“Il carcere così non dovrebbe esistere”
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L’incontro di ieri (24 gennaio) alla Sala di rappresentanza del Comune di Bolzano sulla giustizia riparativa si è aperto con un’immagine diversa della giustizia, che solitamente viene rappresentata bendata, con in mano spada e bilancia. La mediatrice Antonella Valer ha invece voluto mostrare alle persone presenti all’incontro un’immagine alternativa, una giustizia che cede la spada e la benda, per sedersi in un cerchio e dialogare, mediare. Questa è l’evoluzione che la giustizia riparativa può portare all’interno del sistema penale, per renderlo meno cieco e violento. All’intervento era presente Gherardo Colombo, l’ex magistrato attualmente ritiratosi dal servizio, giurista, saggista e scrittore italiano, celebre per le sue inchieste sulla Loggia P2 e Manipulite.
Gherardo Colombo ha dialogato con le mediatrici del Centro regionale per la Giustizia Riparativa e i partecipanti dei gruppi di riflessione “Riparare Relazioni”. L’ex magistrato ha da subito affrontato il tema del sistema carcerario, che Colombo ritiene inefficace: “La giustizia riparativa consente di smettere di rispondere al male (il reato) con altro male (la pena), è uno degli strumenti necessari per adeguare il carcere così com’è al carcere come dovrebbe essere”. Colombo ha infatti avuto nella giornata di ieri un incontro con alcuni detenuti della casa circondariale di Bolzano “Si sono sentiti, in modo figurato, mie vittime, avendo io fatto il magistrato per 33 anni”. Nella struttura di via Dante su 88 posti regolamentati sono presenti 123 detenuti, secondo i dati aggiornati allo scorso giugno.
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Sulle condizioni delle carceri italiane Colombo è duro, ricorda che esistono paesi come la Norvegia con strutture nuove, pulite, all’avanguardia, da 157 mila metri quadrati per 400 detenuti. In Italia invece si fa fatica a garantire i famosi 3 metri quadri a persona dentro le strutture penitenziarie, questo, oltre che un trattamento disumano, è costato allo stato italiano una sentenza di condanna della Corte europea dei diritti dell'uomo. Sulla privazione della libertà continua il giurista: “In Belgio nell’estate del 2022 un gruppo di 55 magistrati ha vissuto per 24 ore in un carcere, facendo la vita dei reclusi, per comprendere cosa vuol dire essere privati della libertà, trovo che sarebbe una misura da adottare anche in Italia”, continua il giurista, “le persone pericolose devono essere allontanate dalla comunità, ma la pena, dice la Costituzione, non può essere contraria al senso di umanità”.
Sul concetto di giustizia, Colombo rimanda a quello che, secondo lui, è il concetto cardine della carta costituente e del nostro ordinamento l’articolo 3, che prescrive tutti i cittadini hanno pari dignità sociale. “Ciò comporta che la pena deve essere umana, per esserlo deve aiutare le persone a mettersi in relazione con l’altro, deve permettere a chi ha sbagliato di rioccuparsi di umanità. Questo è ciò che fa la giustizia riparativa, mette in relazione l’autore del reato con la persona che il reato lo ha subito allo scopo di riparare”.
"Le persone pericolose devono essere allontanate dalla comunità, ma la pena, dice la Costituzione, non può essere contraria al senso di umanità”.
Con la riforma Cartabia del 2022 è stata introdotta in Italia la giustizia riparativa in maniera organica, in ogni stato e grado di giudizio e per qualsiasi reato. Questo comporta la possibilità di intraprendere un percorso di mediazione tra autore e vittima fuori dalle aule di tribunale, cercando una riparazione sia economica che emotiva, se possibile, al danno che il reato ha causato. Il percorso è su base volontaria e può portare a riduzioni di pena o misure alternative alla detenzione.
Questa possibilità, sperimentata da anni in diversi ordinamenti di tutto il mondo, ha dei vantaggi rispetto al sistema penale tradizionale: rimettere la vittima al centro e darle la possibilità di essere ascoltata, oltre a permettere al reo di comprendere a livello profondo il male commesso. Su questo interviene la testimonianza di un ex detenuto, che fa parte del gruppo Riparare Relazioni “partecipare agli incontri del gruppo mi ha permesso di confrontarmi con alcune vittime, così ho imparato ad ascoltare il vissuto e le emozioni del prossimo. Per me qualcosa è cambiato, ora so approcciarmi alle persone”.
“Vedo una resistenza diffusa da parte di avvocatura e magistratura, che conoscono la giustizia riparativa ma fanno fatica ad utilizzarla”
Rispetto agli altri Paesi nei quali la giustizia riparativa è praticata da anni, in Italia c’è ancora molta strada da fare, soprattutto sul piano culturale. Sull’uso della giustizia riparativa Colombo afferma: “Vedo una resistenza diffusa da parte di avvocatura e magistratura, che conoscono la giustizia riparativa ma fanno fatica ad utilizzarla”.
La giustizia riparativa, fondata sul dialogo e l’incontro, aiuta a combattere la recidiva ed è il modo più efficace di ripensare la pena, soprattutto in un paese come il nostro, in cui i detenuti sono tanti, vivono in strutture fatiscenti (quella di Bolzano è uno dei tanti esempi) e non hanno la dignità che, in quanto persone, meritano. Sulla paura di alcuni che la giustizia riparativa possa essere usata dai detenuti per essere impuniti Colombo conclude “passiamo la vita a giudicare gli altri, ma la testimonianza di chi, da ex detenuto, ha partecipato ad un incontro di mediazione, ci dimostra che si può cambiare. I casi di benefici derivanti dalla giustizia riparativa sono moltissimi, quelli di chi l’ha usata in maniera distorsiva ed è tornato a delinquere sono tutti noti perché rare eccezioni”.