Politica | L'economista indiano

La democrazia non è una fake news

Il Nobel per l'economia Amartya Sen a Bolzano parla della sua adolescenza, di Gandhi, povertà e Brexit – mettendo in guardia dai rischi di un dibattito pubblico carente.
img_20170523_182630295.jpg
Foto: Salto.bz

Una sala strapiena ha accolto ieri, 23 maggio, all'EURAC di Bolzano il premio Nobel per l'economia Amartya Sen. Nel suo saluto, il presidente dell'Accademia Europea Roland Psenner descrive l'economista indiano come un “critico radicale della teoria economica classica e neoclassica, in quanto l'economia tradizionale non sarebbe in grado di promuovere l'uguaglianza delle opportunità. E mi scuso se parlo dell'economia con una posizione più ecologista, dato il mio background, ma ecologia ed economia condividono diverse formule”. La moderazione (non proprio brillante) di Günther​ Cologna dell'EURAC ha puntato molto sulla biografia personale di Sen e le sue ricerche sulla povertà, che gli sarebbero valse l'ambito riconoscimento.

Gli studi in India

Amartya Sen non solo ha trascorso la propria vita nel mondo accademico, ma è addirittura nato in un campus universitario, quello di Visva-Bharati a Santiniketan: “Non ricordo la sera in cui sono nato – sorride – però dicono che ho pianto. C'era la guerra e l'esercito giapponese aveva occupato la regione indiana del Burma. Mio nonno era un professore di sanscrito, mio padre professore di chimica: convinti che i giapponesi avrebbero bombardato Dhaka, nell'attuale Bangladesh, i miei genitori decisero di trasferirsi”. Dopo una parentesi alla cattolica Gregory's High School, Sen frequentò la scuola Phata Bhavana e la stessa università Visva-Bharati, entrambe fondate dal poeta e filosofo indiano (nonché premio Nobel per la letteratura) Rabindranath Tagore: “Era un'istruzione con metodi non convenzionali. C'erano idee diverse sulla didattica, che oggi potremmo definire progressiste. Anche mia madre era stata in quella scuola: la separazione tra donne e uomini non era così marcata, la mia migliore amica era una donna. La libertà era l'elemento più interessante: due fiumi sacri dell'India originano dallo stesso lago, che io pensavo fosse un'isola. Ci ho messo molto a persuadere il mio professore che fosse così, ma lui non sosteneva che fosse un'idea sciocca.”

L'incontro con Gandhi

“Quella col Mahatma Gandhi fu una conversazione memorabile – ricorda Amartya Sen – le sue argomentazioni mi interessavano moltissimo, sul ruolo del sistema d'istruzione e la necessità dell'alfabetizzazione, oltre che sulla funzione della scienza, di cui Tagore non era molto affascinato. Gandhi svolgeva diversi lavori manuali per affinare la mente e renderla più sofisticata”. Nello stato indiano del Behar un terremoto causò molte vittime: Gandhi dichiarò in pubblico che quello era un castigo verso l'India per il sistema degli “intoccabili”. “Quell'uscita fu infelice, il terremoto ha cause naturali. Ma Gandhi aveva un grande moralità, quasi santità, e al contempo un genio tattico e strategico che l'hanno reso un leader politico al suo ritorno dal Sudafrica: coinvolse contadini e poveri nella lotta contro il sistema in classi, fu fautore della resistenza pacifica e nonviolenta”. L'incontro si interruppe, “devo parlare con altri, il suo tempo è scaduto, mi disse, e quelle parole mi scossero: avevo 13 anni. Aggiunse che ci saremmo rivisti e avremmo ripreso la conversazione.”

Il premio Nobel per l'economia

Con la divisione dell'India – un confine tracciato su basi religiose – Sen ha assistito alla trappola dell'identità: “Oggi molti paesi del mondo avrebbero bisogno di una leadership politica laica (e su questo punto non mi aspettavo una regressione simile in India). Leader politici come Trump aizzano le folle, mettono benzina sul fuoco, penso a quanto affermato di recente su sunniti e sciiti.”

Chi studia economia guarda alla ricchezza, perché lei ha scelto la povertà?” domanda Cologna: “Non è difficile occuparsi di povertà se vieni dall'India – replica ironico Sen – dire che ho studiato solo la povertà sarebbe un errore. Mi sono occupato di economia matematica, o dell'approccio binario nei processi decisionali. Il Nobel è stato importante, ho devoluto il premio a varie iniziative in India ad esempio sulla disuguaglianza di genere, ma non credo avrei ricevuto tale riconoscimento se mi fossi occupato solo di povertà. Anche sul New York Times legarono il Nobel ai lavori sulla povertà, mi dissi “bene”, mi diverte un sacco fare studi di matematica, ma mi piace anche affrontare la questione della fame nel mondo. C'è chi si occupa di cosmologia, e la complessità di tali studi sembra non avere utilità. Ma l'umanità non è destinata ad affrontare solo cose utili”.

