Politica | Montagna

Ribattezzare i rifugi, è polemica

Fa discutere la proposta dell’Alpenverein di ridenominare i rifugi intitolati nel Novecento a città tedesche o italiane: “Meglio nomi legati alla geografia locale”. Scettico Steger (SVP), contrari Süd-Tiroler Freiheit e Heimatbund.
Chemnitzer hutte
Foto: Markus Leimegger/peakvisor.com
  • Non c’è estate che si rispetti senza che si riaccenda il dibattito sulla toponomastica. È giunto il momento di rinominare i rifugi di montagna? La proposta è stata lanciata da Ingrid Beikircher, vicepresidente dell’Alpenverein Südtirol (AVS), attraverso un intervento sulla rivista dell’associazione “Bergeerleben”. Beikircher ha messo in discussione la pertinenza di molti nomi attualmente in uso nei rifugi altoatesini, sottolineando come questi siano spesso retaggi del passato, legati a sezioni del Deutscher und Österreichischer Alpenverein (DUÖAV), il Club Alpino Tedesco e Austriaco, attive fino all'esproprio del 1923 da parte dello Stato italiano durante il fascismo. Dopo decenni di gestione statale o del CAI – e il passaggio di proprietà nel 1999 alla Provincia Autonoma di Bolzano – i legami tra i rifugi e le sezioni costruttrici originarie si sono dissolti. “Oggi”, scrive Beikircher, “quelle sezioni non li gestiscono né li finanziano. Il nome è ancora rilevante?”.

    La proposta è di sostituire i nomi legati a città tedesche, italiane o a personaggi storici senza legami locali con denominazioni toponomastiche coerenti col territorio, privilegiando riferimenti geografici evidenti e più condivisi. Un esempio? Il Chemnitzer Hütte / Rifugio Roma verrebbe rinominato Nevesjochhütte / Rifugio Neves, facendo riferimento al passo Neves. Lo Stettiner Hütte / Rifugio Petrarca diventerebbe Hohe Wilde Hütte / Rifugio all'Altissima, e lo Schlüterhütte / Rifugio Genova si trasformerebbe in Geislerhütte / Rifugio Odle, richiamando il gruppo montuoso.

  • Ingrid Beikircher: vicepresidente dell’Alpenverein Südtirol e caporedattrice di "Bergeerleben". Foto: AVS
  • Beikircher sottolinea anche un aspetto pratico: “In caso di emergenza, un nome basato sulla geografia è più facilmente comunicabile ai soccorritori. Nessun italiano penserà a ‘Papa Pio XI’ in caso di bisogno, ma ricorderà ‘Palla Bianca’”. Per non cancellare la memoria storica, l’AVS propone l’installazione di targhe multilingui che documentino la storia originaria di ogni rifugio rinominato. Nel frattempo, l’AVS ha già avviato contatti con il CAI Alto Adige – con cui da anni c’è un lavoro comune – e il presidente Carlo Alberto Zanella non si è detto contrario a un'eventuale ridenominazione condivisa.

  • Intervenire oggi potrebbe frammentare ulteriormente la questione toponomastica, che va affrontata nel suo complesso, non caso per caso

     

    Dieter Steger, Obmann della Südtiroler Volkspartei (SVP), si mostra cauto. Ricorda che oltre dieci anni fa la SVP aveva proposto un modello "rispettoso per tutti i gruppi linguistici" per toponimi comuni, valido anche per rifugi, purché i nomi siano di uso reale in tutte le lingue ufficiali: tedesco, italiano e ladino. “Prendo atto della proposta dell’AVS”, afferma Steger in una nota, “ma resto scettico: i nomi attuali sono parte della storia dei rifugi. Intervenire oggi potrebbe frammentare ulteriormente la questione toponomastica, che va affrontata nel suo complesso, non caso per caso”.

  • STF e Heimatbund: “Via i nomi fascisti, non quelli storici”

    Più netto il rifiuto di Bernhard Zimmerhofer, consigliere provinciale della Süd-Tiroler Freiheit. Pur sostenendo la rimozione dei nomi imposti dal regime fascista, considera i nomi tradizionali tedeschi parte integrante del patrimonio culturale locale. “I rifugi testimoniano l’inizio del turismo nelle nostre valli”, afferma Zimmerhofer, ricordando i profondi legami storici ad esempio tra la Valle Aurina e la Sassonia. “Rifugi come il Chemnitzer Hütte o il Leipziger Hütte (oggi Schwarzensteinhütte) sono il frutto del lavoro pionieristico delle sezioni sassoni dell’Associazione Alpina Tedesca e Austriaca. Cambiare questi nomi significherebbe recidere un legame storico autentico”.

