Politica | crisi rifugiati

“Abituatevi a vedere più tende in città”

Il Ministero dell’Interno ordina ai prefetti di espellere dai centri di accoglienza chi ha ottenuto la protezione. In Alto Adige si teme una nuova crisi dei senza dimora.
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Foto: Pixabay

Rischia di lasciare strascichi profondi la circolare emanata dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, lo scorso 7 agosto scorso che ordina ai prefetti di “disporre la cessazione delle misure di accoglienza per i soggetti che abbiano ottenuto il riconoscimento della protezione internazionale anche nelle more della consegna del conseguente permesso di soggiorno”. In altre parole il Governo ha deciso di lasciare per strada migliaia richiedenti asilo che hanno ottenuto il riconoscimento della protezione internazionale.

Secondo la versione del Governo, viste le difficoltà lamentate dalle prefetture nel reperire nuove strutture da adibire a Centri di Accoglienza Straordinaria per far fronte ai nuovi arrivi (al 10 agosto risultano sbarcate quest'anno 94.000 persone, al netto degli ingressi via terra) è necessario “liberare” quelle esistenti espellendo coloro che hanno ottenuto una forma di protezione.

Molti commentatori e alcuni esponenti dell’opposizione parlano invece di una mossa del governo per giustificare nuove e future misure repressive, esasperando una situazione che non riesce a governare e scaricando le responsabilità sui territori, mentre le persone rifugiate ne pagheranno le maggiori conseguenze.

Nel 2022 è stata riconosciuta una forma di protezione internazionale a circa 20 mila persone. Il monitoraggio delle persone titolari attualmente ospitate all’interno dei CAS è in corso ma è chiaro che lo sfratto collettivo potrebbe riguardare migliaia di rifugiati aventi diritto di accoglienza, trasformati irrimediabilmente in persone senza dimora. Un’emergenza umanitaria annunciata che riguarderà da vicino anche l’Alto Adige che negli anni ha implementato perlopiù un’accoglienza emergenziale basata sui grandi numeri.

Piantedosi, Matteo
Il Ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi: L'ultima circolare trasmessa ai prefetti ordina l'espulsione dei titolari di protezione internazionale ospitati nei centri di accoglienza straordinaria

 

Le organizzazioni per i diritti umani, ma anche diverse amministrazioni, si sono sollevate per l’ennesima deriva del sistema di accoglienza.

Secondo il Tavolo Asilo e Immigrazione (TAI), “le misure prese dal Governo sono sbagliate e inefficaci e non sono affatto legate al numero di arrivi, del tutto prevedibile e gestibile, ma all’assenza di volontà di trovare soluzioni corrette ed efficaci, scegliendo invece un approccio emergenziale: una decisione che alimenta la retorica dell’invasione” aggiungendo che “tale prassi del tutto illegale in quanto i titolari di protezione internazionale e speciale hanno diritto di essere collocati tempestivamente dai Centri di Accoglienza Straordinaria verso il sistema SAI, e non abbandonati nel giro di pochi giorni”.

Per il TAI la mossa del Governo rappresenta un’autentica violazione della legge che genererà numerosi problemi sociali nei diversi territori “dal momento che migliaia di rifugiati privi di mezzi e senza accoglienza si troveranno allo sbando in strada e dunque a carico del welfare locale. In questo modo, oltre a violare il diritto all’accoglienza dei/delle titolari di protezione internazionale e speciale, il Ministero dell'Interno si pone in netto antagonismo con i Comuni, delegando a loro la questione e senza dotazione di risorse”.

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Migliaia di persone allo sbando: Secondo il Tai la circolare Piantedosi genererà numerosi problemi sociali nei diversi territori


 

Come funziona il sistema di accoglienza in Italia

 

Le norme che disciplinano il diritto all’immigrazione e il sistema di accoglienza italiano sono state oggetto di numerose e importanti modifiche strutturali nel corso degli ultimi anni, talvolta a seguito di condanne da parte dei tribunali internazionali per violazioni dei diritti umani e del diritto d’asilo (l'ultima risalente allo scorso marzo), ma ancor più spesso mosse da spinte politiche anziché dettate da un’effettiva necessità. 

Il sistema di asilo e accoglienza sta venendo progressivamente smantellato e svuotato di significato da parte dei governi, che ne hanno stretto le maglie e peggiorato le condizioni, trasformando nei fatti i centri di accoglienza in parcheggi per richiedenti asilo lasciati nel limbo. L’ultima iniziativa in tal senso è quella del Decreto Cutro per volontà dell'attuale Governo Meloni.

