Cultura | Salto Afternoon

Merano 1965-1990

Un volume corposo narra l’evoluzione culturale a Merano in 35 anni dello scorso secolo e sarà presto anche una mostra a Kunst Meran/o Arte. Seconda parte
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Foto: Salto.bz

Spiccano anche due lavori risalenti agli anni ottanta del meranese Rudolf Stingel, artista di fama internazionale che vive a New York: Untitled del 1989 è un olio e smalto su lino nei teneri colori azzurro, nero e bianco, che nella sua cromatica e grafica contiene già in nuce ciò che diventeranno i grandi murales ormai famosi (esposti recentemente in una personale a Basilea presso la Fondazione Beyeler), mentre la seconda del 1980, sempre dal titolo Untitled, è di tutt’altro genere, figurativa, rappresenta due uomini seduti su una panchina di ferro bianco, in una scena dipinta nel tipico stile iperrealista à la Hopper, con tanto di occhiali neri e sguardo rivolto verso il pubblico. 

Una xilografia in bianco e nero di Rina Riva è del 1993 e nell’olio su tela di Antonio Manfredi del 1984 dominano i colori giallo e marrone con tendenze al verde e un forte giallo-ocra. La sua dimensione astratta invita a guardare oltre il rappresentato (un albero ai lati di una passeggiata?) per analizzare le profondità di un’anima che cerca di esprimersi. Opere che non sono di significato immediato, anzi, invitano a meditare e riflettere. 

Ampio spazio è dedicato all’arte della gioielleria locale, che in Anton Frühauf ha trovato un vero maestro di composizioni astratte: basti pensare all’Oggetto del 1972, in oro su plexiglas, un vero e proprio quadro-scultura in miniatura date le sue misure di 8,5 x 7,5 cm! Le sue opere rimandano alle creazioni di Mondrian e Kandinskij, visto che il gioielliere-artista dipingeva, o meglio scolpiva, in modo monocromo inserendo nelle sue creature pietre preziose come punte colorate. 


Un discorso a sé vale per la sezione dedicata a uno spazio artistico di cui si parla ampiamente nel saggio omonimo di Leo Andergassen: Il Piccolo Palazzo d’Arte, una realtà intrigante con tanti artisti di livello internazionale invitati a Merano. Qui ci sono alcune opere a firma di Hermann Nitsch, l’artista austriaco noto per gli scandali provocati con la sua arte basata sul sangue (di animali) e le grandi feste di macellazione, intese sia come rito pagano sia per usare il sangue come colore da spargere su modelli vivi e nudi in nome del suo Orgien-Mysterien-Theater nel giardino del suo castello di Prinzendorf in Alta Austria. La riproduzione del manifesto dice che la mostra di litografie a lui dedicata a Merano si era svolta nel 1990, ma ci sono anche oggetti lasciati dallo stesso Nitsch in un’altra occasione precedente (1986) che saranno egualmente esposti: un secchio e l’abito usato durante la performance. 

L’arte visiva italiana è rappresentata soprattutto da Marcello Jori (classe 1951), fra gli artisti della scena internazionale esposti tra Venezia e Parigi, Roma e Francoforte, Napoli e New York. Cofondatore nei primi anni ottanta del Nuovo fumetto italiano, Jori ha pubblicato su riviste come “Linus”, “Alter” e “Frigidaire” (assieme ai vari Andrea Pazienza, Massimo Mattioli, ecc.), ha aderito alla New Wave e al graffitismo, portato in Italia da New York dalla giovane critica Francesca Alinovi, realizzando uno stile tutto suo di scritture dipinte, per poi dedicarsi alla rappresentazione di cristalli. La scelta di questi soggetti è stata determinata soprattutto dalla loro forma e dalla capacità di contenere e restituire luce e colori. Quest’ultima fase della sua ricerca artistica lo ha portato a quello su cui oggi si sta focalizzando il suo lavoro, ossia il progetto definito Città meravigliosa: (ri)dipingere spazi per artisti famosi nel mondo, anche quelli privati, onde arrivare a uno spazio di vita meraviglioso distribuito sull’intero pianeta. Artista poliedrico, Jori ha anche realizzato le scenografie per un concerto di Vasco Rossi a Milano dal titolo Rock sotto l’assedio: una città dipinta di venti metri per settanta. Jori contribuisce alla mostra meranese con un’opera del 1982, … e dove si aprono spiragli, una spirale illusoria in olio e acrilico su tele sagomate – già segno in nuce della futura evoluzione artistico-stilistica – e con l’enorme serie di ritratti in bianco e nero intitolata Marcello Jori (1974), nei quali avviene una contaminazione tra Picasso e l’autore, grazie alla sovrapposizione di immagini con alcuni interventi grafici. 


A proposito di fotografia, non potevano mancare alcuni scatti di Elisabeth Hölzl, fotografa artista meranese, in relazione con un’intrigante scultura Senza titolo del 1992, dove due mattoni uniti con un vetro vanno idealmente a produrre un effetto specchio, benché l’effetto dell’immagine riflessa di fatto sia reale. Una dichiarazione filosofica sulla sua attività, catturare immagini riflesse della realtà attraverso la lente dell’obiettivo della macchina fotografica: nelle quattro fotografie in bianco e nero l’artista ritrae momenti e angoli catturati nel corso di una mostra a Villa Traversi nel 1990 dove il tema è esattamente quello, superfici di vario tipo in dialogo con la tridimensionalità e la bidimensionalità. 

Come detto all’inizio, il volume è molto di più di un semplice catalogo della (futura) mostra omonima, contiene un discreto numero di saggi storici e descrittivi ma anche critici che raccontano i percorsi artistici a Merano in quel periodo storico. Rammentiamo quelli che ci narrano la nascita e la crescita della scena musicale sia per quanto riguarda i musicisti locali sia per quanto riguarda l’organizzazione di festival quali le Settimane musicali meranesi (oggi Südtirol Festival Meran.o) o Merano Jazz, nel lungo contributo a firma di Ewald Kontschieder; quello sulla scena teatrale tedesca e italiana dal promettente titolo che da solo funge da distillato critico, Che teatro?! redatto da Franco Bernard e quello sul (poco) cinema, a firma di Irina Ladurner, in cui imperano i tre figli importanti della città, Mario Deghenghi, grandioso cameraman nel campo del cinema che ha contribuito a far nascere l’attuale emittente locale Rai Südtirol, Bruno Jori, padre del già nominato Marcello Jori, regista che aveva fatto collaborare in un film girato a Verona un giovanissimo Rainer Werner Fassbinder come aiuto regista, e Karl Schedereit, anima inquieta germanica che dal Manifesto di Oberhausen dei giovani cineasti tedeschi steso nei primi anni sessanta era giunto a Merano per collaborare con Deghenghi e Jori e poi ripartire alla volta di numerosi paesi nel mondo per realizzare i suoi documentari. 


A proposito dei saggi critici dedicati agli artisti e alle artiste citati/e più sopra dispiace che si sia voluto dare più attenzione ad alcuni, creando un vero e proprio squilibrio nella percezione e nel racconto di quegli anni. Per il resto pare significativo aver inserito gli aspetti dovuti alla presenza delle due comunità religiose piuttosto nutrite, quella evangelica e quella ebraica, le cui tradizioni culturali si sono unite alle altre presenti svelando riferimenti e relazioni a volte sorprendenti.
Completano il corpus saggistico l’appendice con le brevi biografie di (quasi) tutti e tutte coloro che sono stati e state citati/e nel testo.