75 anni di carta
Il 21 marzo del 1946, nelle edicole di tutta la provincia di Trento, compare una nuova testata: è quella del quotidiano Alto Adige, fondato a Bolzano una decina di mesi prima, all’indomani della liberazione, da una cooperativa di giornalisti e di tipografi sotto l’egida del CLN. Il panorama nel quale viene a inserirsi questa nuova iniziativa editoriale è quanto mai frastagliato. A Trento c’è, innanzitutto, un altro quotidiano che si richiama direttamente all’esperienza del CLN ovverossia il Corriere Tridentino. Quasi contemporaneamente alla nascita dell’edizione trentina dell’Alto Adige si realizza, il 16 giugno del 1946, la nascita di un altro quotidiano, il Popolo Trentino, di area cattolica, che acquista da quel giorno cadenza quotidiana anziché settimanale. Cambierà nome nel 1951 e con la testata de L’Adige acquisterà anch’esso una dimensione regionale aprendo una redazione a Bolzano.
Con la scomparsa de Il Corriere Tridentino destinato a chiudere i battenti, sempre nel 1951, la situazione della stampa nella regione Trentino Alto Adige finisce per acquistare una fisionomia che manterrà, immutata, sin quasi ai giorni nostri. Nelle edicole si confrontano quindi L’Adige, quotidiano cattolico sempre più legato politicamente alla DC, diretto dal 1946 al 1977 da Flaminio Piccoli. Di fronte l’Alto Adige, che, sempre in quel fatale 1951, passa definitivamente sotto il controllo di uno solo tra i componenti del gruppo che lo aveva fondato e controllato nei primi anni di vita: il commerciante trentino Servilio Cavazzani, di simpatie repubblicane, ma che mira a presentarsi come un editore puro.
Sono i decenni nei quali se a Bolzano l’Alto Adige si pone come l’intransigente difensore degli interessi della comunità italiana nell’incipiente crisi etnica che culmina nella rottura traumatica della prima autonomia regionale e nell’esplodere del fenomeno terroristico, a Trento la situazione si profila in modo assai diverso. L’Adige è lo strumento di informazione utilizzato per raccogliere il consenso attorno al potere democristiano che governa in solitudine l’intera provincia. L’Alto Adige raccoglie i suoi lettori in tutta l’ampia fascia che va da coloro che si ispirano alla tradizione laica e liberale sino ad una sinistra moderata.
Non mancano naturalmente altre voci giornalistiche in un’epoca nella quale ai giornali quotidiani e alla stampa periodica è demandato, quasi in esclusiva, il compito di orientare e formare l’opinione pubblica ma i due giornali sopra citati raccolgono la quasi totalità della diffusione e della lettura.
È uno schema che viene a rompersi abbastanza bruscamente nel corso degli anni 70. Il 10 ottobre del 1971 Cavazzani annuncia di aver venduto l’Alto Adige ad un gruppo editoriale nazionale facente capo a Carlo Caracciolo. Nel giro di pochi anni ci sono altri passaggi di proprietà sino a quando, nel 1976, il giornale finisce per far parte del gruppo Rizzoli che sta costituendo un impero editoriale di cui fa parte anche il Corriere della Sera.
In parallelo matura la profonda crisi editoriale de L’Adige che esce definitivamente dall’orbita democristiana nel 1981, per essere acquistato qualche mese dopo dall’editore Gelmi di Caporiacco.
Nel frattempo è continuata la girandola delle compravendite del quotidiano Alto Adige che, dopo il clamoroso fallimento del gruppo Rizzoli, travolto dallo scandalo della P2, torna per un breve periodo ad essere gestito da un gruppo di imprenditori della regione per poi entrare, sul finire degli anni 80, nel novero delle testate regionali gestite dal gruppo Espresso Mondadori.
A questo punto, nel Trentino, la situazione in cui si trovano, l’un contro l’altro armati, i quotidiani presenti sulla piazza si presenta radicalmente cambiata, come è mutata del resto la realtà politica e sociale che i giornalisti si trovano a dover raccontare. L’antica divisione tra mondo cattolico e mondo laico si è persa con il passaggio dalla prima alla seconda Repubblica e con un’articolazione completamente differente della società. I due giornali si sforzano di raccontare al meglio quel che hanno di fronte ma lo fanno spesso partendo dallo stesso punto di vista.
Nel 2002 una novità di rilievo ancorché di carattere formale. L’edizione trentina de l’Alto Adige cambia nome e nasce quindi un giornale chiamato Il Trentino. All’epoca la scelta viene giustificata con la necessità di ancorare maggiormente il prodotto giornalistico alla realtà locale poiché si pensa che i lettori di Trento e della provincia vedano con distacco un quotidiano la cui testata richiama un’altra realtà geografica e politica. È un ragionamento, a modestissimo parere di chi scrive, assolutamente privo di consistenza. Innanzitutto a Trento un quotidiano chiamato Alto Adige è esistito addirittura già negli ultimi decenni dell’ottocento. Prendeva il nome dal brevissimo esperimento politico dell’area napoleonica per richiamarne i valori di riscossa liberale. In secondo luogo per decenni l’Alto Adige ha significato qualcosa per tutti i lettori trentini, un’abitudine, una scelta, un modo di informarsi.
Ma tant’è. I manager decidono e attuano le loro strategie. Per vent’anni si è andati avanti in questo modo, in un mondo nel quale l’abitudine alla lettura del quotidiano sembra essere legata sempre più a considerazioni anagrafiche. In tempi recenti si verifica il rivolgimento più massiccio negli assetti proprietari dell’editoria regionale, sin dai tempi dell’immediato dopoguerra. La casa editrice Athesia compra dapprima i quotidiani Alto Adige e Trentino e poi, nel giro di qualche mese anche L’Adige. A Trento si realizza così il paradosso di un unico editore che manda in edicola ogni giorno due quotidiani che si fanno concorrenza ma che, in effetti, non possono ambire a coprire fasce diverse di mercato. Nonostante le formali assicurazioni date a suo tempo sul mantenimento di tutte le testate acquisite dal gruppo di Bolzano, le voci su una possibile chiusura dell’anello più debole di tutta la catena, costituito purtroppo da Il Trentino si fanno sempre più insistenti. Poche settimane fa quello che viene presentato come un semplice riassetto a livello proprietario e cioè la riconduzione di tutte le realtà editoriali sotto un’unica veste non è che l’antefatto di quanto è stato annunciato venerdì. Il Trentino scompare dalle edicole.
Nella speranza che i risvolti occupazionali nella vicenda siano il meno gravi possibile, resta una profonda amarezza per una storia che finisce dopo oltre settant’anni, per una voce che si tace dopo aver raccontato, giorno per giorno, quello che il Trentino è stato e quello che il Trentino è.