Cultura | Salto Weekend

Pillole di storie e di storia

Brani di storie letterarie, di luoghi, alberi, storie musicali, da vicino e lontano: dall’Ottmannsgut fino a Lana meets Jazz passando per la Pink Gallery a Lagundo.
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Foto: Foto: Salto.bz

700xM: troviamo spesso questa sigla in giro per Merano, attualmente, sia stampata su manifesti o su striscioni volanti, sia sotto forma di sculture compatte dentro le aiuole o ai margini di parchi e strade che annunciano un’iniziativa culturale. Che cosa significa? Settecento anni per Merano città, nel senso che nel lontano 1317 fu emesso il primo emendamento giuridico che conferì a Merano lo status di “città”. Questo importante anniversario festeggia nel 2017 la città di cura situata sulle due rive del Passirio e - come poteva non esserlo? - i festeggiamenti si estendono per tutto l’anno…
Tante sono le manifestazioni che rientrano nel programma dei festeggiamenti, quasi una gara tra le istituzioni culturali per inventare un possibile nesso con quella data storica o semplicemente per mettere a confronto il passato e il presente, per guardare al futuro – con grinta, fiducia e buon gusto.

Storie di un passato antico e di un presente recente

Così, passeggiando per le strade, si incontrano ad esempio alcuni manifesti giganti che in nome della sigla menzionata ritraggono luoghi più o meno storici e noti sia per farli conoscere che per illustrarli con brevi testi. Per esempio, un condominio in via Otto Huber davanti al quale si passa per andare in centro conserva la memoria di un evento storico particolare: una lapide appesa sul muro della casa spiega che in quella cantina furono incarcerati alcuni cittadini ebraici, le prime vittime della persecuzione nazista iniziata nel settembre 1943, poco dopo l’entrata in vigore delle leggi razziali. La foto mostra in primo piano una statua in stile Art Nouveau, come tante a Merano, che ha visto crescere il proprio fascino architettonico proprio a cavallo tra Ottocento e Novecento. Un altro manifesto mostra uno spazio alberato, dentro il Parco del Martinsbrunn, popolato da ampi cedri del Libano, qui in primo piano uno scrittore abitante a Merano spiega che lì si trova uno dei suoi spazi di ritiro preferiti.

Passeggiando lungo il fiume capita di incontrare opere d’arte tra passato e presente, come alcuni numeri rossi giganti: attaccati alle ringhiere formano diverse date storiche legate ai vari straripamenti del torrente che arrivando dalla Val Passiria ha fatto nascere proprio qui sulla sabbia portata dalle acque il villaggio, prima, e la città, poi. Tant’è che lì, a pochi passi, c’è una piazza dedicata alla “rena”. Inoltrandosi un altro po’ lungo le passeggiate dell’estate (c’è anche quella “d’inverno”, così chiamata perché più assolata nei mesi freddi e bui da novembre fino a gennaio), dopo poco si scorge una scultura a forma di televisore. Cosa ci farà mai qui? Scolpito in pietra naturale (marmo e granito) è posizionato in modo che il video si affacci sul fiume: Image Disturbance di Paul Sebastian Feichter (originario della Valle Aurina) riproduce visivamente il ronzio che si verifica quando il segnale delle frequenze è disturbato, quello sfarfallio nell’immagine che in un passato non troppo lontano compariva quando i programmi di un canale televisivo erano terminati. Questa installazione risale alla primavera 2015, ideata per Merano Art&Nature. La colonna sonora della immagine disturbata arriva direttamente dalle acque scroscianti del Passirio che fluiscono con vigore sopra e attorno ai grandi sassi…

Storie di un passato antico e di un presente recente le abbiamo sentite - e percepite - anche durante la presentazione del libro Abseits der Pfade di Erika Wimmer Mazohl presso l’Hotel Ottmannsgut in via Verdi a Merano, un luogo straordinario che unisce tracce architettoniche di ieri con l’oggi, sia all’interno che all’esterno, ad esempio nella meravigliosa Orangerie con palme, limoni e altre piante mediterranee in piena fioritura. Sonja Steger in dialogo con l’autrice ci ha narrato alcuni percorsi un po’ nascosti in città, mentre insoliti erano gli intermezzi musicali a cura di Max Castlunger: il musicista e dj metropolitano – come si autodefinisce - suona i più diversi strumenti, da un particolare flauto pan al cacciapensieri e al Handpan (detto anche Hang), inventato nel 2000 da due svizzeri. Quest’ultimo - all’apparenza un enorme frisbee ondulato di metallo - va suonato con le mani, alla maniera dei tamburi africani, creando un suono metallico, dunque più melodia armoniosa che puro ritmo sonoro. I brani letti dall’autrice erano stati accompagnati quindi da melodie che echeggiavano un sound indiano, africano o andino, piuttosto che sudtirolese, conferendo al tutto quel sapore internazionale che a un certo punto era anche uscito dalle pagine del libro quando, citando il critico d’arte Luigi Serravalli, meranese d’adozione, apprendiamo che a Merano era passata persino Peggy Guggenheim favorendo la nascita di una cultura di arti visive che già negli anni sessanta aveva visto esposizioni delle avanguardie di un tempo.

