«Una giornata della memoria...
Il primo articolo pubblicato da chi scrive sull'antisemitismo sudtirolese è stata una recensione del saggio storico «Quando la patria uccide. Storie ritrovate di famiglie ebraiche in Alto Adige» di Sabine Mayr e Joachim Innerhofer.
Un testo che, come si legge dalla quarta di copertina, «documenta le molteplici forme in cui si manifestò in Sudtirolo l'antisemitismo, profondamente radicato in questa terra, racconta le sofferenze di tante vittime della Shoah e dà un nome a colpevoli e profittatori».
le molteplici forme in cui si manifestò in Sudtirolo l'antisemitismo, profondamente radicato in questa terra
Nelle righe finali dell'articolo citato sono state esposte delle tesi a carattere di intuizione così come maturata nel raffronto tra gli eventi narrati e la loro rimozione dalla narrazione pubblica e, seppur in misura minore, istituzionale.
«Nonostante l'obiettivo del libro sia quello della testimonianza, e da questo punto di vista lo scopo si può dichiarare più che raggiunto, ciò che rimane dopo la lettura di tutte le storie delle famiglie ebraiche e dei loro destini illustrati nel testo è il germe di un ragionamento molto più profondo ed esteso che come un filo rosso colleghi Südtirol e sudtirolesi, Heimat, nazismo e, per l'appunto, antisemitismo.»
il germe di un ragionamento molto più profondo ed esteso che come un filo rosso colleghi Südtirol e sudtirolesi, Heimat, nazismo e, per l'appunto, antisemitismo
Un contributo significativo all'elaborazione di detto ragionamento è costituito da un altro testo del quale questo articolo costituisce la recensione. Il titolo è:
«Una giornata della memoria 364 giornate dell'indifferenza. Mutazioni, manipolazioni e camuffamenti dell'antisemitismo»
Una giornata della memoria 364 giornate dell'indifferenza. Mutazioni, manipolazioni e camuffamenti dell'antisemitismo
Edito da Raetia, l'autore è il saggista Federico Steinhaus, ex presidente della comunità ebraica di Merano.
Dalla seconda di copertina si legge come Steinhaus riesca nel libro «a spiegare la complessità del pensiero antisemita ricostruendone la storia e le sue manifestazioni muovendosi tra la realtà regionale e la complessità del panorama geopolitico globale».
Rimanendo nell'ambito dell'Alto Adige/Südtirol, all'autore sono sufficienti poche righe per dare il fondamento della sua ricerca.
«Per comprendere la singolarità dell'antisemitismo sudtirolese bisogna ricordare quanto fu stretto e profondo, dunque anche duraturo, il legame fra la maggioranza della popolazione di lingua tedesca ed il nazismo».
Ed in tal senso il libro è una lunga ed interminabile sequela di esempi proprio di quello che è il grande rimosso della narrazione pubblica locale, ovvero l'antisemitismo e il nazismo sudtirolesi. Degli episodi narrati se ne citano due.
Il primo è raccontato dallo stesso autore e risale al mese di novembre del 1974.
«Era stato nominato da poco preside del liceo di lingua tedesca di Merano un docente, Stefan Steinmair, ed io, in quanto presidente della Comunità Israelitica, ero venuto a conoscenza del suo passato di volontario della divisione delle Waffen SS Prinz Eugen che aveva operato in Francia e Olanda e nella quale aveva fatto carriera.
Era stato nominato da poco preside del liceo di lingua tedesca di Merano un docente, Stefan Steinmair, ed io [...] ero venuto a conoscenza del suo passato di volontario della divisione delle Waffen SS Prinz Eugen che aveva operato in Francia e Olanda e nella quale aveva fatto carriera
Dopo aver tentato invano, attraverso un ricorso alle gerarchie scolastiche provinciali, di bloccare questa nomina, avevo ritenuto di dover prendere posizione pubblicamente contro l'attribuzione di un incarico che conferiva un ruolo di elevato contenuto morale e di autorevolezza da esercitare nei confronti dei giovani ad un personaggio del quale era più che lecito immaginare trascorsi criminali.
Il risultato fu che quattordici docenti del medesimo liceo - primo firmatario il massimo esponente locale del Partito Socialista Ferruccio Minach - stilarono un documento di violenta critica nei confronti di questa iniziativa e del suo autore, solidarizzando "senza pregiudizi di sorta" con Steinmair. Inevitabilmente Steinmair mantenne il suo incarico».
Il secondo al mese di novembre del 1992, dove «il consigliere provinciale Franz Pahl, durante una seduta del consiglio, elogiò e ringrazio la Wehrmacht per aver liberato il Sudtirolo ed aver così consentito la riapertura delle scuole in lingua tedesca. Interpellato dal settimanale "ff", ribadì il concetto è spiegò che la Wehrmacht era solo un esercito composto da persone innocenti ed inconsapevoli di quanto avveniva, che semplicemente obbedivano agli ordini impartiti. Le scuole, affermò, sono essenziali per il mantenimento della propria identità ed il fatto che vi venissero insegnati i fondamenti ideologici del nazismo era insignificante e inevitabile».
Le scuole [...] sono essenziali per il mantenimento della propria identità ed il fatto che vi venissero insegnati i fondamenti ideologici del nazismo era insignificante e inevitabile
Il recente ritorno alla ribalta della scuola tedesca a causa del casus belli sollevato dall'assessora comunale Johanna Ramoser riguardo alla proposta di introdurre test di ingresso per i "non sudtirolesi" a presunta salvaguardia della lingua - non specificando peraltro quale, visto che la lingua della Gemeinschaft sudtirolese non è lo Standarddeutsch ma il dialetto - ha suscitato più di una reazione di sorpresa. Ma è una reazione che può avere soprattutto chi non conosce la storia.
La scuola tedesca di oggi è l'evoluzione di quella di ieri. Ricostruita da un esponente di spicco del partito di raccolta sudtirolese già volontario dell'esercito nazista noto sia per il famoso slogan «je klarer wir trennen, desto besser verstehen wir uns» che per aver finanziato attraverso il suo assessorato, ovvero con soldi pubblici, un libro di apologia del nazismo scritto da un ex nazista sudtirolese. E che secondo le parole di un altro esponente di spicco del partito di cui sopra, aveva il compito di mantenere l'identità sudtirolese e pazienza se dopo la sua riapertura per merito della Wehrmacht insieme erano stati insegnati anche i fondamenti ideologici del nazismo. La stessa scuola dove poteva essere nominato preside di un liceo anche un reduce delle Waffen SS senza che il fatto avesse per lui una pur minima conseguenza.
Completando la citazione dell'articolo opera dello scrivente e richiamato in apertura, «L'impressione ben fondata è che una compiuta comprensione dell'assetto sociopolitico del Südtirol e delle sue dinamiche (spinte nazionaliste e secessioniste comprese) non possa prescindere da una altrettanto compiuta comprensione dei fenomeni del nazismo e dell'antisemitismo sudtirolesi - quest'ultimo soprattutto come concetto dell'altro da sé - e del peso e influsso che questi due fattori hanno costituito nella costruzione della società sudtirolese dal dopoguerra ad oggi».
In questo senso, il libro «Una giornata della memoria, 364 giornate dell'indifferenza» costituisce un contributo imprescindibile.
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