Società | 2015 - 2016

La fine e il principio (2)

Piccolo abbecedario dell'anno che si è appena concluso e di quello che verrà.

Prosegue, dopo la prima puntata, questo modesto percorso tra le lettere di un immaginario alfabeto altoatesino.

 

F come furti e criminalità. Sull'incerta validità delle statistiche disse tutto quel che c'era da dire il genio satirico di Trilussa, ma nemmeno lui avrebbe potuto mettere in versi un garbuglio così paradossale come quello che avvolge, in quel di Bolzano, i dati sulla criminalità. Non passa settimana senza che, su un'opinione pubblica ormai ben convinta di quel salviniano paragone tra il capoluogo altoatesino e la devastata Beirut, non cadano a pioggia cifre sempre diverse e sempre più discordanti. I furti sono drasticamente aumentati annuncia l'Istat e subito riparte il coro greco che invoca drastiche punizioni, la cacciata degli ultimi invasori, ronde notturne armate di mazza ferrata. Ma il 54 per cento di aumento non fa in tempo a fissarsi nell'animo esacerbato della cittadinanza ed arriva il dato proclamato dall'indiscutibile autorità del massimo rappresentante dello Stato in provincia. I furti sono diminuiti - dice - di oltre il 40 per cento. Ai pretoriani della legge e dell'ordine tocca a frenare bruscamente e spiegare. La colpa - dicono -  è di un popolo talmente aduso ad essere depredato da non ritenere più nemmeno utile fare denuncia. Perfino il dato in base al quale il senso di insicurezza percepito, a Bolzano, è di gran lunga e giustamente inferiore a quello rilevato molte altre città italiane, dove l'ordine pubblico è davvero un problema, viene archiviato con un cenno di disprezzo. Beirut siamo e Beirut resteremo.

G come Garibaldi (via) & dintorni. È il triangolo delle Bermude della politica bolzanina. In quel mezzo ettaro di scalcagnata realtà urbana si sono perse molte ambizioni e altrettante illusioni. Bolzano è periferia del mondo,  ma non si vuol far mancare nulla. Quell'isolato è il nostro Bronx, concentrato di tutte le miserie e le più che modeste turpitudini che ci competono. E il lato B dei fasti architettonici che ornano il centro storico. Accade così, in tutte le città del mondo, nelle zone immediatamente adiacenti alle stazioni ferroviarie. Bolzano vorrebbe sfuggire a questa legge inevitabile, ma l'impresa, Benko o non Benko, sembra superiore alle sue forze.

H come nulla da segnalare. In verità ci sarebbe stato Heinz Peter Hager, l'onnipresente Richelieu del barbaro invasore d'oltre Brennero, ma dopo le lettere dedicate a Benko e al suo possibile impero di via Garibaldi sembrava troppo

K come Kostner. E' un dovere, ma è soprattutto un piacere dedicare una lettera in questo piccolo abbecedario a Carolina. Per lei il 2015 è stato un anno amaro, molto più di quelli passati a difendersi dall'accusa di esser troppo fragile, di caviglia e di mentalità, per aspirare al ruolo di star mondiale del pattinaggio. Allora strinse i denti e dimostrò, con una maturità incredibile, di esser capace di reggere anche il peso dei momenti più duri della competizione. Il colpo che l'ha piegata, tuttavia, è arrivato improvviso, alle spalle come uno spintone nel bel mezzo di una delle sue stupende evoluzioni. Accusata e condannata in una vicenda ancora non del tutto chiara di doping senza che le si potesse muovere nessuna accusa se non quella di aver fatto quello che le mogli e le fidanzate fanno da sempre quando l'uomo di casa, al trillo del telefono o al suono del campanello, sussurra infastidito "di' che non ci sono". Tutto lì. Eppure è bastato per un processo mediatico quasi più accanito di quello dei giudici sportivi. Pareva ad un certo punto che le colpe fossero tutte sue. Ha dovuto piegare la testa per scongiurare castighi ancor più severi di quelli già inflitti. Volevano persino impedirle di calzare i pattini per qualche esibizione non competitiva. Nel 2016, a pena scontata, tornerà a gareggiare, ma già i sussurri annunciano propositi di ritiro definitivo. Ha pagato a caro prezzo il diritto di decidere da sola della sua carriera e della sua vita. Comunque vada, tanti auguri Carolina.

