I responsabili di Pietro Gerbore (gli Stati Uniti d'America)

Seconda parte di un estratto del grande saggio dell'ambasciatore Pietro Gerbore, uno degli scritti più lucidi di un uomo che nella sua esistenza ha ricoperto ruoli diplomatici, per poi reinventarsi come autore e scrittore, giornalista fluviale appassionato e competente.
Scoperto da Leopoldo Longanesi, pubblica "Dame e Cavalieri del Re", "Commendatori e deputati", "Il vero diplomatico" ("Formen und Stile der Diplomatie" nella Rowohlt Deutsche Enzyklopadie), "Una storia dell'arte di vivere", testi esemplari per chiarezza e pulizia di scrittura, corredati da una messe di informazioni e dati che si trasformano in una straordinaria avventura culturale.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
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Foto: Privat

L'Asse Roma-Berlino e il Patto della Germania con il Giappone, al quale si aggregò l'Italia, allarmarono Roosevelt. Da mezzo secolo gli Stati Uniti si atteggiavano a protettori di una Cina "progressista" la quale esisteva soltanto nella loro immaginazione. Dei problemi dell'Estremo Oriente e dell'Europa, delle responsabilità americane nella crisi morale nata da quella economia, un popolo ingenuo e male informato nonché un Presidente insufficientemente preparato avevano immagini confuse, melodrammatiche, miste di miti e menzogne. Roosevelt vedeva salire le spese del New Deal e l'ira dei suoi avversari: il Giappone in Asia, l'Italia in Africa, la Germania in Austria e in Boemia gli offrirono ottimi diversivi.

Con il famoso discorso della "Quarantena", tenuto a Chicago il 5 ottobre 1937, Roosevelt aprì un'offensiva verbale, cauta dapprima ma poi sempre più intensa. Vedeva l'aggressività dilagante come una malattia infettiva, non ne ricercava le cause, non ricordava la storia americana (le guerre contro il Messico e la Spagna), invitava la collettività a dichiarare la "quarantena dei malati" per proteggere la salute generale. Con ciò il Presidente trasferiva conflitti di natura geopolitica sul terreno della politica interna e, come già aveva fatto Woodrow Wilson, spandeva intorno a essi cortine fumogene, destinate a annebbiare la vista dei contemporanei e dei posteri. Infatti il Congresso e l'opinione pubblica non avrebbero appoggiato iniziative concrete. Quindi Roosevelt continuò a predicare con crescente veemenza. Denunciava i regimi totalitari per distogliere l'opinione interna dagli attacchi che contro di lui lanciavano i suoi nemici interni.

Contro Roosevelt dilagavano odio e rancore, sui quali s'innestava la paura del comunismo. Lui pescava nel torbido: lanciava appelli alla Conferenza di Monaco del 1938, al Re d'Italia e a Hitler nel 1939 e nel contempo incoraggiava i Polacchi a respingere le offerte di Hitler.

L'opinione americana certamente non simpatizzava con la Germania, ma l'egoismo nazionale prevalse sopra ogni altro sentimento. Gli avvenimenti europei tuttavia favorirono Roosevelt: il protettorato tedesco sulla Boemia e la "quarta spartizione" della Polonia agitarono gli amici americani. Pertanto i "discorsi del caminetto" di Roosevelt cominciarono a rispecchiare sentimenti generali. Nell'ottobre 1939 una indagine demoscopica appurò che il 96,5% degli Americani voleva tenere gli Stati Uniti fuori fuori d'una guerra, di cui l'82% dava la responsabilità alla Germania, mentre l'84% auspicava la vittoria degli Alleati. Il numero di coloro i quali approvavano gli aiuti agli Alleati short of war era salito al 62% senonché appena il 30% era pronto a intervenire nella eventualità d'una disfatta degli Alleati.

Il 4 novembre 1939, il Congresso approvò l'abrogazione dello embargo sulle armi e le materie utili per la guerra. Gli Alleati furono soli a beneficiarne. Nulla di più Roosevelt ottenne sino alla primavera del 1940.

L'occupazione di parte della Scandinavia, il crollo della Francia, l'intervento dell'Italia e la Battaglia dell'Atlantico, che all'Inghilterra costò mensilmente 500.000 tonnellate di naviglio, giocarono a favore di Roosevelt. Sebbene gli "interventisti" ancora non superassero il 30%, il riarmo si rendeva possibile. Tra il maggio e il luglio 1940 il Congresso approvò a tale fine spese supplementari per sette miliardi di dollari, che salirono a diciassette prima di ottobre. Per Roosevelt questo era un enorme sollievo: i debiti per il New Deal si confondevano con quelli per la Difesa e rendevano la messa in accusa davanti all'Alta Corte di Giustizia sempre meno probabile. Inoltre le spese per la Difesa stimolavano il pieno impiego e davano ossigeno al New Deal. Una psicosi ossidionale cominciò a diffondersi negli Stati Uniti. Lo Smith Alien Registration Act del 28 giugno impose a 3,5 milioni di stranieri l'obbligo di depositare le impronte digitali e, nell'interesse della sicurezza nazionale, punì ogni parola nociva alla difesa. Questo era un invito ai delatori. Il 16 settembre fu ristabilita la coscrizione.

Le perdite sofferte nella battaglia dell'Atlantico indussero l'Inghilterra a chiedere "in prestito" 50-60 fregate di vecchio tipo. Un comitato di giuristi suggerì il modo di eludere la vigilanza del Congresso: le navi sarebbero state date come contropartita della locazione per 99 anni di 8 basi nelle colonie britanniche di Terranova a Bermuda e nelle isole del Mar dei Caraibi.

