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Clamorosə: corpi, linguaggi, lotte

Alla Libreria Cappelli arriva Clamorosə, rivista transfemminista nata al Cassero di Bologna: tra schwa, corpi emarginati e archivi queer, racconta il desiderio di creare spazi radicali, intersezionali e concreti per una nuova narrazione collettiva.

Clamorosə, la rivista transfemminista del Cassero
Foto: Clamorosə, la rivista transfemminista del Cassero. https://lafalla.cassero.it/clamoros/
  • Anche a Bolzano si parla di lei. Quella che manda in tilt politici e opinionisti, che fa tremare le tastiere e incendia i commenti: la schwa, ə. C’è chi la teme, chi la esige, chi pensa che deturpi la lingua italiana e chi non prova nemmeno a pronunciarla. Eppure, Clamorosə la mette lì, in copertina, senza chiedere il permesso. Una scelta linguistica ma soprattutto politica, una dichiarazione d’identità e un invito a disimparare il già noto. Alla Libreria Cappelli si presenta Clamorosə, rivista transfemminista, e si inizia con una domanda molto semplice: che cos’è Clamorosə?

    Per spiegarlo prima dobbiamo fare un passo indietro e raccontare molto breveemente il contesto in cui nasce questo periodico o meglio - come lo chiamano le stesse organizzatrici - questo “coso di carta”. A metà tra un saggio, un albo illustrato e una raccolta di testimonianze queer, Clamorosə nasce all’interno del Cassero di Bologna.

    Per chi non lo sapesse - come me fino a pochi giorni fa - il  Cassero ed è uno dei primi centri LGBTQIA+ italiani e nasce a Bologna nel 1977. Per la comunità è uno storico baluardo di cultura, attivismo e autodeterminazione e attraverso gli anni è diventato nel tempo un punto di riferimento nazionale per le battaglie transfemministe e queer. In questo contesto nasce La Falla, testata online lanciata nel 2014: un magazine libero e provocatorio, che racconta la realtà con occhi decentrati e linguaggi altri. E da La Falla, nel 2022, prende vita anche la rivista cartacea Clamorosə.

  • «Un progetto collettivo, militante, transfemminista, queer, anticapitalista, antifascista e intersezionale» 

    Così la definisce una delle redattrici. L’idea nasce nel 2022 post Covid, all’interno della redazione de La Falla, con la voglia di creare qualcosa che restasse, che si potesse toccare concretamente con mano. “Abbiamo voluto creare fisicamente un giornale che fosse anche strumento di analisi politica e culturale”, spiegano.

    La necessità di creare Clamorosə nasce - come molti di questo tipo di progetti di autodeterminazione - da una frustrazione: quella di non trovare spazi editoriali dove poter raccontare in modo radicale, non mediato, le soggettività queer e le istanze transfemministe.

    «Abbiamo iniziato facendo tutto da noi, autofinanziandoci, scrivendo, impaginando. È un progetto senza pubblicità e senza sponsor, che vive di donazioni libere».

    Il nome della rivista è, anche quello, una dichiarazione d’intenti: Clamorosə, con la schwa finale, è una parola che non esiste nel linguaggio e nell’idea comune, come molte delle soggettività di cui scrivono. Durante la serata, si raccontano le sfide e le gioie della costruzione dei primi tre numeri: dalla call pubblica per i contributi, all’organizzazione nel concreto; dalla spinosa scelta tematica di ogni uscita, all’importanza della cura nel processo editoriale.

    I numeri della rivista si dividono per argomenti ed ogni numero raccoglie le testimonianze scritte ed illustrate di moltissimi contribuenti provenienti da ogni ambito.

    Il numero zero di Clamorosə è una dichiarazione d’amore e resistenza, una celebrazione dei quarant’anni del Cassero e della sua storia intrecciata con quella della controcultura queer transfemminista italiana. Una storia fatta di lotte, momenti bui e conquiste collettive. Tra archivi, memoria e desideri futuri, il numero ripercorre le tappe fondamentali del movimento transfemminista, raccontando una sottocultura viva, che si trasforma e si muove per i diritti.

  • Foto: La rivista clamorosə, numero 0; https://lafalla.cassero.it/clamoros/
  • Il numero uno, invece, si concentra su un altro tema cruciale: il linguaggio e il concetto di (s)definizione. La redazione lo affronta come se stesse costruendo un vero e proprio glossario delle parole che ci attraversano, che cambiano nel tempo e che ci cambiano. Con il linguaggio, evolve anche il modo in cui abitiamo il mondo. Ed ecco che torna la schwa, simbolo linguistico e politico al centro del dibattito. Anche all’interno del transfemminismo non esiste un’opinione univoca; c’è chi la utilizza con convinzione, chi preferisce gli asterischi, chi sceglie il femminile sovraesteso come risposta storica a secoli di predominio del maschile universale.

