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Maternità o lavoro?

Chiesto il trasferimento ad una lavoratrice incinta a 300 km da casa. L’ispettorato respinge l’astensione anticipata, “non sussistono le condizioni”.
donna incinta lavoro gravidanza
Foto: Freepik
  • La maternità o il posto di lavoro? È una scelta a cui, purtroppo, molte donne sono ancora costrette. È anche il caso di una lavoratrice incinta del terzo figlio, a cui era stato chiesto il trasferimento dalla propria sede originale di lavoro da Egna a Verona. A causa del cambio la donna sarebbe stata costretta ad affrontare ogni giorno un percorso di oltre 300 km per recarsi sul posto di lavoro, un tempo di percorrenza medio di oltre 3 ore ed almeno due mezzi pubblici utilizzati, ossia un treno da Bolzano a Verona ed un mezzo cittadino. Lo stato di gravidanza rendeva impossibile questa routine, per questo la donna, con l’ausilio dei sindacati, aveva deciso di contattare l’Ispettorato del Lavoro

    Con una mail la lavoratrice ha comunicato la sua intenzione di impugnare il trasferimento in azienda. Tuttavia, essendo consapevole che l'impugnazione non comporta automaticamente il ripristino della sede di lavoro originaria, chiedeva all’ispettorato di valutare la possibilità di usufruire dell'astensione anticipata, data la sua condizione di gravidanza e il trasferimento. Dopo un colloquio telefonico, è giunta la risposta dell’ispettorato, che ha respinto la richiesta. “L’istanza viene respinta – si legge nel documento – in quanto non sussistono le condizioni tali da dar corso in Suo favore al provvedimento di interdizione dal lavoro. Motivazione: Poiché trattasi di trasferimento della sede di lavoro l’interessata deve, sussistendone le ragioni, opporsi al provvedimento datoriale. In ogni caso i viaggi tra domicilio della lavoratrice madre e sede di lavoro non rientrano nelle tutele dell’art. 17 del decreto legislativo n. 151/2001”. L’ispettorato, a quanto pare, ha le mani legate: la legge non tutela le lavoratrici in dolce attesa nel tragitto per raggiungere il lavoro. Alla lavoratrice resta la possibilità di impugnare il trasferimento in azienda. 

  • Foto: Sarah Chai

    La lavoratrice, rimasta spiazzata da questa risposta, ha deciso di chiedere nuovamente l’opinione dell’ispettorato con una seconda istanza. La risposta è stata analoga: “Il riesame chiesto non ha potuto far altro che confermare la decisione già comunicata con il provvedimento in oggetto. Si premette che il trasferimento postula il mutamento definitivo della sede di lavoro e, nel caso, il contratto collettivo prevede una serie di indennità in favore della lavoratrice volta a sostenere al trasferimento anche del domicilio della stessa (artt. 182 e 183) mentre il pendolarismo inerisce ad una scelta volontaria dell'interessata. È evidente che sotto questo profilo le linee guida UE, che il legislatore nazionale comunque non prende in considerazione, sono inapplicabili. Rimane fermo che la lavoratrice ha diritto di opporsi al trasferimento o a dimettersi per giusta causa”.

    “Ho deciso di raccontare questo episodio perché spero che altre mamme non subiscano queste motivazioni e questo trattamento”.

    “In quanto donne abbiamo difficoltà in più nel mondo del lavoro a prescindere. Poi c'è la maternità che è una sfida incredibile, ricevere una risposta del genere dall'Ispettorato del lavoro non è stato molto piacevole” riferisce la lavoratrice, che preferisce restare anonima. “Ho deciso di raccontare questo episodio – spiega la donna – perché spero che altre mamme non subiscano queste motivazioni e questo trattamento. Si sente spesso dire che le mamme preferiscono stare a casa, ma non è così, molte sono costrette ad abbandonare il lavoro”. 

    La segretaria provinciale della Filcams/Cgil, Antonella Costanzo, che si è occupata personalmente del caso, ha chiesto che venisse riesaminata la domanda, specificando alcuni aspetti. “Come dichiarato dalla Comunità Europea, all’interno delle linee guida: il pendolarismo può rappresentare un potenziale rischio per la lavoratrice o il nascituro e che, quindi, stanti le condizioni proposte dalla Commissione Europea, riteniamo opportuno richiedere l’anticipo dell’astensione obbligatoria”, si legge nella richiesta della sindacalista all’ispettorato. 

    “La maternità non è una malattia, ma deve essere un diritto garantito, così come il lavoro”

    “Il direttore dell’Ispettorato del Lavoro, Sieghart Flader, non si rende conto delle condizioni gravi in cui mette le lavoratrici, negando l’astensione anticipata dall’attività occupazionale anche in condizioni di lavoro non sostenibili. Il tutto non rispettando le linee guida dell’Unione europea e interpretando in maniera sfavorevole la normativa vigente – conclude Costanzo –  la maternità non è una malattia, ma deve essere un diritto garantito, così come il lavoro.”

    Il direttore dell'ispettorato Sieghart Flader spiega che i casi in cui si può ricorrere all'astensione sono molto specifici: "Ricordo che l’astensione anticipata per maternità presuppone – i casi in cui sussistono patologie che potrebbero aggravarsi a parte – la sussistenza di condizioni di lavoro pregiudizievoli che non possono essere eliminate o ridotte al minimo con la modifica dell’orario di lavoro, la modifica dell’organizzazione del lavoro o la modifica delle mansioni".

    "Si intende che le autorizzazioni sono strettamente legate alla sussistenza delle condizioni di incompatibilità di cui agli allegati del decreto legislativo 151/2001 oggettivamente ineliminabili e che l’Ispettorato del lavoro non può rilasciare autorizzazioni surrettizie volte a aggirare/superare altri problemi per esempio afferenti alla sfera interpersonale", conclude il direttore. 

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Peter Gasser Gio, 05/30/2024 - 14:59

Zitat: “SPIEGEL: Frau Bohannon, die Prämisse Ihrer Evolutionsgeschichte klingt verblüffend einfach: Der weibliche Körper hat die Entwicklung des Menschen vorangetrieben, weil er die Babys hervorbringt. Keine Babys, keine Zukunft für eine Spezies”:

—> Keine Babys, keine Zukunft für die (Süd-)Tiroler.

Gio, 05/30/2024 - 14:59 Collegamento permanente
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Salto User
nobody Gio, 05/30/2024 - 20:40

Ein finanziell erodierter Staat darf sich nicht über rasche Veralterung verwundern. Die Erosion allerdings beginnt mit der Gründung der Republik. Ursache ist wohl die politische Führung, ganz gleich, welche Farbe die hat und hatte.

Gio, 05/30/2024 - 20:40 Collegamento permanente