Cultura | RECENSIONE

Somewhere in East Europe

Lo spazio d'arte Kunsthalle Eurocenter Lana propone fino al 25 settembre la mostra itinerante In Their Eyes …

Uscita MeBo Merano sud, zona industriale Lana, dopo alcune rotonde si raggiunge il complesso dell'Eurocenter. Auto-muniti, o a piedi, si salgono due ripide rampe del parcheggio multi-piano per trovarsi di fronte allo spazio espositivo. Grandi aperture consentono la visuale sul panorama circostante. Le nostre montagne non sono aliene al tema che fa da filo conduttore alla mostra in quanto anch'esse sono parte di quel territorio di confine che è l'Alto Adige-Südirol. In Their Eyes... difatti indaga le realtà delle terre di confine dell'Alto Adige-Südtirol, del Sudetenland (tra Cechi e Tedeschi) e dell'Istria (tra Croati e Italiani).


I confini, limiti che definiscono un di qua e un di là, quasi sempre separano comunità e in senso più ampio culture vicine, imparentate tra loro. Confine è spesso sinonimo di forzature legate al concetto di stato-nazione che non tiene conto delle identità locali. Nel corso dei secoli e dell'avvicendarsi degli avvenimenti storici i confini si sono spostati e di conseguenza il di qua è diventato un di là comportando scontri, violenze, soprusi, deportazioni ed espropri.

Una serie di piedistalli scuri con piano di appoggio orizzontale retroilluminato espongono rispettivamente sei calici di vetro verde in stile floreale, una coppa da punch, ma il terzo rimane vuoto. L'opera „after the Germans“ di Miroslav Hašek, nonostante la sua apparente freddezza da espositore museale ottocentesco, ci trasporta automaticamente in un salotto di altri tempi. I calici difatti provengono dalla casa della nonna dell'artista. Tuttavia la coppa rappresenta un oggetto della memoria, un oggetto andato perduto quando la nonna, a causa dello spostamento di confine dopo la seconda guerra mondiale, dovette abbandonare la propria casa e i vicini Cecoslovacchi si impossessarono della coppa, non gliela resero mai. Per la mostra Hašek ha fatto riprodurre la coppa, il terzo piedistallo vuoto sta a simboleggiare il fatto che la storia rimane incompleta perché l'originale è andato perduto.

Proseguendo il percorso inciampiamo in due robot-macchinine che seguono dei tracciati incollati al pavimento, tali percorsi a uno sguardo più attento si rivelano delle curve di livello che rappresentano un paesaggio montano e un fondovalle. Richard Loskot, anch'egli originario del Sudetenland, ha notato come i Tedeschi della zona abitavano le alture, alla macchinina che rappresenta la comunità tedesca è appeso un palloncino che reca la scritta „from heights we see distant horizons – other ideas“, mentre il palloncino che interpreta lo spirito della comunità ceca, che abitava il fondovalle, riporta la scritta „Rivers connect us in lowlands and then flow to us – other ideas“. Due modi, il fondovalle fluviale e l'altura per aprirsi a nuovi orizzonti. Suggestivo l'accostamento dell'opera di Loskot a una fotografia formato parete stampata su tela di Stefano Cagol. Per il suo progetto “The end of the border (of the mind)” ha viaggiato per l'Europa segnando i confini tra nord e sud. Con un potentissimo faro allo xenon ha attraversato i confini con un fascio luminoso, come la luce del sole (o della luna) che non si ferma di fronte a doganieri di alcun genere.


Un armadio dallo stile retro ci invita ad aprirne un'anta. Al suo interno Hannes Egger ha posto una sedia, uno specchio, un microfono e un registratore. I visitatori hanno la possibilità di rispondere, protetti dalla capsula temporale, in totale anonimità ad alcune domande riguardo alla loro identità culturale e linguistica, alla loro memoria storica personale. Qual'è stato il primo contatto con una lingua straniera di cui si ricorda […]

Michaela Thelenová nella sua serie di fotografie ci porta nell'ambiente post industriale della Boemia del nord. In „At the end of the world“ l'artista cerca di cogliere lo spirito delle varie persone che hanno abitato la casa di una persona cresciuta nel Sudetenland e successivamente deportata in Germania. Dopo di lei quante altre persone hanno goduto di quel particolare sguardo che dalla cucina da sul giardino? L'intimità domestica di un luogo è stata forzatamente donata ad altri proprietari, un po' come la coppa da punch di Hašek.

Concludiamo con la grande fotografia minimalista “Somewhere in east Europe” di Igor Eškinja. L'interpretazione è semplice e lineare quanto è precisa e nitida la stampa, tuttavia la scritta è generata dall'ombra di un intaglio fatto su un tavolo sorretto da due cavalletti. Per molti di noi europei occidentali fatti, luoghi e culture dell'est Europa si trovano in un di là vago, ombroso, non definito di cui spesso conosciamo poco, somewhere per l'appunto.

I due curatori Camilla Martinelli e Michal Koleček hanno invitato in tutto dieci artisti per esprimere le varie posizioni dei tre territori di confine e di conseguenza delle sei culture di appartenenza.

Kunsthalle Eurocenter Lana questo fine settimana, sabato 17 e domenica 18, sarà luogo della mostra inside Lottozero con seguente sleep-concert in collaborazione con Transart. Alessandra Tempesti (sound artist Gea Brown) insieme ad Arianna e Tessa Moroder ci offrono prima una mostra (ingresso gratuito) che propone le riflessioni sul tessile come forma d'arte per poi condurci con i suoni del concerto in un dolce sonno fino al risveglio il giorno dopo rimanendo sempre immersi nelle opere d'arte.