Società | Diverkstatt

Social Dis-Integration

Qualsiasi progetto per rigenerare la nostra comunità e società deve partire dai singoli, dalle relazioni con gli altri e da una fitta rete di pratiche solidali.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
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Foto: Facebook/Diverkstatt

Quando un popolo perde il senso della comunità, vengono meno i meccanismi tradizionali che assicurano l’integrazione e la coesione. In assenza di un progetto comune i singoli si isolano smarriti, non sapendo più come agire nei confronti degli altri, insicuri della propria identità. Una generazione non è più in grado di trasmettere all’altra le pratiche e le abitudini che tengono insieme un popolo e la sua cultura; la società perde le sue tradizioni e disperde il proprio patrimonio; nei singoli viene meno il senso di appartenenza.

2016. Anno bisesto, anno funesto.

L'anno 2016 è risultato a tratti un anno drammatico e pieno di eventi che hanno sconvolto intere comunità e moltissimi cittadini e cittadine in tutta Europa. Il bombardamento di informazioni su un mondo pieno di guerre e povertà producono uno stato di ansia e insicurezza in moltissime persone che non riescono a farsi un'opinione strutturata di quello che sta succedendo nel mondo. Inoltre le bufale e la propaganda ci raggiungono quotidianamente colpendo le nostre emozioni e by-passano la nostra ragione e il nostro buon senso. Una diretta conseguenza degli eventi che viviamo (virtualmente e concretamente), è che veniamo spinti e ci spingiamo sempre più in una dimensione individualistica fatta di consumo e cura della sfera privata. Questi fattori fanno percepire la realtà e i relativi problemi così grandi e insormontabili che percepiamo un senso di impotenza verso ciò che succede nel mondo. Tendiamo così a non impegnarci nemmeno un po' a provare a fare la nostra parte perché riteniamo sia inutile e sostanzialmente solo uno spreco di tempo.

Le conseguenze sulle persone.

Tutto questo ha però a volte delle conseguenze nefaste per la nostra vita, quella dei nostri cari, dei nostri conoscenti ed in generale per la nostra comunità e per la nostra società. Vediamo chiaramente le situazioni in cui le persone si sentono sole, anche quando "partecipano", perché i rapporti interpersonali sono svuotati o hanno perso la rilevanza che avevano facendoci sentire inadatti, impotenti, impauriti e soprattutto frustrati. Insieme all'allontanamento dei giovani e dei meno giovani dalle più comuni forme di responsabilità, che sono alla base di una comunità e del suo senso civico, si registra un incremento delle manifestazioni di odio e intolleranza (sia essa razziale, sessuale, religiosa o etnica) sui social media e piattaforme affini. Aizzatori professionali e produttori seriali di bugie sfruttano questo terreno per dirottare il senso di insoddisfazione verso facili bersagli ma al contempo non forniscono nessuna prospettiva, nessuna soluzione e nemmeno una spiegazione funzionale a vivere meglio.

Troppo pessimisti? Niente affatto.

Il pessimismo dell'intelligenza deve avere come complemento un ottimismo della volontà. Capire i limiti della propria influenza sulle cose è importante esattamente quanto la volontà di volere esercitare la propria influenza sul mondo per renderlo, anche se solo in parte, migliore. Dopo il grande shock e l'onda lunga di propaganda etnopopulista del "prima noi" è di fondamentale importanza rimettersi in gioco e impegnarsi di nuovo quotidianamente per ri-costruire un senso di comunità, di responsabilità e di libertà all'interno della nostra società. Questa operazione è un atto collettivo di solidarietà e passa tra le mani, gli occhi, il pensiero e le azioni di moltissime persone. Ci sono azioni semplici come salutare le persone anziane quando si incrocia il loro sguardo, ascoltare davvero la persona a cui si è appena rivolta una domanda oppure la decisione di fare volontariato e organizzare un evento.

Riprendiamoci le relazioni umane.

Per elaborare una prospettiva di futuro sulla quale investire ancora i nostri sforzi, i nostri sogni e le nostre speranze è prima necessario comprendere che tutto, o quasi, passa per le relazioni sociali che si hanno nel quotidiano. Visto che le persone hanno sempre meno strumenti per relazionarsi autenticamente tra loro, soprattutto al di fuori dei meccanismi consumistici, si crea una mancanza di fondamenti comuni capaci di garantire il rispetto, la sicurezza, la fiducia e la speranza. Come effetto contrario si alimentano quindi l'insicurezza, l'aggressività, il disorientamento e la paura. Se vogliamo tornare ad essere liberi interpreti della nostra vita, dobbiamo di nuovo assumerci le nostre responsabilità quotidiane nei confronti delle persone che incontriamo perché libertà e responsabilità sono intimamente legate e ci offrono la possibilità di essere davvero più felici, insieme.