Attualmente, quando le persone migranti sbarcano in Italia vengono condotte nei centri di prima assistenza dove si procede con l’identificazione e la somministrazione delle prime cure. Chiunque, va ricordato, entra sul territorio italiano ha il diritto di presentare domanda di protezione internazionale, che verrà esaminata da un’apposita commissione. Con il decreto Cutro poi, tale facoltà è stata compromessa attraverso l’introduzione della cosiddetta procedura accelerata, un formula già introdotta dai Decreti Salvini, per domande presentate direttamente alla frontiera o in zone di transito, qualora il richiedente provenisse da un cosiddetto “Paese di origine sicura”. La lista aggiornata dal Governo inserisce Gambia, Costa d’Avorio, Georgia e persino la Nigeria (al 143esimo posto su 163 paesi dell'ultima edizione del Global Peace Index) alla lista già composta da Albania, Algeria, Bosnia Erzegovina, Capo Verde, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Senegal, Serbia, e Tunisia. L’obiettivo è quello di introdurre una presunzione di manifesta infondatezza delle domande d’asilo, concretizzata in una valutazione frettolosa e dalle forte limitazioni, presentate dai cittadini dei Paesi elencati, perché “in via generale e costante” non si registrerebbero persecuzioni, torture né violenze indiscriminate. A distanza di mesi, non è ancora chiaro come la procedura accelerata verrà implementata.

Dopo avere manifestato la volontà di chiedere protezione internazionale (chi non lo fa dovrà subire i trattamenti degradanti dei controversi centri di permanenza per i rimpatri) le persone dovrebbero essere inviate dal governo al sistema di accoglienza affidato alle prefetture e agli enti locali. La gestione della prima accoglienza si concentra perlopiù all’interno dei Centri di Accoglienza Straordinaria, nella maggior parte dei casi grandi edifici privati dati in gestione a cooperative e associazioni in cui si concentrano grandi numeri di persone, spesso in condizioni precarie.

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Una corsa a ostacoli: Le organizzazioni per i diritti delle persone migranti denunciano che le Prefetture e le Questure non permettono di avanzare la richiesta, spesso con motivi pretestuosi, non consentendo così ai richiedenti asilo di trovare nei tempi prestabiliti un posto in accoglienza. (Foto: Leone Palmeri/ Melting Pot)

 

Migliaia di persone che arrivano in Italia, in particolar modo dalle rotte terrestri, si ritrovano invece di fronte a numerosi ostacoli amministrativi. Le organizzazioni per i diritti delle persone migranti denunciano che le Prefetture e le Questure non permettono di avanzare la richiesta, spesso con motivi pretestuosi, non consentendo così ai richiedenti asilo di trovare nei tempi prestabiliti un posto in accoglienza. È stato accertato che in alcune città per il primo appuntamento in Questura può trascorrere anche un anno. Questo significa che per mesi migliaia di persone sono costrette per strada, senza diritti e tutele, impossibilitate a lavorare e ad accedere alle forme basilari di assistenza. In altre parole, fantasmi in balia di se stessi. Nonostante alcuni tribunali abbiano condannato diverse pratiche illegittime da parte delle istituzioni responsabili, l’ostruzionismo e la mancata accoglienza sono diventate prassi assodate.
In Alto Adige molte delle persone che risultano senza dimora o famiglie prese in carico dai servizi sociali dei comuni sono in realtà escluse dall’accoglienza. La Provincia prevede attualmente un sistema di immissione periodica (aggiornato mediamente 3 volte l’anno), stabilendo una quota sulla base di un censimento del territorio e delle strutture di emergenza.

Dall’altro lato, anche i Centri di Accoglienza Straordinaria sono stati trasformati radicalmente. Con il Decreto Cutro sono infatti scomparsi i corsi di formazione al lavoro e di inserimento sociale, ma anche l’assistenza psicologica e legale, riducendoli nei fatti a meri dormitori.

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Vite in stand by: Le riforme degli ultimi anni hanno eliminato la maggior parte dei servizi e svuotato di significato il sistema dell'accoglienza (Foto: Melting Pot Europa)

 

Una spada di Damocle

 

Le persone titolari di protezione che saranno coinvolte nelle espulsioni dai CAS previste dalla circolare avrebbero diritto, in caso di manifesta indigenza, ad essere inserite nel circuito SAI, il Sistema di Accoglienza e Integrazione (ex Sprar), ma nella pratica finiranno semplicemente in strada. Con lo smantellamento dei servizi di prima accoglienza, le persone che ottengono la protezione spesso non hanno avuto modo di inserirsi e integrarsi nel tessuto cittadino. Inoltre, a causa delle lunghe trafile burocratiche, molte di loro non hanno ancora ricevuto il permesso di soggiorno, il che comporta l’impossibilità di trovare un lavoro e affittare un alloggio.

