Ambiente | Pesticidi

Iniziativa del Comune di Malosco (TN) a favore della salute

Intervista a Virgilio Rossi, presidente Civica S.A.E. SaluteAmbienteEconomia, presente nell’assemblea della Comunità di Valle della Val di Non nella legislatura 2010-15.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.

Il Comune di Malosco nel 2012 ha approvato un regolamento che vieta l'uso di pesticidi nel raggio di cinquanta metri dalle abitazioni o luoghi sensibili. Come si è arrivati a questa decisione e in che maniera avete contribuito come S.A.E.?

Questo regolamento, portato avanti dal Sindaco Marini, ha più un effetto cautelativo che effettivo, non essendoci ancora sul territorio comunale coltivazioni intensive di mele o frutta in genere. Come nel comune di Malles, anche qui si temeva l'acquisto di terreno agricolo da parte di imprenditori agricoli della valle - e anche di fuori - per estendere anche qui coltivazioni intensive di mele, già presenti in bassa Val di Non. Abbiamo collaborato con Marini alla stesura di una proposta. Avevamo suggerito una distanza di cento metri, che secondo noi era il minimo per ridurre fenomeni di deriva, ma alla fine il Comune ha deciso per i cinquanta metri.

Che tipo di opposizioni ci sono state a questa iniziativa?

La maggioranza in Consiglio comunale è stata compatta nel sostenere il progetto. Ci sono stati due contadini, di cui uno – Calliari - è anche presidente della Coldiretti provinciale e di cui circolava voce volesse ampliare la propria attività frutticola a Malosco, che hanno fatto ricorso al T.A.R., sostenendo che il regolamento costituiva una limitazione della libertà di iniziativa dell'agricoltore e andava contro alle linee-guida della Comunità di Valle che prevedeva una distanza di rispetto pari a 10 metri. Il T.A.R. ha respinto il ricorso in prima istanza. In realtà il regolamento conteneva anche il divieto di utilizzare pali di cemento nei frutteti, ma il T.A.R. in questo caso non ha ritenuto giustificato il provvedimento del Sindaco, in quanto riguardante materia urbanistica e non di salute pubblica. Successivamente il Comune ha ovviato a questa lacuna, inserendo nel Piano Regolatore l'obbligo di usare solo pali di legno. I due contadini hanno fatto ricorso al Consiglio di Stato, il quale lo ha respinto.

Cosa prevede il Piano di Azione Nazionale in merito all'utilizzo di pesticidi?

Il P.A.N., che è successivo al regolamento del Comune di Malosco, prevede il divieto di usare fitofarmaci tossici o molto tossici a una distanza inferiore a trenta metri da case e luoghi sensibili. Distanza ridotta a 10 mt se si usano sistemi “antideriva”. Si tratta comunque di linee-guida che possono essere applicate anche in maniera più restrittiva dai Comuni.

A distanza di tre anni dall'entrata in vigore del Regolamento, com'è la situazione a Malosco?

La situazione riguardo alle coltivazioni è rimasta invariata, cioè non ci sono stati insediamenti di tipo intensivo. Il Consiglio comunale è cambiato ma si spera che non ci siano ripensamenti.

Il Regolamento fa riferimento a dei pesticidi in particolare?

È fatto divieto di utilizzare pesticidi classificati come Molto Tossici (T+) o Tossici (T). Per esempio il captano, fungicida, probabile cancerogeno (R40), embriotossico, mutageno; il clorpirifos, insetticida teratogeno, mutageno, neurotossico: agisce sul sistema nervoso causando tra l’altro malattie quale il Parkinson, Alzheimer e diabete oltre a decine di patologie minori. La sua azione inizia addirittura nella fase embrionale del nascituro nel caso che la madre sia a contatto con il principio attivo; il glifosate, erbicida, definito nel 2015 dall’ EFSA, probabile cancerogeno, causa di malattie quali l’autismo e l’Alzheimer. Tutti principi attivi che in molti paesi europei e non solo sono stati banditi, invece in Italia e in particolare nel Trentino vengono regolarmente usati.

Nel regolamento sono anche elencate misure cautelative in fase di preparazione e irrorazione di fitofarmaci in genere. Per esempio i trattamenti possono essere effettuati solo con lance azionate a mano o con sistemi di irrorazione a tunnel o con macchine dotate di ugelli antideriva ad inclusione d'aria e convogliatori d'aria a torretta, sempre a distanza superiore a 50 mt. dai luoghi sensibili quali abitazioni private o pubbliche, campi coltivati con sistema biologico e da aree di ricovero animali.

