Il No Tav sussurrato del Brennero
È uno dei maggiori cantieri in attività su scala europea eppure se ne sente parlare poco. Quando il premier Matteo Renzi è andato a vedere a che punto erano i lavori a Mules, lo scorso 5 luglio, ad aspettarlo c’era un pugno di No Tav altoatesini che si sono “lanciati” in una protesta inoffensiva e contenuta: nessuna spallata, nessun malcontento ingestibile. Il massimo dell’affronto è stato uno striscione che recitava "Dicono che non ci sono soldi per pensioni, scuola, sanità e lavoro ma qui nel Tav buttano più di 66 miliardi di euro". La cosa non sorprende se si considera che al valico del Brennero arrivano frequentemente pullman colmi di curiosi, neanche fosse Pompei.
Resta il fatto che i lavori - commissionati alla società pubblica BBT - sono di proporzioni pachidermiche. Un tunnel di 64 chilometri che corre sotto il passo alpino e che prevede quasi 200 chilometri di gallerie per collegare le varie tratte d’accesso da Verona, Rovereto, Trento e Bolzano, fino alla rampa da Ponte Gardena a Fortezza, la futura stazione di partenza. Quella di arrivo sarà Innsbruck, tempo di percorrenza stimato: meno di venti minuti. Esorbitante, naturalmente, anche la spesa; questi i numeri in breve: 8,85 miliardi di euro per il traforo principale sostenuto economicamente da Unione europea, Italia e Austria, a cui si aggiunge il finanziamento per l’intera linea divisi fra l’Italia – che dovrà assumersi l'impegno maggiore dal momento che sarà obbligata ad adeguare all’alta velocità le linee tra Fortezza e Verona – con uno stanziamento di 4,8 miliardi, e l’Austria che ha già messo sul tavolo 1,7 miliardi. In più ci sono i 550 milioni promessi dalla società che gestisce l’autostrada A22 del Brennero, ormai satura e inadeguata a contenere il progressivo flusso di traffico che verrebbe in questo modo dirottato sui treni.
“La galleria non serve”, questo il leitmotiv dei No BBT. Riccardo Dello Sbarba, esponente dei Verdi al consiglio provinciale di Bolzano, spiega che, sì, il tratto del Brennero è il più congestionato dell’arco alpino ma che la colpa è anche delle tariffe autostradali (più basse in Italia rispetto all’Austria) che contribuiscono sensibilmente a deviare il traffico. La questione, dunque, è ancora aperta e ben lontana dall’essere risolta, il rischio è quello di investire in un’opera mastodontica ma potenzialmente evitabile.
L’approfondimento in questa inchiesta de L’Espresso.