L’adesione alla rete SAI è facoltativa per gli enti locali che accettano di far parte di un sistema di accoglienza diffuso e concentrato sui piccoli numeri. A livello nazionale, secondo il Ministero dell’Interno, a marzo 2023 risultavano finanziati 43.786 posti. Una manciata quelli disponibili in Alto Adige considerando che aderenti alla rete rimangono solamente i comprensori del Burgraviato, della Val Venosta e dell’Alta Valle Isarco.

Sempre con il Decreto Cutro, sono state introdotte forti limitazioni nell’accesso alle strutture del SAI, permesso – oltre che ai titolari di protezione – ai soli cittadini afghani, ai richiedenti protezione internazionale arrivati in Italia con operazioni di evacuazione umanitaria o reinsediamento, ai cittadini ucraini e ai richiedenti vulnerabili.

Questa novità preoccupa particolarmente in caso di famiglie e soggetti vulnerabili

“Chi otteneva l’asilo politico o la protezione sussidiaria, in caso di necessità poteva rimanere nei centri fino a un massimo di sei mesi, mentre chi ha ricevuto la protezione umanitaria o speciale poteva restare fino a trenta giorni – spiega Luigi Gallo, responsabile della Consulenza profughi per la Caritas –. Ora tutto viene parificato al ribasso e, al momento del riconoscimento della protezione, le persone dovranno lasciare rapidamente il centro. Questa novità preoccupa particolarmente in caso di famiglie e soggetti vulnerabili. C’è una discussione in corso tra gli attori responsabili dell’accoglienza provinciale – rivela Gallo – ma qui pende una spada di Damocle sulla testa. Con la situazione del nostro territorio, particolarmente avara per quanto riguarda la presenza di alloggi, alimentare turn over che mette periodicamente sulla strada singoli, famiglie e persone vulnerabili rischia di diventare una miscela esplosiva”.

 

senza dimora

Una miscela esplosiva: La carenza di alloggi a Bolzano e l'espulsione dei rifugiati dai centri rischia di innescare una nuova crisi sociale e umanitaria

 

 

Sulla pelle delle persone, sulle spalle dei comuni

 

Per quanto riguarda i possibili scenari che potranno proiettarsi nei prossimi mesi, emergono solamente incertezze e polemiche.

Luca Critelli, responsabile del Dipartimento Famiglia, Anziani, Sociale e Edilizia abitativa della Provincia di Bolzano, non ha rilasciato dichiarazioni in merito, mentre telegrafiche sono le informazioni pervenute dal Commissariato del Governo: “La situazione è in itinere, stiamo lavorando in stretta sinergia con i comuni e la Provincia per vedere come procedere”, è quanto ha fatto sapere attraverso l’ufficio stampa sostenendo, attualmente, di non disporre i numeri delle persone che verranno espulse dai CAS.

Le amministrazioni comunali sono invece preoccupate di dover farsi carico delle persone che, una volte prive di mezzi, ricadranno sui servizi sociali.

Stefan Frötscher
Stefan Frötscher, assessore del Comune di Merano: "È chiaro che quando le persone non sanno dove andare si rivolgono ai servizi sociali del comune”.

 

“Interlocuzioni? Al Comune di Merano non è arrivato niente di niente – afferma Stefan Frötscher, assessore al sociale per il Comune di Merano –. Come si dice, patti chiari e amicizia lunga. Si sapeva di questa direttiva ma non sappiamo le tempistiche e nemmeno cosa comporti se non che è chiaro che quando le persone non sanno dove andare si rivolgono ai servizi sociali del comune”.

Assessore Juri Andriollo
Juri Andriollo, assessore del Comune di Bolzano: "Saprete chi ringraziare"

 

Per l’assessore di Bolzano, Juri Andriollo, la circolare del Ministero è da contestare tanto nel contenuto quanto nel metodo: “È semplicemente inattuabile e scarica il barile sui comuni. A ribadirlo è lo stesso presidente leghista della regione Veneto. È evidente – aggiunge l’assessore – che c’è un problema di fondo. C’è un flusso di persone in arrivo che il governo in carica non sa gestire e, oltre gli slogan e i post su Facebook, se ne lava le mani scaricando tutto sulle città. Nel comune di Bolzano – conclude Andriollo – si parla di almeno di un centinaio di persone che per il Ministero dovranno essere buttate per strada. Quindi cari cittadini abituatevi all’idea di vedere molte più tende nelle città, a Bolzano ma anche a Merano, Laives e Bressanone. E quando lo farete, saprete chi ringraziare”.