“Con il Pd abbiamo chiuso”

Aveva lasciato il Pd lo scorso luglio insieme ad altri 3 membri del movimento giovanile di centrosinistra indipendente Stedy - South Tyrolean European Democratic Youth, Gianluca Da Col, deluso da un partito fermo sulla scacchiera delle sue posizioni inconciliabili. Il giovane outsider ora guarda alla scena politica, dopo le dimissioni di “re Gigi III”, da una distanza di sicurezza pronta, tuttavia, per essere accorciata quando l'occasione sarà propizia.
salto.bz: Da Col, lei e gli altri giovani di Stedy siete stati sinistramente profetici nel voler abbandonare la nave prima del noto showdown politico…
Gianluca Da Col: Sì, credo che la vicenda politica bolzanina abbia messo in luce la distruzione del centrosinistra di cui il Pd, insieme all’ex primo cittadino Luigi Spagnolli, sono i principali responsabili. Non si può essere un partito del rinnovamento se si candida un sindaco al terzo mandato che ha procedimenti penali in corso e non credo affatto a chi insisteva nel dire che Spagnolli era l’unico a poter garantire una stabilità nel capoluogo, perché non c’è mai stata la volontà politica di trovare reali alternative. Il partito ha dimostrato di non avere coraggio, e dunque non può lamentarsi dei risultati negativi ottenuti. Non è stato presentato un programma chiaro per la città e si è ammiccato troppo alla destra, per non parlare del connubio con la lista di una ex leghista pentita, quella di Elena Artioli che ha compromesso di fatto tutte le possibilità di trattativa successive. Tutte cose che avevamo detto 6 mesi fa e che non sono state ascoltate.
Dunque nessun rimpianto circa la decisione di uscire dal partito.
Assolutamente nessuno e credo di parlare a nome di tutti i fuoriusciti dal Pd quando dico che sicuramente non ritorneremo in un partito che sia a livello nazionale sia locale ha subito una mutazione genetica clamorosa, stretto fra veti incrociati e attraversato da troppe correnti.
Significa che il Pd ha perso credibilità o può sperare di essere ancora il partito di riferimento dell’area di centrosinistra?
Allo stato dei fatti sarà difficile risolvere la situazione, il Pd deve ricominciare a fare politica dal basso, trovare davvero un programma condiviso con tutte le forze della sinistra e del centrosinistra e fare delle primarie aperte di coalizione, e non di partito, per scegliere il candidato sindaco. Ma non credo che questo al momento sia possibile, visto che sulla questione primarie il partito è già diviso.
Bizzo e Tommasini però, per il momento, sembrano aver seppellito l’ascia di guerra.
Così sembra. Ho letto della volontà di Tommasini di organizzare una “Leopoldina”, ma mi sembra un tentativo estremo e fuori tempo massimo per salvare il salvabile e per non lasciare la città alla destra.
E a proposito di destra, la Lega sta già facendo campagna elettorale nei quartieri, Casapound ha cominciato con il presidio fisso ai Piani, non c’è il rischio che la sinistra rimanga indietro? Del resto l’avanzata della destra populista non è cosa da sottovalutare, Vienna docet.
Se a destra riescono a trovare la quadra e a proporre un cartello elettorale che vada da Urzì a Bonazza, credo sarà molto difficile per il centrosinistra vincere. La destra riparte dalla gente, va nei quartieri, parla con i cittadini e dà delle risposte, da parte mia naturalmente non condivisibili, ma almeno le fornisce.
Cosa che la controparte non fa, insomma.
La sinistra tradizionale, la cosiddetta socialdemocrazia, dall’Austria all’Italia, è completamente appiattita sulle posizioni dei partiti del centrodestra, è chiaro dunque che la base non sia più disposta a seguirla.
Esiste una questione generazionale nel Pd?
Quando abbiamo fondato Stedy volevamo implementare una politica dal basso che fosse innovativa in base ai contenuti e non all’età. Se la questione generazionale nel Pd significa “arruolare” giovani che annuiscono a tutto allora siamo fuori strada. Io, ad esempio, ero contrario sul meccanismo di nomina della nuova segreteria. Si è sciolta la precedente senza motivi apparenti e Liliana Di Fede ha conservato il suo posto da segretaria nominando le persone a lei più vicine, ma non è così che si rinnova il partito. Non dubito che persone come Christian Schatzer restino nella segreteria perché credano veramente nel Pd, ma, per usare una metafora, non si può guarire un malato terminale con un’aspirina.
Cosa ne pensa dell’idea del giovane Jakob Brugger di mettere insieme una lista civica interetnica? Dalle parti della Svp, evidentemente, qualcosa si muove controcorrente.
Il punto è che la gente è stufa dei partiti, da quando sono uscito dal Pd ho fatto, nel mio piccolo, ho fatto molta più politica attiva di quanta ne facessi prima. Ho i miei dubbi su queste liste civiche che spesso sono pilotate dal politico di turno e che quindi non sono sempre un esempio di democrazia.
Come se ne esce allora? Lei stesso lo scorso luglio aveva detto che se il Pd si sposta sempre di più verso il centro resta libero uno spazio a sinistra che va riempito.
Seguo con interesse tutto quello che succede a livello nazionale, ho osservato da vicino anche la formazione del movimento Possibile in Trentino Alto Adige. C’è fra molti di noi la voglia di tornare in pista attivamente, ma bisogna considerare la cosa attentamente perché la sinistra non ha bisogno di un altro mini-partito ma di un reale progetto unitario.
Una prospettiva utopica?
Mi auguro di no, almeno noi giovani dobbiamo restare positivi.
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