La fame in Cina e India

Sulle carestie presenti solo nei sistemi autoritari, in assenza di democrazia, Sen porta un esempio molto concreto: “La fame non è la storia che riguarda l'assenza di cibo, ma delle persone che sono prive di cibo. Dal 1958 al 1962 la Cina ha avuto la carestia più grave della storia, 30 milioni di morti durante il grande balzo economico. Ma nel paese non si sapeva, sui mass media non se ne parlava. Le persone mangiavano cibo non commestibile. Il partito sapeva a livello locale, ma non aveva notizia che altrove fosse lo stesso: i partiti locali non ammettevano il fallimento, e quindi sostenevano andasse tutto bene. Anche l'India continua ad avere problemi di sotto-nutrizione”. Secondo Sen, oltre ai mass media liberi e al sistema democratico, “ci vuole un po' di rabbia”: “In India i ricchi se la cavano, studiano all'estero, hanno Google e il conto alla Deutsche Bank. Ma solo l'1% della popolazione legge i giornali. E abbiamo il sistema delle caste: il Buddha, che significa “persona illuminata”, pensava che la società indiana fosse troppo divisa già nel 600 a.C.”.

Tra fake news e fact checking

I sistemi autocratici guadagnano sempre più consensi, abbiamo forse un problema con la democrazia? Per Amartya Sen “la scontentezza è rivolta al sistema in vigore, e ora è la democrazia, di cui non si fa buon uso. Tale insoddisfazione deriva dalla povertà di alcuni ceti. È un malcontento comprensibile, che può nascere anche dalla propaganda delle cosiddette fake news, degli artigiani del terrore. La stessa tecnica è utilizzata nel reclutamento dei terroristi, e non è sorprendente l'abbia rincorsa pure Trump. Io stesso sono stato arruolato come sostenitore da Marine Le Pen solo perché non ho risparmiato critiche all'Euro”. La soluzione proposta dal premio Nobel è “combattere le fake news con il fact checking. Negli Stati Uniti, forse come reazione al maccartismo, è portato avanti molto di più”.

L'Europa della Brexit

L'economista indiano – che ha insegnato a Oxford e Cambridge – vede nella Brexit “l'insuccesso britannico nel coinvolgere la società civile nella vita democratica. Cosa vuol dire voto popolare? Solo un plebiscito avrebbe espresso fermezza, non un 50 e 50. Non possiamo affermare in modo netto che il popolo inglese si sia espresso a favore della Brexit. È stupefacente che il paese che vanta di ospitare la madre di tutti i Parlamenti, sia stato privo di un dibattito pubblico serio e allargato. In merito a democrazia c'è tanto da imparare dalla Gran Bretagna, ma non sulla Brexit”. A detta di Sen, anche l'Europa avrà bisogno di un dibattito pubblico più forte e vigoroso – della cui importanza è convinto un altro premio Nobel per l'economia, Eric Maskin – mentre negli USA “si è parlato di un plebiscito per Trump, ma ci si è dimenticati il criterio della maggioranza”.

Il welfare state è sostenibile?

Amartya Sen è fautore del concetto di sanità e istruzione universali, il cuore del welfare state: “L'Europa ha poca crescita per le politiche di austerità, ma non c'è nulla che favorisca meglio la crescita del miglioramento della condizione umana, e l'istruzione è centrale. Non dovremmo incolpare la natura dell'economia per quello che sta succedendo: il rapporto debito/PIL non può essere trattato in un certo modo, bisogna sostenere la crescita invece di tagliare. I paesi con più successo hanno un'economia di mercato, una produzione agricola e industriale, nonché istruzione di base e sanità di base, e cercano di migliorare questi due sistemi. L'Europa era ai vertici di questo principio, ma gradualmente le cose sono cambiate”. “Possiamo discutere – conclude Sen – sul fatto che l'economia non fornisca istruzione e sanità uguali per tutti, ambiti nei quali l'economia di mercato non può entrare del tutto. Ma l'economia di mercato si basa sul bene per tutti, e se guardiamo ai progressi fatti anche in sistemi privatistici, bisogna vedere cosa può fare l'economia di mercato per l'istruzione e la sanità”.

Ich bin sehr enttäuscht über die Interviewführung, zumal ich mir erwartet hätte Gegenargumente zu hören zum weltweit vorherrschenden neoliberalen Prinzip: der Markt ist alles, der Mensch ist sekundär. Geeignete Ansatzpunkte dafür hätte der Nobelpreisträger selber mehrere vorgegeben. Schade!

Gio, 05/25/2017 - 21:13 Collegamento permanente