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La bocciatura di Felis? Una risposta alla ‘forzatura’ della sua nomina

L’università ‘di Bergmeister’ non ha accettato il diktat ma hanno perso entrambe le parti. La Lub per l’arroganza e il Pd per la debolezza e le vecchie logiche.

Logiche da vecchia politica. 
E’ questa la sensazione che prevale nei ‘palazzi’ a seguito della bocciatura della nomina di Andrea Felis alla vicepresidenza dell’Università di Bolzano
Da una parte una presidenza forte e decisionista come quella di Konrad Bergmeister (anche se non più fortissima come con Durnwalder), dall’altra la forzatura del Pd altoatesino per sostituire l’accomodante ingegnere Pietro Borgo con il molto più spigoloso dirigente scolastico Andrea Felis, accelerato anche da ‘spinte romane’.

Sui quotidiani oggi Felis esprime tutta la sua amarezza, lamentando soprattutto l’aspetto etnico dello sgarbo, esponendo però se stesso ed il suo partito ad una forte contraddizione, data la recente svolta interetnica del partito guidato da Liliana Di Fede. 
Dal canto suo Christian Tommasini lascia intendere che a Bergmeister recentemente potrebbero non essere piaciute le allusioni agli interessi del presidente della Lub nell’affare Benko.

E dalle parti di Kompatscher cosa si dice? 
Si dice che il Landeshauptmann non può che ribadire l’indipendenza della Lub e che la provincia è competente solo per la nomina dei componenti del consiglio dell’Università e non per la distribuzione delle cariche al suo interno. 

In definitiva nello scontro in atto gli aspetti ‘etnici’ sarebbero solo uno specchietto per le allodole. 
All’origine della bocciatura di Felis ci sarebbe il fatto che il Pd avrebbe imposto la rimozione di Borgo e la nomina di Felis. E che il nome del dirigente della Sovrintendenza Scolastica Italiana sarebbe pure scaturito da una battaglia interna non solo al Pd altoatesino, ma persino a quello nazionale. 

Alla bocciatura di Felis avrebbe contribuito la preoccupazione da parte di Bergmeister di non riuscire più a controllare l’ateneo attraverso un consiglio più di nome che di fatto. La Libera Università di Bolzano è infatti un ateneo molto particolare, in cui il presidente ha molto più peso del rettore. E forse i tempi sono ancora prematuri, nonostante la competenza specifica che Kompatscher ha voluto tenere per sé, per operare un forte cambiamento in merito. D’altronde il presidente della giunta di gatte da pelare ne ha parecchie ed ovviamente quella della vicepresidenza dell’università, fino a ieri in qualche modo ‘blindata per gli italiani’, non è certo una delle più importanti. 
Dall’altro lato c’è il Pd altoatesino in cui, dopo pochi mesi dalla sofferta nomina della segreteria e dopo la sbornia renziana delle europee, ora sono tornate le tensioni. Incentrate al 90% proprio sulle nomine, vecchio criterio per manifestare i rapporti di forza interni. 

Dulcis in fundo c'è il vicepresidente della provincia Tommasini, che nei giorni scorsi era stato accusato di invisibilità da parte del direttore del quotidiano Alto Adige Alberto Faustini. Guarda caso appena il vicepresidente della provincia ha aperto bocca per ravvisare in Bergmeister il conflitto d’interesse derivante dal rapporto professionale con Tunnel di Base e Benko, ha subito ricevuto in risposta la bocciatura di Felis. Votata all’unanimità dai sorridenti professori del consiglio dell’università.

“Tutto a posto e niente in ordine” era il titolo di un film uscito giusto 40 anni fa. Una battuta per dire che le dinamiche della politica locale a quanto pare rispettano vecchi meccanismi e schemi di potere. Quando matureranno, da una ‘parte’ e dall’altra, le condizioni per un cambiamento che possa essere alimentato, finalmente, dai tanto sospirati ‘contenuti’?