Politica | Dal blog di Umberto Gangi

Legge "ammazza-referendum": perché no?

In fin dei conti la perfezione è ad un passo.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.

Domenica 09.02.2014 i cittadini della provincia di Bolzano sono chiamati alle urne per una tornata referendaria. 

Sebbene la cosa abbia avuto la stessa eco di una puntata di "Consorzio Nettuno" sull'integrale di Duhamel, l'argomento che la caratterizza è in realtà molto importante: si tratta di approvare, o meno, la legge provinciale che alcuni, tra promotori e sostenitori della consultazione hanno battezzato "ammazza-referendum".    Il motivo della scelta del nome da parte delle malelingue in questione è oscuro almeno quanto un congiuntivo per Antonio Razzi.    La legge in esame, infatti, è un diamante di democrazia incastonato in un aureo montante di partecipazione agevolata.  Prevede, tra le altre cose, che i cittadini possano prendere l'iniziativa legislativa, trasformando innocue proposte in vere e proprie leggi della Provincia. Per farlo devono solo rispettare un paio di piccolissime formalità burocratiche:

 

1. Devono presentare la loro proposta in Consiglio (o in Giunta) provinciale con un corredo di sole ottomila (8.000) firme. 

2. Sperare che il Consiglio (o la Giunta) recepisca integralmente la proposta e la trasformi in legge senza batter ciglio. 

3. Nel caso la suddetta speranza risulti vana, devono ringraziare i rappresentanti eletti per il tempo loro dedicato e partire alla ricerca di ventiseimila (26.000) firme, da raccogliere in due mesi, per chiedere l'indizione di un referendum che trasformi (o meno) in legge l'ormai obsoleta proposta. 

4. Qualora i promotori riuscissero a trovare le 26.000 firme in questione nei tempi previsti (cosa probabilissima, specie se si ha lo stesso numero di parenti di Gianni Alemanno o se si richiede l'aiuto della simpatica associazione umanitaria nota ai più come 'Ndrangheta), potrebbero poi partire per una campagna referendaria che porti loro un numero di consensi superiori a quelli che riuscirebbero a procacciarsi gli opponenti (che secondo alcuni potrebbero poi essere quegli stessi organi politici che avrebbero bocciato la proposta in Consiglio e ai quali, tra l'altro, potrebbe spettare il compito di organizzare l’informazione sulle motivazioni dei “sì” o dei “no”).   In tutta onestà é difficile trovare una falla in questo fulgido esempio di collaborazione tra cittadini ed istituzioni. Volendo proprio essere pignoli si potrebbe obiettare che 26.000 firme (ovvero, a spanne, quelle del 6,5% degli aventi diritto al voto;) da raccogliere in 60 giorni (ovvero il tempo che passa tra la citofonata ad un ufficio medio e la risposta di un qualsivoglia addetto) sono troppo POCHE! A livello nazionale, infatti, le firme da raccogliere per l’indizione di un referendum sono 500.000 (ovvero, sempre utilizzando le stesse spanne di prima, quelle dell’1,1% degli aventi diritto al voto) e  (anche) questa soglia bassissima ha fatto sì che in 68 anni si siano tenute 20 tornate referendarie: una ogni tre anni e mezzo circa. Se si aumenta di sole 6 volte la soglia nazionale c’é il rischio che ogni ventuno anni si sia chiamati a votare per un referendum; UNA volta ogni VENTUNO anni! Ma dico: questi legislatori pensano che noi cittadini non abbiamo altro da fare che star dietro un seggio a votare? 

Perciò spero vivamente che il nuovo Consiglio provinciale corregga questa piccola/grande stortura, magari introducendo una delle seguenti clausole:

A. le 26.000 firme dovranno essere apposte previa amputazione dei pollici o di altre eventuali estremità opponibili;

B. le firme dovranno essere raccolte in 60 giorni, ma i 60 giorni in questione dovranno essere computati a partire dalla data di nascita del promotore più anziano;

C.per i 26.000 firmatari sarà ripristinato lo "Ius primae noctis"  a favore dell’intero Consiglio provinciale.

Forza Consiglieri: regalateci la perfezione!