Ci sono stati altri Comuni trentini che hanno seguito l'esempio di Malosco?

Il comune di Vallarsa ha introdotto deterrenti contro l'uso di pesticidi, cioè impone agli agricoltori che ne vogliono fare uso una fidejussione bancaria in grado di coprirli da eventuali danni causati a terzi. In questo modo i contadini si sentono responsabilizzati e disincentivati economicamente a usare pesticidi. Riteniamo che questa sia una misura altrettanto utile che potrebbe essere adottata anche da altri comuni.

Nel resto della Val di Non com'é la situazione?

Attualmente vige la linea-guida del rispetto dei trenta metri con atomizzatori normali e dieci metri nel caso si usi l'antideriva, regola che in pratica è insufficiente in quanto in un contesto di 7.000 ettari di frutteto intensivo la deriva può estendersi per centinaia di metri.

In cosa consiste l'antideriva?

In un sistema di ugelli che produce goccioline più fini per diminuire l’energia cinetica dell'irrorazione. In realtà succede che queste nuvole, proprio perché più leggere, si spostano più facilmente, soprattutto se c'è un po' di vento. È più che altro un escamotage per renderle meno visibili all'occhio rispetto a quelle tradizionali che creano una nuvola visibile a centinaia di metri.

È cresciuta in questi anni la consapevolazza delle persone al problema pesticidi?

È cresciuta notevolmente. Le persone sono molto più informate. In questi anni, mediante la nostra attività politica ed informativa, abbiamo dialogato con la popolazione della Val di Non e non solo, proponendo alternative biologiche sia nei trattamenti fitosanitari sia nelle coltivazioni agricole. La gente è diventata più sensibile e consapevole. Gli stessi agricoltori hanno installato sui trattori cabine protettive e adottato precauzioni quando usano queste sostanze. In Italia sono sorti centinaia di comitati per la tutela della salute che insistono per il bando dei pesticidi di sintesi e promuovono conferenze anche in Trentino per sensibilizzare cittadini e agricoltori. Paradossalmente non è così per le Istituzioni politiche e sanitarie e le organizzazioni produttive che sembrano inerti di fronte ad una tale situazione di rischio ambientale e sanitario.

Sulla base di quali studi o ricerche è partita la vostra “campagna” contro l'uso di pesticidi?

Sei anni fa il locale Comitato per il Diritto alla salute ha eseguito uno studio in collaborazione con USL 7 di Siena. Lo studio ha riguardato un campione di otto persone persone di cui 5 adulti e 3 bambini, residenti in Val di Non. Gli esaminati e i loro famigliari non svolgono alcuna attività agricola e seguono un’alimentazione biologica; le loro abitazioni sono situate in prossimità di frutteti oggetto di trattamenti fitosanitari.

In tutti i soggetti sottoposti ad analisi biologiche sono stati rilevati nelle urine i metaboliti del Clorpirifos etile (insetticida teratogeno, mutageno, neurotossico) . In tutti i campioni si sono riscontrati valori superiori di 3 volte i valori di riferimento, addirittura nei bambini di 6 volte ed in particolare in una bambina di ben 16 volte. Il valore di riferimento non rappresenta il limite di tolleranza del principio attivo nel metabolismo umano, che non è neanche previsto, bensì indica la concentrazione è attesa nella popolazione che risiede in zone non soggette a trattamenti fitosanitari. Perfino nelle case, nella polvere dei copritermosifoni sono stati rilevati nove principi attivi diversi. I valori salivano in maggio, in corrispondenza dell'inizio dei trattamenti nei campi.

Sono stati fatti in Val di Non studi riguardanti i costi-benefici derivanti da una eventuale conversione al biologico?

Che io sappia, no. Un dato di fatto è che il biologico sta avendo un grande sviluppo anche qui da noi, anche se in ambiti di nicchia e piccole coltivazioni. Per adottare il biologico alla melicoltura bisognerebbe creare un “distretto biologico” abbastanza grande da evitare contaminazioni da colture limitrofe. Ci vogliono trattori e strumenti di lavoro idonei, bisogna rivedere tutta la filiera produttiva. È ovvio che fino a che il mercato (e i finanziamenti) tirano, i grandi coltivatori non si pongono neanche il problema di un cambiamento. Ci sono piccole aziende che si sono convertite al biologico ma rappresentano l'un percento del totale coltivabile.

Come avvine l'attività di controllo in ambito agricolo in Val di Non?

