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Luci della città rivive a Bolzano

Sabato matineé al Filmclub con il classico senza tempo di Charlie Chaplin tra la slapstick comedy e il dramma sociale. Fiondarsi al cinema è l’unica cosa giusta da fare.
Luci della città
Foto: Screenshot

Si definisce “fortuna sfacciata” l’occasione imperdibile di vedere Luci della città (City Lights) sul grande schermo. Il capolavoro muto del 1931 scritto, diretto, prodotto e interpretato da Charlie Chaplin, che ne ha composto anche le musiche, verrà proiettato sabato, 26 novembre, al Filmclub di Bolzano nella versione restaurata da Criterion Collection in collaborazione con Cineteca di Bologna.

Il film - all’epoca un azzardo perché fu realizzato tre anni dopo l’avvento del sonoro - racconta del Vagabondo (Chaplin) che si innamora di una fioraia cieca (Virginia Cherrill), che per un equivoco lo crede miliardario anche a causa di un’amicizia improvvisata con un riccone ubriaco (Harry Myers). Tra mille vicissitudini, in una pellicola che mescola sapientemente il comico e il melodramma, il protagonista cercherà di raccogliere il denaro necessario per un’operazione chirurgica che permetterà all’amata di riacquistare la vista.

La sequenza in cui Charlot e la fioraia si incontrano per la prima volta

 

Curiosità: pare che Luci della città fosse il film preferito di Orson Welles e di Andrei Tarkovsky, e che figurasse nella top five di Stanley Kubrick. Piacque molto anche ad Albert Einstein e a sua moglie Elsa che parteciparono alla premiere di Los Angeles il 30 gennaio 1931. Si dice che Einstein si commosse fino alle lacrime durante la scena finale. La sequenza forse più famosa invece, quella in cui Charlot e la fioraia si incontrano per la prima volta, venne girata centinaia di volte, secondo alcune versioni 342, secondo altre 451, proprio perché centrale rispetto a tutto ciò che accade in seguito nel film.

Per concludere, il compianto critico cinematografico Roger Ebert scrisse che “se solo uno dei film di Charles Chaplin potesse essere conservato, Luci della città sarebbe quello che più si avvicinerebbe a rappresentare tutte le diverse note del suo genio”, perché “contiene la slapstick comedy, il pathos, la pantomima, la naturale coordinazione fisica, il melodramma, la volgarità, la grazia e, ovviamente, il Vagabondo - il personaggio che un tempo si diceva fosse l’immagine più famosa al mondo”.