Le lingue a scuola devono unire
La mia prima figlia ha frequentato scuole tedesche, La mia prima moglie, di madrelingua tedesca, in casa parlava sempre tedesco e io italiano. Ora è perfettamente bilingue e non ha mai fatto difficoltà ad imparare le lingue. Il mio secondo figlio, la cui mamma non conosce il tedesco, ha frequentato scuole italiane e ha difficoltà nell'apprendimento della lingua. L'ipotesi di mandarlo alle scuole tedesche la ho scartata subito in quanto si sarebbe trovato in difficoltà perché, a quell'età, la lingua si impara più facilmente parlandola ed esercitandosi nel linguaggio comune.
Per le esperienze passate sapevo poi che in molti casi i bambini che non sanno la madrelingua vengono messi in apposite classi per rafforzare le conoscenze (mancanti) di base. Cosa che a quell'età non è molto "inclusiva". Del resto è ben comprensibile la difficoltà di un insegnante nel dover gestire un allievo che non conosce una parola della lingua di insegnamento. Questo vale sia per i cosiddetti "italiani" che per gli immigrati. È una realtà che la scuola attuale non sa affrontare con i pochi mezzi che ha.
Da un punto di vista di principio io capisco la posizione di Achammer che pretende di imporre una cura palliativa ad una malattia di base. Io concordo sul fatto che sia sbagliato, se in casa non si parla il tedesco, mandare i propri figli alla scuola tedesca con l'obiettivo di fargli imparare la lingua. Può diventare frustrante per il bambino che si può sentire ingiustamente escluso e sempre in affanno di dover raggiungere il livello degli altri.
Purtroppo molti genitori lo fanno comunque e non lo trovo giusto.
Il problema o meglio la malattia di base come la ho definita prima, è il sistema scolastico provinciale che è, secondo me, radicalmente da rivedere.
La lingua viene usata come spartiacque culturale invece di essere considerata solo una lingua. Credo che andrebbe rivisto totalmente il modello di insegnamento. Innanzitutto c'è da considerare il fatto che i figli di immigrati sono sempre più presenti nelle scuole e questi hanno bisogno di integrarsi a partire dalle lingue. Anche loro a casa mantengono la loro lingua d'origine, come è giusto che sia. Ma hanno il diritto di andare a scuola come alunni di serie A non sentirsi sempre malvoluti come traspare beatamente dalla posizione di Achammer. È fin troppo evidente che da parte della scuola tedesca si vogliano escludere italiani e stranieri perché tutto diventa più difficile. Alla fine va finire che tra loro parlano tutti in italiano perché è la lingua più facile. Questo non sta bene a molti. Con la questione del dialetto che è quasi una terza lingua, è giusto che imparino il tedesco scolastico.
Per qualche anno ho insegnato come esperto di laboratorio nelle scuole medie italiane. Era bellissimo vedere un insieme di bambini provenienti da diverse parti del mondo, tutti uniti, tutti uguali. Oggi la scuola è così, multietnica e inclusiva, una ricchezza se ben sfruttata. Eppure molti genitori, anche italiani, sentono la presenza degli stranieri come negativa.
Ma una scuola che sublima la lingua a modello culturale non potrà mai assolvere a questa funzione.
Secondo me sarebbe da sedersi al tavolo e discutere su un nuovo modello di insegnamento che veda le lingue come un mezzo e non come fine.
Per preservare la cultura e l'identità si possono trovare altre strade. Io sono di madrelingua italiana, ho fatto il liceo linguistico e conosco 4 lingue ma la mia cultura è altoatesina. La mia Heimat (lo scrivo in tedesco perché in italiano non c'è una corrispondenza esatta) è L'Alto Adige o il Südtirol, poco importa come lo vogliamo chiamare.
Ma oggi dobbiamo aprire gli occhi e guardare la realtà del nostro tessuto sociale, del fenomeno migratorio e la nostra terra deve diventare la Heimat per tutti coloro che ne hanno diritto.
Invece nel 2023 siamo qui a dividere, a separare i giovani invece di integrarli.
Fate un giro a un qualsiasi parco giochi bolzanino, sentirete quante lingue si parlano, non solo italiano e tedesco. A molti spaventa questo. Soprattutto l'integrazione spaventa una parte politica che ha sempre fatto della divisione etnica il proprio modo di esistere, da ambo le parti.
Chiudo con un triste aneddoto. Quando mio figlio frequentava l'asilo c'era un parco giochi in condivisione con l'asilo tedesco. Ma una transenna impediva ad bambini italiani di giocare con i tedeschi quelle volte che le pause coincidevano. Ecco questa è la nostra triste realtà.
Servono più fondi per le scuole perché possano ovviare alle necessità di oggi. Imparare l'italiano bene, imparare il tedesco bene. Senza trovarsi a dover fare scelte che per i bambini siano penalizzanti. È un diritto per tutti i gruppi etnici che popolano la nostra provincia. Tutto parte dalla scuola, non solo la lingua anche la mentalità e la cultura.