La neutralità degli Stati Uniti non era più che una finzione. Hitler finse di non accorgersi d'un baratto il quale era un atto di guerra. Invece l'opinione pubblica americana prese fuoco. Gli "internazionalisti" si erano riuniti sin dal maggio 1940 in un Comitato per la Difesa dell'America mediante Aiuti agli Alleati; a esso gli "isolazionisti" contrapposero un America First Committee, al quale, aderirono l'ex-presidente Hoover e l'aviatore Lindbergh. Le indagini demoscopiche andavano appurando una crescente percentuale di persone che credevano nella possibilità della guerra. Nondimeno la maggioranza rimaneva ostile a un intervento.

Roosevelt vinse la terza elezione con somma difficoltà. Nondimeno la esigua maggioranza fu pur sempre una ratifica della sua politica e una piattaforma per continuarla.

Nel frattenpo il Giappone approfittava delle vittorie tedesche in Europa per far sentire la sua forza sulle colonie francesi e olandesi. La firma del Patto delle tre Potenze ribelli all'ordine di Ginevra fornì a Roosevelt efficaci argomenti per intensificare il riarmo e fare dell'America un "Arsenale della democrazia", quello che in definitiva sarebbe servito sopratutto a consolidare il regime di Stalin. Il 2 dicembre 1940 Churchill annunciò che l'Inghilterra non aveva più dollari e Roosevelt ottenne non senza enormi difficoltà l'approvazione del cosìdetto Lend-and-Lease Program, cioè un credito per aiutare gli Alleati che da sette salì a 50 miliardi di dollari e servì principalmente a finanziare la resistenza della Russia. Neppure questa volta la Germania reagì.

Roosevelt assurgeva a erede di Woodrow Wilson e il 5 gennaio 1941 annunciò al mondo la Dottrina delle Quattro libertà propugnate e difese dagli Stati Uniti (nessuna delle quali fu più tardi rispettata in metà dell'Europa e due terzi dell'Asia). Alcuni mesi più tardi Roosevelt e Churchill, incontratisi sopra una nave da guerra davanti a Terranova, diedero al mondo la "Carta dell'Atlantico", un documento destinato a dividere la sorte dei "Quattordici punti" di Wilson e delle "Quattro Libertà". Parallelamente all'offensiva verbale procedevano le conversazioni segrete tra gli Stati Maggiori, le riparazioni di navi britanniche nei cantieri americani, la protezione di convogli lungo l'Atlantico con fregate degli Stati Uniti. Il 14 maggio 1941 tutti i depositi dei cittadini dell'Asse furono "congelati" e due giorni più tardi i consolati di quelle potenze vennero chiusi. A Washington sopravvissero ambasciate in un completo isolamento. In un primo tempo l'attacco tedesco contro la Russia sconcertò gli Stati Uniti che le purghe e i processi avevano indignato. Presto tuttavia Roosevelt scoprì quali riserve democratiche fossero in Stalin e nel messaggio del 7 novembre 1941 la difesa della Russia fu dichiarata essenziale per la sicurezza americana, quindi il lend-and-lease fu a lei esteso. Mancava ormai soltanto una formale dichiarazione di guerra, che non era nelle prerogative di Roosevelt e per la quale le potenze dell'Asse non fornivano motivi utilizzabili davanti al Congresso. Bisognava cercarli altrove, in Estremo Oriente.

Una politica di colpi di spillo contro il Giappone, accompagnata durante tutto il 1941 da negoziati condotti da parte americana in tono sempre più arrogante, tardava a dare i risultati sperati. Nel 1940 quando la Francia era crollata e l'Indocina era rimasta una res nullius, forze nipponiche l'avevano occupata. Roosevelt ne reclamava l'evacuazione immediata. Il governo di Tokio, ansioso di trovare la via dell'accordo ma minacciato nella vita da una mafia militare, chiedeva comprensione e proponeva termini tali da salvare tanto la pace quanto la propria esistenza. Roosevelt invece voleva precipitare gli eventi. Un ultimatum reclamante la evacuazione immediata dell'Indocina produsse la disperata reazione nipponica contro la base americana di Pearl Harbour. In tal modo Roosevelt ottenne dal Congresso la dichiarazione di guerra.

Quando Stati Uniti e Inghilterra decisero di aprire un secondo fronte in Europa, la Russia, con gli aiuti americani, già aveva fermato l'offensiva tedesca, spezzato la sua forza a Stalingrado e iniziato la irresistibile avanzata. Lo sbarco anglo-americano in Normandia era tardivo.

Da più di un anno dalla Turchia era partito il consiglio di sbarcare alle bocche del Danubio: il governo di Ankara non si sarebbe opposto al passaggio degli Stretti; il Re di Romania avrebbe chiesto la pace, truppe motorizzate, partite dalla Moldavia, avrebbero tagliato le retrovie alle armate tedesche. Se parallelamente a quell'azione gli alleati occidentali avessero aperto negoziati con l'opposizione tedesca, con il gruppo Canaris-Goerdeler, l'offensiva sovietica sarebbe stata fermata.

Ma Roosevelt non volle privare Stalin della vittoria. La guerra, dichiarata dall'Inghilterra e dalla Francia per vietare alla Germania una soluzione concordata del problema di Danzica e impedire una intesa tedesco-polacca, finiva con la spartizione dell'Europa in zone d'influenza tra due potenze extra-europee.