  • Bernhard Zimmerhofer: consigliere provinciale della Süd-Tiroler Freiheit. Foto: Seehauserfoto
  • Il Südtiroler Heimatbund (SHB), per voce del presidente Roland Lang, accusa il dibattito di ipocrisia. “Si mettono in discussione nomi storici come ‘Kasseler Hütte’, ma nessuno tocca ancora il Rifugio Antonio Locatelli”, afferma Lang. Locatelli fu ufficiale dell’aviazione durante la guerra d’aggressione italiana in Etiopia, implicato in attacchi contro civili anche con gas velenosi. L’SHB chiede la rimozione immediata di questo nome, definendolo una “reliquia fascista”, inaccettabile nel 2025. Lang difende invece i nomi storici delle sezioni alpine tedesche: “Sono simboli della nostra identità culturale. Sopprimerli significa cancellare la storia. Non possiamo applicare due pesi e due misure: i nomi fascisti devono sparire, quelli storici vanno tutelati”.

  • La contro-replica di Beikircher

    Beikircher però non cede: “L'idea di ridenominare alcuni rifugi non è assurda, ma piuttosto logica e al passo coi tempi. Ma è solo uno spunto di riflessione della caporedattrice e vicepresidente, non c'è alcuna decisione dei comitati AVS in merito”, scrive in un comunicato dell’Alpenverein inviato “a seguito alle reazioni di alcuni media all'articolo apparso sulla nostra rivista Bergeerleben”. “Molte centinaia di euro vengono investiti per pubblicizzare il marchio Alto Adige al fine di trasmettere la nostra regionalità – prosegue – rinominare i rifugi sottolineerebbe proprio questa regionalità, dando ai rifugi il nome della loro posizione o della loro montagna”. Secondo la vicepresidente, quindi, “non si tratta di eliminare i nomi tedeschi o italiani, ma piuttosto di enfatizzare i nomi alpini dell'Alto Adige. Se si vuole insistere sui nomi storici, si accettano anche alcune dubbie denominazioni di un periodo storico oscuro. Le sezioni tedesche, polacche e ceche o anche alcune sezioni del CAI, a cui i rifugi sono stati trasferiti dopo il 1920, non hanno alcun legame con i rifugi e non sono promossi né sostenuti in alcun modo da loro”.

     

    Se si vuole insistere sui nomi storici, si accettano anche alcune dubbie denominazioni di un periodo storico oscuro.

     

    “Va da sé che la denominazione potrà essere realizzata solo in accordo con la Provincia e il CAI Alto Adige, che non è contrario all'idea. Nella storia delle Alpi, i rifugi sono stati spesso rinominati e i nuovi nomi sono stati accettati molto rapidamente dalla popolazione”, conclude la dirigente dell’AVS. La questione dei nomi dei rifugi, come già accaduto per i toponimi, si conferma uno dei nodi simbolici più delicati dell’Alto Adige – soprattutto in alta quota.

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Capaldi Lun, 06/30/2025 - 18:53

ich musste erstmal "Rifugio Locatelli" googeln, um zu erfragen dass es die Dreizinnenhütte ist. Insofern wäre Dreizinnenhütte/rifugio Tre Cime ja nicht ganz verkehrt. Den Herrn Locatelli könnte man ja samt Erklärung auf eine Bronzetafel (gerne auch aus einfachen Blech) verbannen. Wird halt die andere Ecke wieder toben....
Nebenbei entnehme ich obigem Text dass die Schwarzensteinhütte mal Leipzigerhütte hieß, die Umbenennung also schon mal funktiniert hat, kurioserweise genau von Herrn Zimmerhofer erwähnt. :-)

Lun, 06/30/2025 - 18:53 Collegamento permanente
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Robert Hölzl Lun, 06/30/2025 - 21:12

Wenn eine Hütte als Ersatz für eine andere Hütte erbaut wurde (z.B. Schwarzensteinhütte, Oberetteshütte nahe der früheren Höllerhütte, Sesvennahütte nahe der früheren Pforzheimer Hütte etc.), wurde von den Bauherren der neuen Hütte auch neue Namen gegeben. Bei der Landshuter Hütte sogar nur nach einer Renovierung (aber Europahütte war so ganz nach dem Geschmack unseres LHs, kein lokaler Bezug). Bei bestehenden Hütten sollte der originale Namen bleiben. Geschichte sollte nicht ausgelöscht werden; im besten Fall sollte man daraus lernen.

Lun, 06/30/2025 - 21:12 Collegamento permanente