Ambiente | Reazioni

“Altro che sostenibili”

Il WWF critica le proposte per le politiche alimentari del Landeshauptmann Arno Kompatscher. “Non bastano i proclami e le abili operazioni di marketing”.
Frutta
Foto: Suedtirolfoto.com/Othmar Seehauser

Non raccoglie favore unanime l’iniziativa del presidente della Provincia Arno Kompatscher in merito alle misure sostenibili nell'ambito della politica alimentare presentate recentemente a Bruxelles. Dopo lo scetticismo manifestato da Pesticide Action Network (PAN) Italia, gruppo che mira a promuovere una “divulgazione corretta e non ideologica sui pesticidi e i loro effetti sull’ambiente e la salute pubblica”, a prendere posizione è ora il WWF. Pur lodando le proposte e le sollecitazioni di Kompatscher sulla necessità, ad esempio, di rafforzare le filiere alimentari regionali, di incentivi a sostegno degli elementi tradizionali, o di un’attenzione alle regioni di montagna e periferiche o a un’etichettatura degli alimenti più chiara per i consumatori, l’organizzazione ambientalista afferma tuttavia che le produzioni alimentari dell’Alto Adige sono, in alcuni casi, “le prime per carenza di sostenibilità ambientale e di trasparenza”.


Fin qui mica tanto bene

Sostiene il referente locale del WWF Luigi Mariotti che dai dati ISTAT relativi al settore agricoltura emerge che il Trentino Alto Adige è la regione italiana “con il più elevato impiego di pesticidi per unità di superficie (45,02 kg/ettaro contro i 6,66 kg/ettaro a livello nazionale). Se da una parte i pesticidi irrorati nei campi di mele e uva della regione hanno effetti positivi per le produzioni agricole, il loro massiccio impiego ha riflessi negativi sulla salute delle persone e sull’ambiente, considerato che assieme agli insetti dannosi vengono avvelenati aria, acqua, suolo, piante e animali che vivono negli ecosistemi agrari”.
Filiera corta e prodotti a km 0: anche su questi fronti l’Alto Adige è ancora indietro, denuncia il WWF ricordando che del milione di tonnellate di mele prodotte ogni anno sul territorio circa il 50% viene esportato verso altri Paesi (Germania, Inghilterra, Scandinavia, Spagna, Paesi dell’Est, Nord Africa). “È evidente - sottolineano gli ambientalisti - che puntando sulla monocoltura delle mele è necessario esportare buona parte della produzione e il km zero rimane solo sulla carta. Sarebbe molto più sensato, e sostenibile, diversificare le produzioni agricole e la conversione verso produzioni biologiche”.


Oltre il marketing

Sotto la lente del WWF anche la produzione di speck in Alto Adige. “La materia prima - spiega Mariotti - viene quasi totalmente importata (99,9%), con circa 7 milioni di cosce suine (contro 1000 suini allevati in Alto Adige nel 2016) che vengono fatte arrivare ogni anno da allevamenti intensivi esteri (Germania, Austria, Olanda, Danimarca) per essere affumicate in Alto Adige”. Non solo. Secondo il WWF i mangimi impiegati negli allevamenti per ingrassare i suini sono geneticamente modificati e possono provenire da tutto il mondo, “in questo caso il marchio regionale dell’Alto Adige nasconde filiere di produzione tutt’altro che regionali e sostenibili per l’ambiente”. Parlando di trasparenza, invece, la proposta è quella per la Provincia di Bolzano di cominciare a indicare sui prodotti alimentari venduti con il marchio Alto Adige il paese di provenienza delle materie prime: carni destinate alla produzione di speck e salumi, e farine destinate alla produzione del pane venduto con il marchio dell’Alto Adige. “Oltre ai proclami e alle abili operazioni di marketing, è necessario che la Provincia di Bolzano investa maggiori risorse in produzioni alimentari realmente sostenibili”, così Mariotti.