Se consideriamo Merano un centro multiculturale, che come ogni città di questo tipo ha le proprie periferie, occorre qui parlare adesso di Lagundo - a pochi minuti di bus e di bici - e di Lana - a un quarto d’ora di bus o di macchina, perché sabato 6 maggio era una giornata importante per entrambi questi borghi: nell’uno si è aperta la Pink Gallery (a cura di Antonella Tricoli) con una mostra intrigante dell’artista di Reggio Emilia, Mirca Lazzaretti, e nell’altro si è chiusa la rassegna Lana meets Jazz. Lo spazio dell’accogliente galleria si estende su due livelli e ospita al contempo attività espositive nonché laboratori e workshop (per adulti e bambini) per  imparare a maneggiare colori e materiali ai fini di intraprendere un percorso “tra” il fare e il guardare, “tra” i confini dell’arte, per arrivare a un “con”-vivere “con” l’arte e “con” i vicini “diversi”-lingue, essendo anche Lagundo, come quasi tutti i luoghi in Alto Adige, terra multilingue dai (fragili) confini tra l’una e l’altra, tra le une e le altre.

This machine kills fascists

Lana, periferia più nota per la sua ricca attività culturale, è stata sulla cresta dell’onda per l’intera prima settimana di maggio con Lana meets Jazz (organizzato da Sweet Alps, a cura di Helga Plankensteiner e Michael Lösch). Della sua sesta edizione ci piace ricordare soprattutto il duo Fabrizio Bosso (tromba) e Julian Oliver Mazzariello (pianoforte) che all’interno della meravigliosa scenografia del Castello Katzenzungen a Prissiano hanno “pedalato” con le loro dita all’insegna del Tandem, il più che eloquente titolo del concerto, scaturendo atmosfere magicamente liriche e gioiosamente poetiche. Inoltre, il Francesco Bearzatti Tinissima Quartet con lo stesso Bearzatti (sassofono e clarinetto), Giovanni Falzone (tromba), Danilo Gallo (basso) e Zeno De Rossi (batteria) che si sono esibiti nella stupefacente suite This Machine Kills Fascists, titolo che si rifà al mondo sonoro dell’americano Woody Guthrie, narratore della Grande Depressione degli anni trenta, delle lotte sindacali negli anni trenta/quaranta e del New Deal di Roosevelt. Il progetto del Tinissima Quartet racconta vita e arte di questo musicista che, come nessun altro, aveva cantato quel periodo di storia degli Usa nel folk e nel blues: il suo intento base era scritto a lettere cubitali sulla chitarra, This machine kills fascists, appunto, ossia “questa macchina uccide i fascisti”! Il concerto inizia come una locomotiva in partenza, tra nuvole di fumo acustiche e fischi di treni, dove la silhouette di Bearzatti con cappellino e sax emerge sul palco, muovendosi all’unisono, al pari di alcune immagini di Buster Keaton nel suo film The General del 1926, dove a un certo punto - al comando rischioso di un treno in folle corsa – l’attore-regista era montato sul tetto della sua locomotiva per sondare in piedi all’avamposto il paesaggio da attraversare. Questa suite – ce lo racconta lo stesso Bearzatti – era nata sulla scia di altri dischi precedenti, tutti dedicati a personaggi importanti della storia della musica, in omaggio al musicista americano che a sua volta aveva stimolato nuove correnti nella musica country, pop, jazz e blues. Alla fine ben dieci minuti di applauso hanno consacrato questo gruppo che a giugno 2017 compirà dieci anni di vita! Non poteva mancare come bis il lungo brano che chiude il disco, una reinterpretazione di This land is your land di Woody Guthrie che con un testo politicamente importante, noto in tutto il mondo, dimostra ancora una volta la potenza della musica folk capace di unire diverse culture, tra passato e presente. Il Tinissima Quartet lo propone nella propria versione ancor più jazz, inizialmente free per poi diventare sempre più swing