Ogni lungo viaggio comincia con un primo passo.
Ognuno di noi come individuo si muove all’interno di diversi gruppi sociali in cui è, a seconda di diversi fattori, più o meno importante, integrato o conosciuto. A volte non ci si rende conto quanto si prenda per scontata questa situazione “integrata” e di quanto invece sia possibile che da un giorno all’altro ci si trovi in una situazione dis-integrata. Il primo passo è quello di comprendere la situazione privilegiata in cui a volte si vive e rendersi conto che ci sono molte persone a cui possiamo dare concretamente una mano anche senza la presunzione di salvare il mondo. Il 29 dicembre al Palazzo Sternbach a Brunico (ore 19:30) daremo spazio alla voce di alcune persone che lavorano nel sociale e di altre che si sono trovate in situazioni di difficoltà. Questo per sensibilizzare e fornire degli input alla cittadinanza su alcuni temi e problematiche come l'handicap, il disagio psichico, l'emarginazione sociale e la povertà. Il tutto con musica, tè caldo e biscotti perché il senso di comunità si crea non solo affrontando insieme i problemi ma soprattutto condividendo.

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Karl Trojer Ven, 12/30/2016 - 19:48

Caro Matteo Da Col,
ringrazio del Suo interessante esposto e condivido la Sua speranza in un mondo più solidale e quindi più umano ! Per esperienza propria mi sembra poter contribuire a ciò con alcune riflessioni :
- l´ESSENZIALE è semplice; la complessità si crea mettendo in rete delle realtà più semplici. L´EZZENZIALE é l´UNITÀ : possiamo chiamarlo "Dio", che è l´ AMORE. Quest´UNITA`(realtà assoluta, inquanto esistente ex se stessa, si manifesta tramita il "creato", il mondo intero).
- il nostro mondo si genera dall´ azione integrata e contempoiranea dell´ENERGIA (che di per sè ha carattere caotico), dell´INFORMAZIONE (che struttura l´energia, le da forma e quindi individualità) e della COMUNICAZIONE ( che mette in comunione, in rete, gli individui). Forse questa visione può esser pure compresa come un´interpretazione della TRINITÀ cristiana.
Se la nostra cultura fosse capace ad essere portavoce dell´AMORE, come fonte di tutto, e che quest´AMORE si è fatto uomo, affinchè noi possiamo comprendere cos´ è AMORE, allora il mondo cambierebbe in meglio.
- la nostra cultura definisce l´UOMO come "individuo" e la società come "somma degli individui" in cui l`etica, la morale, servono a rendere la società vivibile .Questa visione, a mio parere, è erronea : la società umana non è la somma dei suoi individui bensi un´ORGANISMO in cui le situazioni dei singoli atomi, molecole, cellule, organi condizionano inevitabilmente e direttamente la sua salute. In questa visione l´essere solidale diverrebbe naturale, imminente.
- le nostre azioni contro la PAURA (fonte principale di incertezza, di autodifesa contro il diverso, di aggressione, di distruzione del diverso, di autodistruzione) sono troppo superficiali; esse non toccano il fondo, le radici. Ma "l´educzione" dovrebbe incominciare allo stato embrionale e formare la persona essenzialmente fino al suo settimo anno di vita; quindi occorrerebbe trasmettere alle nuove esistenze umane "Urvertrauen" (fiducia indocondizionata ?), che genera il credo in se stessi, la consapevolezza della propria DIGNITÀ (la dingità non è nè attribuibile, nè distruttubile, ma l´essere umano, inquanto tale, ne è e ne resta dotato, qualsiasi sia la sua storia. Si può donare e/o distruggere "l´onore", ma non "la dignità". Già Socrate disse : proteggete i vostri figli da Omero, che gli imbroglia con i suoi "eroi" per poi mandargli in guerra... Siate "ostetriche", che aiutano il bambino a divenire sempre più se stesso, offrite a loro ritmo, musica, (ginnastica e danza) ... ed " il sapere" , quando saranno più maturi .....
Karl Trojer, Terlano
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Ven, 12/30/2016 - 19:48 Collegamento permanente