Noi partiamo sempre dal
Noi partiamo sempre dal presupposto che le scuole non abbiano soldi ma non è la verità. Anni fa soprattutto le scuole di questa provincia ne avevano parecchi. Se non si è voluto affrontare il problema è stata solo mancanza di volontà.
Torno a dire: noi potevamo essere a livello europeo un vero modello di inclusione e soprattutto nella didattica delle lingue.
Non siamo stati capaci, non vogliamo ancora adottare modelli più innovativi, e adesso i tempi diventano più difficili. L'unica cosa che rimane da cinquant'anni a questa parte sono le transenne.
"Alla fine va finire che tra
"Alla fine va finire che tra loro parlano tutti in italiano perché è la lingua più facile." Parlano tutti italiano perché in provincia esiste un'unica versione di questa lingua. Parlare tedesco con i compagni vorrebbe dire parlare dialetto, che non è la lingua che si parla in classe (almeno non lo dovrebbe essere!). Si impara e parla solo crescendo e vivendo all'interno di una comunità sudtirolese. Il noto linguista veneto Alberto Mioni sosteneva poi che non esiste una lingua più facile di un'altra.
In risposta a "Alla fine va finire che tra di Liliana Turri
Parlano italiano perché bene
Parlano italiano perché bene o male è la lingua più conosciuta, per quello è più facile.
"Alla fine va finire che tra
"Alla fine va finire che tra loro parlano tutti in italiano perché è la lingua più facile." Parlano tutti italiano perché in provincia esiste un'unica versione di questa lingua. Parlare tedesco con i compagni vorrebbe dire parlare dialetto, che non è la lingua che si parla in classe (almeno non lo dovrebbe essere!). Si impara e parla solo crescendo e vivendo all'interno di una comunità sudtirolese. Il noto linguista veneto Alberto Mioni sosteneva poi che non esiste una lingua più facile di un'altra.
Io penso che noi - anche se
Io penso che noi - anche se mi sembra sempre strano dire noi, essendo mia madre non italiana, né tedesca né ladina- noi, diciamo, parlanti italiani, siamo cresciuti totalmente inconsapevoli della nostra identità. Come dimostra il fatto che usiamo Heimat anziché "patria", e non si capisce perché. Patria non è certo una brutta parola, anche perché si richiama se vogliamo a un legame parentale (Pater) non di suolo (Heim). Ma abbiamo talmente interiorizzato il nostro "bisogno di adeguarci" da avere persino timore a usare le parole. Come sempre inizio l'anno scolastico con una lezione sulle origini della lingua italiana, e delle lingue nella nostra provincia. Nessuno sa quali fossero le lingue autoctone in Sudtirolo. Allora, dico solo, nel massimo rispetto di tutti, cerchiamo di avere anche rispetto per noi stessi e per la lingua che parliamo. Abbiamo imparato anche le altre. Quindi è giusto chiedere di vivere in un contesto civile dove tutte le culture - e i linguaggi - abbiano diritto di esistere.
In risposta a Io penso che noi - anche se di Simonetta Lucchi
Il termine Heimat non ha una
Il termine Heimat non ha una sua traduzione esatta. Può cercare di diverse fonti in rete e non. Heimat è qualcosa di diverso da patria che in tedesco si traduce come Vaterland. Patria e Heimat possono essere due luoghi diversi. Non deve considerare la mera etimologia ma il significato esteso.
Le consiglio questa lettura https://iris.univr.it/handle/11562/337831
Die Sprache, die einigt, wäre
Die Sprache, die einigt, wäre demnach dann wohl eine eigene Südtiroler Plansprache, eine neues Esparanto.
Wenn ich es richtig verstehe, geht es aber darum in Südtirol ein einheitliches Schulsystem für Deutsche und Italienerinnen zu schaffen, in dem ein stark asymmetrischer Immersionsunterricht zur Anwendung gelangt: Ein Großteil der Fächer müsste auf Deutsch, einige wenige auf Italienisch unterrichtet werden, und zwar für alle.
Vgl.a: https://www.brennerbasisdemokratie.eu/?p=77373
In risposta a Die Sprache, die einigt, wäre di △rtim post
Anch'io non ho ben capito
Anch'io non ho ben capito quale sistema bilingue si vorrebbe creare. Io sarei d'accordo per principio, ma un tale sistema andrebbe spiegato nel dettaglio. Non ha senso che più materie venissero insegnate in tedesco e meno in italiano ( ma chi l'ha proposto ?) ma, quali in tedesco e quali in italiano? Tenendo conto della carenza di insegnanti che parlano tedesco, ma, soprattutto, che dovrebbero parlare un tedesco assolutamente corretto e sempre, in ogni momento, a scuola? Lo stesso vale per l'italiano ovviamente. Perché in ogni disciplina bisogna valutare l'aspetto espressivo/linguistico, non solo in Italiano e Tedesco.
