Società | violenza di genere

Oltre al danno la beffa

Alle donne che fuoriescono da una situazione di violenza viene chiesto di sopravvivere con 400 euro mensili. Ecco il nuovo Reddito di libertà promosso anche in Alto Adige
Non una di Meno
Foto: Non una di meno

Il ragionamento di fondo può essere corretto, ma l’esecuzione lascia del tutto a desiderare. A fine 2021 a livello nazionale è stata istituita una nuova prestazione volta a fornire un sostegno finanziario alle donne e ai loro figli che fuoriescono da percorsi di violenza. Lo hanno chiamato “Reddito di libertà” e lo possono richiedere le donne non accolte in strutture protette che si allontanano da una situazione familiare violenta. La ratio è quella dunque di sostenere una futura autonomia della donna e dei suoi figli. L’ammontare del sostegno? Solamente poche briciole quantificate in un massimo di 400 euro mensili ed erogabili solamente lungo l’arco di un anno. La “prestazione” può essere richiesta anche in Alto Adige presso il distretto sociale di competenza solo se la donna, che dovrà essere assistita e accompagnata da un centro antiviolenza provinciale, decide di non convivere più con l’autore della violenze a cui è sottoposta. 
La misura è stata accolta favorevolmente dall’assessora provinciale alle Politiche Sociali Waltraud Deeg: "La violenza ha molte forme e manifestazioni - sottolinea - anche la dipendenza economica di una donna dal marito può rappresentare una forma di violenza. Per garantire sostegno alle vittime di violenza nel loro cammino verso l’autonomia le donne possono ora fare domanda per ottenere questa nuova prestazione economica. Insieme all'accompagnamento e al sostegno di un centro antiviolenza, questo supporto può aiutarle a ricominciare una nuova vita”.

Un contributo di 400 euro al mese è senz’altro utile ma non è un reddito che può dare davvero l’autonomia


Secondo Di.Re, la rete nazionale dei centri antiviolenza gestita da organizzazioni di donne, il Reddito di libertà rappresenterebbe una mera operazione di facciata: “Se si considerano i 3 milioni di euro del Piano nazionale antiviolenza 2017-2020 che vi sono stati investiti - avevano sottolineato le organizzazioni dopo la pubblicazione dei requisiti di accesso - ne potranno beneficiare al massimo 625 donne in tutta Italia, quando sono oltre 20.000 ogni anno le donne accolte nei soli centri antiviolenza della rete D.i.Re, e circa 50.000 nel totale dei 302 centri antiviolenza contati dall’ISTAT nel 2018. Un contributo di 400 euro al mese è senz’altro utile - ribadiscono - ma non è un reddito che può dare davvero l’autonomia. E non tutte le donne supportate dai centri antiviolenza sono seguite anche dai servizi sociali, né vogliono esserlo. La certificazione dei servizi sociali non è necessaria né per l’astensione dal lavoro a causa della violenza, né per gli assegni familiari, mentre  invece - fanno notare - è stata imposta per il reddito di libertà”.