Un antidoto contro il risentimento
La storia a volte si fa anche così, presentando due libri. Sabato 25 maggio, alle dieci di mattina, la pioggia ha concesso una tregua utile per parlare di un'iniziativa editoriale che può essere considerata la prima pietra di un edificio ancora tutto da costruire. Pietra immaginata, dunque, pietra scritta, ma intanto pietra già posta. L'edificio è il cosiddetto Polo bibliotecario della città di Bolzano. Le note esplicative del sito della provincia lo descrivono futuristicamente come capace di accogliere ogni anno circa quattrocentomila visitatori. Un grande polmone culturale, ancorché controverso, pensato come casa comune delle tre istituzioni bibliotecarie principali adesso ancora divise: la Dr. Friedrich Teßmann, la Cesare Battisti e la Claudia Augusta.
Parole del tempo
Nel piazzale interno in cui dovrà quindi essere allestito il cantiere, i tre direttori (Johannes Andresen, Ermanno Filippi e Valeria Trevisan) hanno salutato il numeroso pubblico accorso alla matinée, e ribadito in due lingue lo stesso concetto fondamentale: “Vorremmo davvero che questa fosse la prima di una lunga serie di manifestazioni organizzate dalle nostre biblioteche riunite”. La parola è poi passata al giornalista Rai Lucio Giudiceandrea, il quale aveva il compito di moderare la presentazione del libro, anzi dei due libri, che l'editore meranese Aldo Mazza (alphabeta) e quello tirolese Bernd Schuchter (Limbus) hanno pubblicato riunendo cinque racconti di autori italiani e cinque austriaci attorno al concetto, alla parola del tempo (Zeitwort) “Risentimento” (Ressentiment, in tedesco): “Noi viviamo davvero nell'età del risentimento – ha spiegato Giudiceandrea –, del rancore che dal corpo sociale sale per colpire il sistema o ciò che sembra tale, e gli autori dei racconti dei quali parleremo sono stati stimolati a riflettere su tale sentimento, o per meglio dire ad illuminarlo con gli strumenti del loro mestiere, la letteratura”.
Come bere del veleno e attendere che l'altra persona muoia
Anna Rottensteiner, curatrice del volume in tedesco, ha presentato Anna Weidenholzer, giovane autrice dell'ultimo testo in raccolta, intitolato Wieder zwei. La parola Ressentiment è in tedesco un prestito dal francese, ha spiegato Rottensteiner, un Konzeptwort reso celebre da Nietzsche e da Scheler allo scopo di qualificare la disposizione d'animo riscontrabile presso chi non è felice, eppure si sente negato all'azione che determinerebbe un cambiamento della propria insoddisfacente condizione di vita. La colpa di tale incapacità è ovviamente attribuita ad altri. Per questo il risentito schiuma rabbia impotente, e tende a soffocare in una lenta Selbstvergiftung (icasticamente, nel risvolto di copertina dei due libri viene richiamata l'epigrammatica citazione di Malachy McCourt: “Provare risentimento è come bere del veleno e attendere che l'altra persona muoia”). L'interesse che ha guidato Weidenholzer ad occuparsi del Ressentiment, ha spiegato la scrittrice, è stato quello di fotografare l'effetto del risentimento all'interno dei rapporti interpersonali, in situazioni di quotidianità: “Ho cercato di usare la mia scrittura come una macchina da presa, senza giudicare, lavorando soprattutto sugli spazi vuoti, e insistendo su quei momenti in cui i protagonisti ignorano deliberatamente chi hanno di fronte [il racconto potrebbe essere inteso come una fuga musicale che insegue il ricorrente tocco iniziale: Im Grunde ist es doch so... du lässt dich auf einen Menschen ein, oder nicht, ndr] e rifluiscono così nel proprio isolamento che è fonte di malessere”. Interessante la domanda con la quale Rottensteiner ha concluso la prima parte della presentazione: la letteratura può forse essere considerata l'antidoto più efficace, un mezzo per spurgare il veleno del risentimento? “Senza dubbio – ha risposto Weidenholzer – la letteratura presuppone sempre un esercizio empatico, di avvicinamento all'altro, e perciò può portarci ad abbandonare la riva sulla quale cresce la malapianta del risentimento”.
Il risentimento è una condizione che il potere auspica
L'insegnante e scrittore Giovanni Accardo ha introdotto la seconda parte della presentazione, accompagnando in modo puntuale l'assai brillante intervento di Giorgio Falco, che nel volume in lingua italiana fornisce un ritratto del rapporto conflittuale tra un padre e un figlio, ma anche del cambiamento tra due epoche rivelate dalle trasformazioni intervenute nel gioco del calcio e della sua rappresentazione giornalistica, dagli anni settanta fino ad oggi. “Forse è possibile dire che il sentimento stagnante del risentimento ha preso progressivamente il posto di ciò che prima era invece sviluppabile in modo attivo, come indignazione”, ha sintetizzato Falco. Il risentimento diventa per questo una condizione addirittura auspicata dal potere (mentre l'indignazione è temuta), perché sfruttabile a piacimento in chiave di controllo sociale: “Prima chi guardava ad esempio una partita in differita alla televisione tendeva a fidarsi di ciò che vedeva, credeva nella mediazione autoriale fornitagli da quelle immagini. Era però anche più pronto a reagire, persino a scendere in strada se un evento particolare era sentito come realmente distruttivo del proprio equilibrio. Oggi tutto è cambiato, tutto viene frullato, consumato nel battito frenetico di una diretta che immerge i telespettatori in un vortice di attimi interscambiabili, per poi farli annegare in spasmi di reazioni risentite e per questo tutto sommato ininfluenti”. Come già nel caso di Anna Weidenholzer, anche per Falco la letteratura è quindi lo strumento più adeguato per accendere un punto di osservazione al margine degli accadimenti domestici, un punto posto per così dire lungo la faglia del loro svolgimento storico, in modo da poterli scomporre e comprendere più in profondità, nella dimensione linguistica.
Due mondi, e io vengo dallo stesso
L'Alto Adige/Südtirol è stato a lungo una terra “risentimentale”, come la definirebbe l'aggettivo coniato da Giorgio Vasta in apertura del volume in lingua italiana. Pensiamo, ovviamente, allo scontro tra i gruppi linguistici che ha caratterizzato tanta parte del Novecento, fortunatamente alle nostre spalle. Iniziative come questa svolgono perciò la loro benefica influenza su piani diversi, non solo nell'ambito privilegiato della creatività letteraria. Proporre racconti di tale livello in due lingue, su un tema così attuale, fonda un dialogo che – l'abbiamo visto – è l'unico modo per uscire dalla trappola dei risentimenti incrociati. Averlo fatto nel luogo che, speriamo presto, ospiterà le tre biblioteche riunite, significa investire un grande capitale di fiducia nel futuro. Parafrasando il titolo di un libro di Alessandro Banda (anche lui presente nell'antologia con il racconto “Dialogo (risentito) con uno sconosciuto enigmatico”), finalmente non abbiamo più paura di essere visti come il punto d'incontro tra due mondi diversi, e possiamo permetterci di dire che proveniamo dallo stesso. Adesso che la prima pietra è stata posta, venga il resto.