Il controllo istituzionale è praticamente inesistente, se pensiamo che ci sono piu o meno 10 vigili comunali in tutta la Val di Non e la maggior parte dei trattamenti vengono eseguiti alle prime luci del giorno o alla sera, se non di notte, orari in cui l’attività di controllo non è prevista . Inoltre i cittadini, poco o tanto, sono legati al mondo agricolo da interessi economici o legami di parentela e quindi preferiscono mantenere una dannosa omertà. È chiaro che il fattore economico, politico, ovvero il voto di scambio, predomina e rende più difficile il cambiamento. Se fai ostruzione, lo fai a tuo rischio e pericolo sapendo di remare contro gli interessi dominanti.

Riguardo al problema deforestazione, com'è la situazione in Val di Non?

Da dati forniti dal Servizio Forestale risulta che negli ultimi 5 anni sono stati disboscati 100 ettari per bonifiche agricole a frutteto, nella fascia ovviamente sotto i 900 metri. I dati ufficiali dicono che il bosco sta aumentando ma non specificano che l'estensione avviene alle quote alte a causa dell’abbandono dei pascoli, mentre nelle fasce pedemontane il bosco viene sempre più eroso per far posto a ulteriori frutteti.

Quanto è quest'anno il prezzo delle mele al produttore?

Si arriverà a 0,30 euro/Kg. Negli ultimi tre anni il prezzo è sempre calato. Il fenomeno è strutturale e gli agricoltori cominciano a preoccuparsi in quanto in molti casi si lavora sottocosto. Probabilmente se non ci fossero incentivi tutto il sistema non si reggerebbe. Il consorzio Melinda percepisce annualmente dalla P.A.C. (Politica Agricola Comunitaria) un contributo di diversi milioni di euro. Poi ci sono gli incentivi previsti dal P.S.R. (Piano di Sviluppo Rurale), i contributi provinciali per le attrezzature, le agevolazioni fiscali. Andrebbero inoltre computati i costi del recupero ambientale e quelli sanitari. Per esempio il morbo di Parkinson in Val di Non ha un incremento molto superiore alla media. In Francia è stata riconosciuta come malattia professionale per gli agricoltori proprio per l'uso di pesticidi. La Val di Non ha 7.000 ettari di terreno coltivato e un utilizzo medio di 58 kg di pesticidi per ettaro. L'equivalente di 400 tonnellate all'anno, che si distribuiscono nella frutta, nel terreno, nell'aria, nelle acque. È facile supporre che ci siano forti pressioni da parte dei produttori di pesticidi. Secondo Safe Crop, il centro di ricerca che operava presso l’Istituto agrario di S. Michele a/A per lo studio di sistemi di protezione a basso impatto su ambiente e salute dei consumatori, il 50% dei pesticidi usati in Trentino sarebbe inutile per un’errata formulazione chimica e un’errata distribuzione meccanica. Inspiegabilmente nel dicembre 2007 il centro Safe Crop è stato chiuso.

Quali altre iniziative avete in programma? Su quali altri argomenti vi state concentrando come Gruppo Civico?

E’ evidente che la monocoltura frutticola in Val di Non sarà sempre meno sostenibile: i metodi di coltivazione intensiva con l’uso sistematico di fertilizzanti e pesticidi di sintesi stanno impoverendo sempre più il terreno, contaminando l’ambiente e la salute, generando situazioni di conflittualità fra cittadini e agricoltori; la resa economica è sempre più risicata. C’è bisogno di una oculata programmazione agricola dal punto di vista ambientale, sanitario, economico. S.A.E. ha impegnato la Comunità di Valle con una mozione tesa a promuovere nel Piano Territoriale di Comunità, l’istituzione di forme di cooperazione fra produttori e consumatori per la produzione e il consumo di prodotti agricoli, coltivati con metodi di coltivazione biologica/biodinamica e non, (Cosa si intende con “e non”? Anche la coltivazione tradizionale con fitofarmaci o magari un uso controllato degli stessi?) destinati al consumo privato e alla ristorazione locale; promuovere con i comuni la realizzazione di parchi agricoli naturali e la conseguente produzione, commercializzazione a filiera corta dei prodotti. Teniamo aperto il dialogo con i cittadini che possono visitare il sito www.saecivica.it e la pagina facebook https://www.facebook.com/SAECivica, comunicare le loro idee, condividere opinioni, chiedere pareri, consigli , ecc. o iscrivendosi al Gruppo Amici di S.A.E.