    Ogni scelta linguistica è anche una presa di posizione e proprio per questo ogni dibattito sul linguaggio è un’occasione preziosa per ripensare la lingua come spazio politico. Non tanto — o non solo — in nome dell’inclusività, concetto su cui la stessa redazione esprime delle riserve più che sensate: includere, dopotutto, è come dire “c'è chi sta dentro e chi sta fuori”. Ma l’obiettivo è più radicale. Immaginare una società davvero orizzontale, dove non sia più necessario parlare di inclusione, perché nessunə è ai margini.

    Ed è proprio per questo che il linguaggio è il primo tassello su cui si fonda la società, perché con le parole viene plasmata la realtà sociale e politica che ci circonda. E se una società non è capace di accettare una nuova lettera o la naturale evoluzione della lingua, come può comprendere e accettare ciò che è “altro” rispetto a quella che per secoli è stata considerata la norma dominante? Se inciampa davanti a un misero segno grafico, come potrà mai accogliere identità e vissuti che ne mettono in discussione le fondamenta?

  • Foto: Rivista Clamorosə, volume 1; https://lafalla.cassero.it/clamoros/
  • Il secondo numero di Clamorosə è dedicato ad un tema che vive a metà tra il pubblico e l’invisibile, cioè il corpo. Non il corpo in senso personale, bensì una sorta di mappatura, di costellazione di corpi possibili. Corpi che resistono, che cambiano, che parlano, che subiscono e che si raccontano. L’idea è nata in redazione dopo mesi di confronto, visto che era un tema di dimensioni bibliche e al tempo stesso molto personale ed intimo. Da dove iniziare a parlare del corpo? Da quali prospettive? La risposta è arrivata dalla consapevolezza che il corpo è il primo punto di contatto con l’altro, il primo luogo di esposizione e, spesso, per le minoranze, il primo bersaglio dell’oppressione. Qualunque sia la lettera dell’acronimo LGBTQIA+ in cui ci si riconosce, il corpo è la prima parte della persona ad essere attraversata da discriminazioni e giudizi, ma anche dalla possibilità di autodeterminazione. Come diceva Michela Murgia, il corpo diventa un campo di battaglia per noi, e per gli altri - purtroppo.

    Il lavoro nella redazione di Clamorosə si è nutrito delle esperienze personali dei contribuenti. Il corpo, per Clamorosə, non è un concetto ma una materia viva, attraversata da età, abilità, desideri, traumi, orgoglio. Si è discusso molto, ad esempio, della rappresentazione dei corpi anziani, spesso dimenticati nel dibattito queer contemporaneo. Una delle capo redattrici racconta come, a 46 anni, si sia accorta dell’assenza di questa tematica nelle riunioni e di quanto l’ageismo (la pratica comune di discriminare una persona a causa della sua età) – resti anche dentro le comunità LGBTQIA+ un nodo poco esplorato. Parlare del corpo significa anche questo: portare alla luce ciò che resta ai margini, nominare ciò che non viene detto, interrogare le nostre stesse omissioni.

    Ogni articolo nasce dall’intersezione tra vissuti e competenze: se si parla di disabilità, a scriverne è chi vive quella condizione; se si affronta il tema della scuola, si parte dall’esperienza concreta di chi la attraversa ogni giorno. Alcuni contributi arrivano da persone interne alla redazione, altri vengono proposti a chi, per formazione o vissuto, può offrire uno sguardo autentico e posizionato. Non sempre le risposte sono positive, a volte un pezzo salta, a volte arrivano contributi inaspettati. Ma è proprio in questa spontaneità e molteplicità che il progetto trova la sua forza.

    L’obiettivo non è mai dare una visione univoca, ma offrire una mappatura - per quanto  imperfetta - in continua espansione dei corpi che abitano il nostro presente. Ogni testimonianza è solo un esempio fra molti possibili — ed è in questa pluralità che si costruisce una narrazione collettiva e radicale.

    “Volevamo rispondere a modo nostro: con testi, illustrazioni, contributi che parlassero di corpi resistenti, dissonanti, marginali. Di corpi che non vogliono più essere interpretati, ma che si raccontano da sé.”

  • Foto: La rivista Clamorosə, volume 2; https://lafalla.cassero.it/clamoros/
  • Per leggere Clamorosə e supportarne la diffusione si può acquistare la rivista contribuendo al progetto con una piccola donazione direttamente sul sito:
    🔗 lafalla.cassero.it/clamoros

     

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