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Burqa, questo sconosciuto

Un excursus storico per capire di cosa si parla quando si parla di burqa, hijab o niqab. E la condizione femminile c'entra solamente in parte.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
Velo
Foto: upi

Il Burqa è un abito della tradizione afghana. Anzi pashtun per la precisione. E non va assolutamente confuso con l’hjiab che è un semplice fazzoletto che si usa per coprire la testa in uso nella maggior parte dei paesi musulmani. Il niqab invece è un misto di burqa e hjiab. Solitamente di colore nero (o bianco) consiste in un telo che copre i capelli unito ad un fazzoletto che copre il viso. È in uso in Iran e nei paesi della penisola arabica. La globalizzazione islamica però ha fatto sì che burqa e niqab si diffondessero a macchia d’olio in tutti i paesi musulmani e anche nelle comunità islamiche di Europa e Stati Uniti. Si tratta inevitabilmente di un segno di appartenenza alla comunità salafita, quella corrente dell’islam che sostiene di applicare alla lettera la shariah.

Tendenzialmente i salafiti si considerano gli unici veri musulmani e spesso e volentieri entrano in conflitto con coloro che hanno una visione meno restrittiva della legge coranica. Il salafismo si richiama agli insegnamenti della scuola hanbalita, una delle quattro scuole giuridiche del mondo islamico. La scuola nasce all’inizio dell’anno ‘800 è vista con sospetto dai califfi dell’epoca che imprigionano e fanno frustare il fondatore Ahmad Ibn Hanbal. Le sue idee tuttavia si diffondono col tempo. Verso la fine del 1200 i suoi insegnamenti sono ripresi da Ibn Taymiyya che, su incarico dei sultani mamelucchi, esorta i fedeli alla guerra santa contro l’Armenia. Ma è soprattutto verso la fine del 1700 che il salafismo comincia a prendere piede grazie a Mohamed Ibn Abdelwahab. Giudice di scuola hanbalita, Abdelwahab riesce a convincere gli emiri sauditi a intraprendere una vera e purificazione dell’Islam.

Nei suoi libri Abdelwahab se la prende con i sufi, con il culto dei santoni, con gli sciiti e con tutte quelle pratiche che secondo lui non sono veramente islamiche. Dall’arabia Saudita i suoi insegnamenti si diffondono in tutto il mondo Arabo, in particolare in Egitto dove ispirano la nascita del movimento dei Fratelli Musulmani di Hassan al Banna, prozio di quel Tariq Ramadam che oggi è iper presente su tutti i media europei. Va detto però che non tutte le donne salafite portano il velo integrale che viene utilizzato solo da una piccola minoranza Tuttavia in una società basata sulla responsabilità personale non è legale andare in giro con il volto coperto. Immaginiamo per un istante un uomo che va in giro con il passamontagna. Verrebbe immediatamente fermato dalla polizia che, giustamente, sospetterebbe qualche brutto tiro.

Ricordiamoci, ad esempio, che tra poche settimane inizierà il maxiprocesso per gli scontri del Brennero. Almeno 70 simpatizzanti anarchici andranno a processo con l’accusa - tra l’altro - di travisamento. Ovvero sono stati denunciati per essersi occultati il volto. Sinceramente trovo il dibattito di questi giorni assolutamente stucchevole dato che la situazione è chiara e cristallina. La condizione femminile c’entra solamente in parte. In alcuni casi sono le stesse donne a voler indossare il burqa o il niqab e non per forza si tratta di un’imposizione degli uomini. Tuttavia tale scelta è incompatibile con le leggi italiane e dunque non c’è alcuna giustificazione che tenga. In giro con il burqa non si va. Punto. Al tempo stesso va specificato che non si può imporre nessuna legge per non indossare l’hijab. Altrimenti si potrebbero vietare anche i cappelli, le bandane e ogni genere di copricapo.