radicali per comprendere la gravità di una situazione.
Ci lamentiamo spesso della gioventù di oggi ma l’adulto è il peggior esempio per quanto riguarda l’attenersi alle regole
Dobbiamo aspettarci crescenti livelli di discriminazione contro certe categorie sociali?
Non credo. Mi viene in mente un esempio: ieri sono andata a fare la spesa, e mi sono messa mascherina e guanti. Quando la distanza fra gli uni con gli altri si riduceva troppo subito ci si allontanava prendendola a ridere, ecco, io credo che questo sia un bel modo per socializzare. Riscoprendoci paradossalmente più “vicini” ora.
Sono aumentate le richieste di aiuto in questo periodo?
Le sedute telematiche si susseguono. Come Croce rossa a breve forniremo un numero telefonico che coprirà determinate fasce orarie, dal lunedì alla domenica, per far fronte alle richieste di contenimento dell’ansia e di normalizzazione delle reazioni emotive. Le attività territoriali di supporto alla cittadinanza sono molte e in ogni caso ci si può rivolgere, per un consulto psicologico, al numero verde 800 751 751 o al 112.
Cosa resterà di questa esperienza, quando tutto sarà finito?
Apprezzeremo di più quello che prima davamo per scontato: la libertà di uscire e di andare dove si vuole, per esempio. E rimarrà il senso di comunità, finora troppo spesso dimenticato.
Update del 14 marzo 2020: è attivo tutti i giorni dal lunedì alla domenica, dalle ore 8.30 alle 10.30 e dalle 16 alle 17.30, il servizio di supporto psicologico (gratuito) della Croce rossa. Il numero da chiamare è 388 36 21 088.