E quali requisiti chiediamo ai docenti, ai bidelli, ai segretari? E i dirigenti scolastici, gli ispettori, gli intendenti, quale gruppo linguistico di appartenenza devono dichiarare? Non è per niente facile creare una scuola bilingue, soprattutto nel nostro territorio.
In risposta a Anch'io non ho ben capito di Simonetta Lucchi
Consideri che qui abbiamo
Consideri che qui abbiamo tutto doppio. Per cui le risorse ci sarebbero. Una scuola unica non italiana e non tedesca. Sul modello ladino.
In risposta a Consideri che qui abbiamo di Walter Donegà
Sig. Donega', sono di ruolo
Sig. Donega', sono di ruolo nella scuola ladina dal lontano 1998, ho fatto esami e concorsi in queste scuole e in quelle italiane, penso una ventina se non più. Il modello ladino, così com' è al momento, sarebbe semplicemente impossibile da applicare a tutto il territorio. Se vogliamo un sistema paritetico, e va bene, andrebbe pensato molto attentamente e nel dettaglio.
Poi Le dico che non abbiamo tutto doppio, abbiamo tutto triplo, e da decenni, con relative spese.
Ma proprio per questo occorre valutare molto bene la scuola che vogliamo, e, mi creda, il problema delle risorse è quasi secondario.
In risposta a Consideri che qui abbiamo di Walter Donegà
Una scuola unica per tutti
Una scuola unica per tutti con insegnamento bilingue più lingua straniera, non avrebbe possibilità di consenso. C'è una parte di popolazione che non accetterebbe mai quella che con disprezzo chiama la "Mischkultur". L'articolo 19 dello statuto del resto credo non sia modificabile. Chiedere invece, come hanno fatto i Verdi, un terzo percorso formativo bilingue su richiesta di un sufficientemente consistente numero di genitori, è la via da percorrere.
In risposta a Una scuola unica per tutti di Liliana Turri
Non dico che la strada sia
Non dico che la strada sia facile. Dico che è necessario creare un nuovo percorso. Non ho la soluzione in tasca, ci mancherebbe. Serve un tavolo condiviso e trasversale che punti a trovare delle proposte finalizzate alle esigenze pedagogiche moderne. Rimanere attaccati ad un percorso anacronistico non è comunque la soluzione.
In risposta a Non dico che la strada sia di Walter Donegà
Non è quello il problema, Sig
Non è quello il problema, Sig. Donega', è che queste stesse cose le dicevamo nel 1979. Stessi discorsi, con Alexander Langer, al Monopolio tabacchi, nelle infinite riunioni scolastiche, sulla stampa, al consiglio comunale, nei cortei, nei volantini Chi lo ha vissuto e ha vissuto il resto dei suoi anni a portare nella scuola ogni tipo di percorso bilingue e plurilingue penso sia comprensibile che non possa pensare che queste siano novità o vie risolutive. E a chi consiglia un modello scolastico come vincente consiglio vivamente di provarlo prima di persona,
In risposta a Anch'io non ho ben capito di Simonetta Lucchi
Il sistema di base dovrebbe
Il sistema di base dovrebbe essere quello della scuola ladina, penso. E comunque non per tutti, ma solo per i genitori che lo richiedono. Rimarrebbero anche gli altri due sistemi scolastici esistenti, quelli, diciamo così, monolingue. Nessuno viene privato dell'insegnamento nella sua lingua. Questa è più o meno la proposta presentata più volte dai Verdi in consiglio provinciale. Si può leggere la relativa mozione sul sito della provincia. Quale lingua verrà usata nelle diverse discipline potrà essere definito, insieme ad altri dettagli, una volta approvata la mozione, suppongo. Mi pare esistano esperti all'interno dell'EURAC che potrebbero diventare membri di commissione, ci sono anche esempi di scuole bi- plurilingue europee che potranno essere un esempio con i dovuti adattamenti. Se viene approvata la mozione credo che i mezzi si possano trovare. Mi sembra sia stato scritto in un precedente commento che i mezzi per la scuola non è vero che manchino.
In risposta a Il sistema di base dovrebbe di Liliana Turri
Veramente troppo, troppo
Veramente troppo, troppo generica la proposta Liliana, questa mia opinione l'ho già espressa più volte.. E mi dispiace perché io sulla scuola bilingue insisto da quarant'anni. A questo punto sarebbe meglio , e rimane la mia ferma opinione, una Scuola Europea o una International School, che hanno dei riferimenti normativi ben precisi e sperimentati a livello internazionale. A mio avviso i tempi sarebbero maturi per queste esperienze, tenendo anche conto che progetti, percorsi , scuole bilingui li abbiamo in vari modi da quarant'anni.
Un'altra cosa a cui nessuno
Un'altra cosa a cui nessuno sembra porre attenzione è che la scuola tedesca oggi è preferita da molte famiglie italofone (dove includo anche gli stranieri che usano l'italiano per comunicare) anche per il suo approccio didattico molto diverso da quello della scuola italiana.