Ma il decreto dignità funziona o no?

Il decreto dignità voluto dai 5 stelle ha risolto da solo i mali di un mercato del lavoro ingessato e ineguale come quello italiano? Certamente no, e nemmeno poteva farlo. Ci sono state effettivamente, come rimarca Ivana Veronese, della segreteria nazionale Uil, alcune novità positive, vedi la reintroduzione delle causali nei rinnovi dei contratti. Ma su questo stesso argomento, prosegue la sindacalista, il legislatore avrebbe “errato” nel non considerare per le proroghe “causali più aderenti alle specifiche esigenze di settore”. Provocando quindi “un crescendo di insicurezza e precarietà per le lavoratrici e i lavoratori a maggior rischio di turn-over e disoccupazione” e altresì “l’impossibilità per i datori di lavoro, in situazioni di reale necessità e temporaneità, di prorogare i contratti scaduti”.
Dentro i dati delle assunzioni
Per capire il commento di Veronese occorre guardare ai dati a cui fa riferimento, ovvero quelli contenuti nel rapporto 2016-2018 sulle “comunicazioni obbligatorie” fornite delle aziende. La relazione, curata dalla Uil nazionale, fotografa le assunzioni e cessazioni di lavoro avvenute nel triennio e offre quindi un quadro della situazione del mondo del lavoro italiano.
I rapporti di lavoro trasformati da tempo determinato a tempo indeterminato hanno avuto un forte aumento: nel 2018 sono oltre 564 mila, con un +86,4% nazionale, mentre a Bolzano e Trento sono cresciuti del 62,4 e 96,4 per cento. Ma il decreto dignità ha effetto solo da metà 2018 (Uil nazionale)
Il totale dei rapporti di lavoro attivati nel triennio evidenzia un leggero aumento dal 2017 (10 milioni e 733.801 unità) al 2018 (11 milioni e 359.382), con un incremento anche sul 2016 (9 milioni e 490.303). Come si vede dalla tabella, il numero dei tempi indeterminati al netto delle trasformazioni risulta più o meno stabile: si va da un milione e 645.990 rapporti attivati a un milione e 631.326. I tempi determinati invece crescono e raggiungono quota 69,5% sul totale. Il che fa dire alla Uil che l’incidenza del lavoro stabile, attorno al 14,4%, resta bassa.
In base a tale focus, nota la segretaria confederale, non vengono meno alcune debolezze strutturali italiane, dalla qualità del lavoro (data anche dalla sua stabilità) all’occupazione femminile, aumentata meno di quella maschile. Ovvero +17,1% contro +21,9%.
Tempo indeterminato, cosa non va
Si passa al portato del decreto dignità, approvato nel luglio 2018 e convertito in legge il 9 agosto (testo 96 del 2018). La stessa Uil nota “il forte aumento dei rapporti di lavoro trasformati da tempo determinato a tempo indeterminato, che nel 2018 sono oltre 564 mila (in aumento dell’86,4% rispetto al 2017)”. Un aumento generalizzato nel Paese che coinvolge la provincia di Bolzano (+62,4%) e in misura maggiore quella di Trento (+96,4%).
Nel secondo semestre dell’anno scorso c’è stata una flessione nei rapporti di lavoro accesi, anche temporanei. Un effetto anomalo dettato dalle causali. Vanno ripensate perché così come sono danneggiano lavoratori e aziende virtuose
Va tenuto conto però che gli effetti della normativa sono riscontrabili sono dal secondo semestre dell’anno scorso. Dall’entrata in vigore in poi la Uil rileva quindi “una riduzione congiunturale dei rapporti di lavoro accesi, che investe anche il contratto a tempo determinato”. “Una flessione - precisa Veronese - che possiamo ritenere anomala per un contratto che difficilmente è interessato da battute di arresto. L’effetto prodotto dalla reintroduzione delle causali è quindi visibile nei dati”. Segue l’appello sulla ridefinizione delle causali “per scongiurare un loro aggiramento attraverso forme contrattuali o istituti impropri”, conclude la sindacalista.
Pur avendo introdotto alcuni aspetti positivi come le causali , il decreto dignità non ha affrontato il tema della stabilità del lavoro alla radice. Come il Jobs act di Renzi (Toni Serafini, Uil Alto Adige)
“Non ha risolto nulla, come il Jobs act”
Da Bolzano invita a una lettura critica dei dati anche Toni Serafini, segretario provinciale Uil-Sgk, che considera comunque il buon momento per l’economia e l’occupazione in Alto Adige. “Se è vero - afferma - che aumentano le trasformazioni verso l’indeterminato, bisogna guardare ai numeri complessivi delle attivazioni che non subiscono grosse variazioni. Inoltre, esiste un altro dato, quello delle ore lavorate, in calo a livello nazionale, che fa preoccupare perché indica un possibile aumento del lavoro nero o grigio, quello ad esempio dei finti part time di chi invece deve lavorare a tempo pieno”. Quindi, per il sindacalista il decreto dignità non è stato determinante. “Alla pari del Jobs Act di Renzi - termina Serafini - non ha affrontato il tema alla radice, pur con alcuni aspetti positivi come la maggiore rigidità delle causali”.
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