Famiglie adottive in calo
Famiglie adottive in calo? È uno dei frutti amari della crisi. Il dato è emerso la settimana scorsa, quando il direttivo dell’Associazione genitori adottivi e affidatari altoatesini ha incontrato il presidente della Provincia. “Per fare il punto della situazione”, dice Massimo Pellizzari, presidente dell’Associazione.
“In Alto Adige”, spiega Pellizzari, professore all’Università di Trento, padre di tre figli di cui uno adottato, “siamo abbastanza fortunati. Da qualche anno tutti gli attori che operano nel campo dell’adozione si sono messi in rete: Tribunale dei minori, Enti autorizzati per l’adozione internazionale, Intendenza scolastica, la nostra associazione, l’Equipe adozioni che fa capo all’Azienda dei Servizi Sociali di Bolzano (ASSB). Il Tavolo di lavoro scuola-adozione si è esteso ultimamente anche alle Intendenze tedesca e ladina”. La rete ha il compito di individuare i problemi, soprattutto in ambito scolastico, e ha elaborato delle linee guida per l’inserimento dei bambini nella scuola.
“Ora però ci sembra che questa interazione si stia un po’ affievolendo”, dice Pellizzari. È di questo che si è parlato a palazzo Widmann. Qual è il problema esattamente? “Il Servizio adozioni da qualche anno è passato da un ufficio della Provincia all’ASSB. Questo ha portato a delle criticità. Ora, in occasione dei dieci anni delle Legge provinciale sull’adozione, abbiamo chiesto una verifica sul funzionamento della normativa e delle strutture”.
In sostanza la centralizzazione del Servizio a Bolzano va bene per risparmiare risorse, ma crea problemi a chi vive in altri contesti. Non solo per via delle distanze. Il fatto è che, a volte, a Bolzano non si leggono come si dovrebbe i contesti culturali, sociali, economici diversi dal quello urbano.
Un altro problema è rappresentato dal turnover degli assistenti. “Bisogna che chi segue le famiglie adottive garantisca continuità e abbia la necessaria esperienza. Magari si tratta di persone molto giovani, che non hanno figli e fanno fatica a cogliere le dinamiche di una famiglia…”
Il calo di genitori disponibili riguarda le adozioni internazionali e l’affido. Nel primo caso l’Associazione indica la crisi economica come prima causa. “L’adozione internazionale costa. Non solo, come è ovvio, perché bisogna mantenere un bambino. Costa anche tutto l’iter. Per capirsi: non ci sono spese rilevanti per il percorso che porta al decreto di idoneità dei genitori. Quando si va però dall’ente per l’adozione internazionale che gestisce tutta la pratica per il Paese estero, lì cominciano ad esserci delle spese più consistenti”.
Diverso è il discorso per l’affido. In questo caso si tratta della disponibilità a farsi carico di un minore per un periodo che può essere breve o lungo e che non necessariamente porta infine ad un’adozione. Richiede un atteggiamento di piena gratuità. “È molto più facile che si renda disponibile una coppia che ha già figli propri”, dice Pellizzari.
Tra i motivi del calo di disponibilità l’Associazione genitori aggiunge che qualche anno fa le motivazioni all’adozione erano più forti e che se ne avvertiva maggiormente la valenza sociale. Oggi “prevale l’aspetto individuale dell’adozione”. Come in tutto, del resto.
I numeri dell’adozione internazionale in Alto Adige? Nei primi anni Duemila erano in media 15 le coppie che avevano richiesto “l’autorizzazione all’ingresso in Italia di minori stranieri”. Il numero era salito a 22 nel 2008 e nel 2010 ed è sceso a 13 nel 2012. Si tratta di un trend nazionale.
Il problema dei costi vale solo per l’adozione internazionale. “L’adozione nazionale, invece, di fatto è completamente gratuita. Però da un punto di vista statistico ha numeri molto bassi. In Italia non sono molti i bambini liberi all’adozione”. In Alto Adige, secondo Pellizzari il rapporto tra adozioni internazionali e nazionali è mediamente di dieci a una. Anche in questo caso ci sono delle difficoltà, ma di tutt’altro genere.
Ai genitori adottivi Durnwalder ha naturalmente detto che farà tutto il possibile. D’altra parte si ha a che fare con leggi nazionali, procedure internazionali in cui la Provincia c’entra poco. Può però intervenire a garantire l’efficacia del lavoro di rete. “Il nostro modello – conclude Pelizzari – è stato preso ad esempio anche a livello nazionale. Ne siamo orgogliosi, ma questo ci spinge anche a non mollare la presa…”