"Sono una donna che scrive"
Lo scenario, bellissimo, è quello di Castel San Zeno, tra Dorf Tirol e Merano. L'evento, il primo di una serie di tre, è stato organizzato da Zeno von Breitenberg e Erwin Seppi (membri del nuovo Kuratorium che si propone di riaprire al pubblico le porte dell'antica dimora nobiliare) e si intitola “Donne in dialogo”. Primo appuntamento l'incontro con la scrittrice Francesca Melandri. Nella formula prescelta, che sarà mantenuta in futuro (il 27 agosto e il 3 settembre, rispettivamente con la pianista Olga Scheps e l'assessora provinciale Martha Stocker), anche l'artista, musicista e designer Benno Simma, il musicista poliedrico Thomas Mahlknecht e Alexander Morgenstern, barman dell'hotel Laurin di Bolzano.
Davanti a circa sessanta persone riunite nella cappella trecentesca del Castello, la moderazione del colloquio con Melandri era affidata al giornalista Lucio Giudiceandrea, il quale ha sollecitato la “scrittrice” (termine che però è stato opportunamente decostruito, come vedremo) a parlare del suo lavoro, teso in un arco tra i libri già pubblicati (Eva dorme, Più alto del mare) e un'opera di ampio respiro che vedrà la luce all'inizio del prossimo anno.
“Da dove vengono le idee per la tua scrittura?”, alla canonica domanda, posta all'inizio da Giudiceandrea, Melandri ha risposto in modo originale: “Non c'è un luogo in cui le idee vengono raccolte per essere poi utilizzate, una specie di armadietto che si apre o si chiude. Diciamo che la scrittura nasce dal mio stesso modo di vivere, e se dovessi indicare quale sia la mia caratteristica principale direi senz'altro l'attenzione. E' solo in base all'esercizio dell'attenzione, anche per i dettagli in apparenza meno significativi di un paesaggio, di una situazione o di un personaggio, che poi accade quella miracolosa trasformazione alchemica in grado di far nascere le parole dall'esperienza”. L'input ha così senz'altro una preminenza, non solo cronologica, sull'output.
La cifra stilistica peculiare di Melandri, è stato ricordato, è la particolare intersezione e relazione tra il piano dei destini individuali e quello di una storia collettiva che non resta mai sullo sfondo, ma agisce e modella la sostanza umana posta al centro della narrazione. La poetica della relazione coinvolge così alla fine anche gli stessi lettori, chiamati a riempire lo spazio di costitutiva indeterminatezza aperto dalla scrittura, in un gioco tra pieno e vuoto che rimanda alla dialettica musicale tra suono e silenzio. “Quando scrivo – ha affermato Melandri – adotto un rigore e una precisione di cui faccio a meno nella vita quotidiana. In questo senso scrivere significa anche tornare varie volte su ciò che è stato già steso, così come chi stira una camicia ha bisogno di numerosi passaggi del ferro sul tessuto per eliminare tutte le sue pieghe. Il suggello finale, comunque, lo danno sempre i lettori, completando con il loro imprescindibile contributo ciò che un'opera letteraria, da sola, esprime soltanto in modo ellittico”. Conformemente a quanto detto, e come si accennava all'inizio, Melandri ha poi definito il proprio ruolo non in base all'attribuzione di un sostantivo (l'essere una “scrittrice”) bensì alla luce dell'attività dello scrivere: “Sono una persona, una donna che scrive”. Sfumatura non di poco conto, perché non lega ciò che si fa al mero nome di chi lo fa, ma libera tutta la potenzialità di ricerca e d'indagine verso territori ancora da esplorare.
Il colloquio ha infine toccato anche il punto (dolente) della scarsa attitudine alla lettura mostrata dagli italiani. Qui Melandri ha offerto una visione diversificata: “Se ci riferiamo in generale al consumo di informazioni, è senz'altro vero che in Italia il numero dei quotidiani venduti è in progressivo calo. Le persone però usufruiscono anche di altri strumenti per informarsi e – soprattutto grazie ai nuovi mezzi di comunicazione in rete – alla lettura verticale di un tempo si è andato sostituendo un consumo orizzontale, quantitativamente non certo inferiore al precedente. Semmai è la lettura dei libri, dei romanzi, ad aver subito una forte riduzione. Io sono grata allo zoccolo duro dei lettori forti se questa tendenza non mi tocca in modo particolare, ma forse è opportuno fare una riflessione più ampia. È chiaro infatti che abbiamo un problema nella catena della distribuzione, affidata ormai a pochi player interessati in prevalenza a spingere certi prodotti, ovviamente a discapito di altri. Ciò erode la possibilità che il numero dei lettori si accresca, e a mio avviso la politica, come per esempio accade in Francia, dovrebbe farsi carico di preservare e incentivare con apposite azioni di sostegno la biodiversità creata dai piccoli editori e dalle librerie indipendenti”.
A punteggiare il dialogo tra Giudiceandrea e Melandri, gli interventi grafici di Benno Simma e le inserzioni musicali di Mahlknecht, non solo fugaci commenti, ma traduzioni in immagini e suoni dei concetti esposti. Finale con la presentazione di un cocktail, creato per l'occasione da Alexander Morgenstern, che in realtà tenta un ritratto liquido di Francesca Melandri: “Ho scelto il Campari, una bevanda molto italiana, di colore rosso, a significare il filo che unisce tutte le sue storie. Il Gin, per la forza del suo pensiero. Il Mango aggiunge una nota irreale. Una sfumatura francese grazie al Cointreau. Il Ginseng per la simpatia. Infine polvere di stelle, con qualche goccia vaporizzata di Talisker”. Il cocktail “Melandri” risulta già registrato in un apposito sito.