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L'esclusione e l'odio

L'analisi di uno scrittore sul terrorismo islamico in Belgio che forse suggerisce qualcosa anche a noi.

Tra i molti, moltissimi commenti comparsi in questi giorni sulla stampa italiana in merito alle stragi terroristiche di Bruxelles, uno, in particolare, mi ha colpito. È comparso, martedì scorso, sulle pagine del quotidiano Repubblica ed a firmarlo è stato il giornalista e scrittore David Van Reybrouck, autore, tra l'altro di un libro intitolato "Congo", venduto in tutto il mondo in milioni di copie e che racconta con spietata sincerità tutta la storia dell'insanguinata avventura coloniale belga nel paese centrafricano.

Van Reybrouck si interroga sulle cause che hanno provocato il formarsi, nelle periferie urbane del suo paese, quelle zone di marginalità e di esclusione sociale nelle quali ha facilmente attecchito la predicazione dei profeti di violenza e di distruzione dell'estremismo musulmano. Esiste, egli dimostra, una strettissima correlazione tra le scarsissime prospettive di vita e di lavoro che vengono offerte alle nuove generazioni di giovani che si affacciano alla vita in questi veri e propri ghetti suburbani e il numero crescente di quanti, tra questi ragazzi, scelgono di regalare la propria sopravvivenza alla follia omicida suicida del Califfo.

Sin qui, se vogliamo, nulla di particolare. L'analisi è già stata compiuta molte volte in questi mesi, da quando si è scoperto che i quartieri periferici di Bruxelles ospitavano più di ogni altra zona d'Europa le tane da cui sono usciti i commessi viaggiatori della morte che hanno seminato lutto e distruzione.

L'analisi, però, si fa molto più dettagliata e interessante per chi vive alle nostre latitudini quando affronta il problema delle cause remote e recenti di questa esclusione sociale. Il Belgio, secondo Van Reybrouck, ha trascorso l'ultimo secolo nel tentativo di trovare compensazioni politiche e culturali alle profonde divisioni sociali e linguistiche che lo travagliavano. Divisioni tra le classi sociali in uno dei primi paesi del continente ad essere teatro di una forte industrializzazione, divisioni di tipo religioso tra il segmento cattolico e quello laico della popolazione, divisioni, infine, di carattere etnico-linguistico tra la componente fiamminga e quella di origine vallone. Lo scrittore spiega nel dettaglio come attraverso una serie di riforme istituzionali e di accordi politici si sia cercato di trovare un equilibrio tra le varie istanze, applicando i principi della sussidiarietà e del decentramento delle varie forme di governo.

"Ma se il Belgio - prosegue Van Reybrouck - si è occupato tanto delle sue spaccature storiche perché oggi gestisce così male gli attriti recenti? Il motivo è semplice: proprio perché si è concentrato sul sanare le vecchie faide interne. Per questo motivo, quasi non fa attenzione ai nuovi conflitti, anche se sono molto più urgenti.  In pochi paesi come il Belgio si contano tanti casi di sciopero, ma l'immigrato disoccupato rimane sostanzialmente a guardare. Non ha un sindacato :magari la sua religione assolve a questa funzione,oppure l'odio".

"Negli ultimi decenni, a proposito del conflitto tra Fiamminghi e Valloni- prosegue ancora Van Reybrouck -, questo paese ha investito molto più tempo, soldi ed energia nella riforma dello Stato che nella costruzione di una coscienza comune [...] Quando il Belgio rimasto senza governo per un anno e mezzo, molti giornalisti stranieri mi dicevano scherzando che questo provava che un paese si può gestire anche senza governo. Ho sempre considerato questa idea uno scherzo di pessimo gusto. Perché le prime vittime del conflitto tra Fiamminghi e Valloni sono proprio quelle persone che non riescono a identificarsi con nessuno dei due gruppi. Le lunghissime negoziazioni per formare il governo davano a questa gente ancora di più l'idea di essere ignorati dalla politica belga. Cosa sarebbe accaduto se in quel periodo ci fosse stato al contrario un governo forte efficace? Se le disuguaglianze fondamentali dell'istruzione nel lavoro fossero state considerate la vera priorità? Questo paese deve finalmente imparare a fare i conti non solo con le divisioni nate nel 1830, ma anche con le fratture con i gruppi di cittadini che sono arrivati qui dal 1960 in poi".

Non so a voi che mi leggete, ma a me ricorda qualcosa.