I come indennità dei politici. Nel 2015, in effetti, lo tsunami che, nell'anno precedente, stava travolgendo il mondo politico regionale si è ridotto a qualche modesta burrasca, ma non è detto che le cose vadano così anche nell'anno che sta per iniziare. Nei prossimi dodici mesi vedremo forse le prime sentenze sui ricorsi a pioggia sparati come fuochi d'artificio dai titolari di vitalizi milionari per nulla disposti a restituire il contante nelle casse della regione. Nell'elenco, come si sa, ci sono ex politici ritiratisi a vita privata e quindi indifferenti al giudizio di un  popolo schifato dai privilegi arraffati negli anni del potere, ma ci sono anche personaggi che in un modo o nell'altro continuano a navigare nelle acque agitate della politica locale. Contano forse sulla memoria corta degli elettori, ma stavolta potrebbero aver sbagliato i calcoli.

L come libri. Devo confessare che la storiella del libro sulla Cassa di Risparmio di Cristoph Franceschini venduto, nella più grande libreria bolzanina, in ossequio al principio secondo cui l'incasso è sacro, ma tenuto  sotto il bancone ed esibito solo a richiesta "per ordini superiori", è un perfetto apologo della società sudtirolese. Boicottaggio e censura verso chi osa mettere in discussione, a torto o a ragione, un pilastro dell'ordine costituito e tirare per la giacchetta qualche potente, abituato a ricevere solo inchini e salamelecchi, ma senza rinunciare a far scattare il registratore di cassa, vero totem di una terra che qualche secolo fa accolse a braccia aperte anche il Poverello d'Assisi, ma solo perché era venuto a partecipare una fiera.

M come Museion. Un moto di umana pietà impedisce di infierire su Donna Letizia (Ragaglia), la quale, nelle estreme propaggini dell'anno che sta per finire, ha dovuto incassare colpi tali da oscurare, anche se solo per un attimo, il suo celebre e inossidabile sorriso. Era forse dai tempi della rivolta cittadina contro i suoi prediletti "ponti natalizi d'artista", che non doveva contare, nell'arco di così poco tempo, tante frecciate polemiche. Dalle ironie su un coacervo di materiali passato nell'arco di ventiquattr'ore dallo stato di opera d'arte a quello di immondizia e poi di nuovo tornato ad assumere, quasi per magia la natura precedente, al fastidioso insistere di politici e giornalisti sulle finanze di un Museion perennemente assetato di finanziamenti pubblici. Ed infine, quasi allo scoccare della fatidica mezzanotte, l'imbarazzante vicenda, rimbalzata sin sulle pagine della stampa nazionale, di quella banda larga che attirava all'ombra del grande cubo di vetro personaggi considerati poco gradevoli. Quanto sembra lontano quel giugno del 2011 quando le sale del Museion scintillavano di mondanità e di eleganza per una cena da cinquantamila euro per lanciare il progetto di Bolzano capitale della cultura. E il 2016, per giunta, sarà pure un anno bisestile.

N come neve. Neppure il GS (Grande Secco) di fine 2015 riuscirà a incrinare lo splendore di un biennio turistico che promette di polverizzare tutti i record di arrivi e pernottamenti tra le Dolomiti. La totale mancanza di neve, che ha tramutato da pandoro a panettone anche la cima dello Sciliar, non ha scalfito i contorni di una stagione che promette scintille. Grazie alle imprese di un pugno di fanatici assassini, gli albergatori nostrani si trovano a poter mettere sul mercato un'offerta capace di attrarre anche coloro che trascorrevano le vacanze sul mar Rosso o nelle grandi capitali. A portare la neve ci penserà il 2016 e allora sarà gran festa. Per di più la ritrovata armonia tra Putin e l'Occidente promette di togliere gli ultimi impicci al gran ritorno sulla scena dei pregiatissimi ospiti russi, finalmente accontentati nel loro vezzo tipico di voler pagare i conti d'albergo e di ristorante tutti con denaro contante, senza doversi servire di diavolerie moderne come le carte di credito. Che chiedere di più? (2 - continua)