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Scuola: sezioni bilingue su richiesta

Nessuno viene privato di alcun diritto.
Viene offerta al contrario un’opzione in più.

Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
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Foto: Kelli Tungay on Unsplash

 

Il giornalista redigendo il suo articolo si deve attenere a delle esigenze di vario genere e succede così che chi legge si chieda a volte che cosa si celi dietro sorprendenti o insolite affermazioni. Mi riferisco qui all’articolo comparso giovedì 13 gennaio scorso sulla cronaca meranese dell’Alto Adige. Titolava “Scuola bilingue da subito ma senza togliere niente a nessuno” e con i suoi caratteri cubitali affronta questioni già superate e risolte nella mozione presentata dalla consigliera del Team K Sabine Kiem. Dal titolo si potrebbe desumere che intervistata e giornalista non siano informati sul contenuto della stessa. E’ stata indubbiamente questa mozione e la sua unanime approvazione a sorpresa a dare il via alla serie di articoli sul tema comparsa nei media dalla metà di dicembre in poi.   “… ma senza togliere niente a nessuno”, ebbene proprio queste parole nel titolo hanno provocato in me un’immediata sorpresa e delusione, poiché nella stesura del testo della mozione avevo posto grande attenzione a questo aspetto, ritenuto basilare per chiunque si occupi dell’argomento o lo tratti. La volontà di porlo in evidenza può dare l’impressione che si voglia frenare e rimettere in attesa una questione che da ben più di mezzo secolo viene ripresentata puntualmente come fondamentale. Chiunque abbia seguito in questi ultimi decenni la cronaca riguardante l’argomento sa bene che ogni mozione o disegno di legge sulla scuola bi- plurilingue presenta nel suo testo la clausola “Dovrà comunque essere garantita l’iscrizione in sezioni in cui l’insegnamento avvenga secondo il principio della madrelingua ai sensi dell’articolo 19 dello Statuto di Autonomia”. In essi insomma non si toglie niente a nessuno, ma si aggiunge la libertà di non avvalersi di un diritto sancito se non lo si desidera. E’ evidente da quanto appena esposto che l’articolo 19 dello statuto di autonomia, parte della Costituzione Italiana, non rappresenti alcun impedimento all’istituzione di sezioni con insegnamento paritetico nelle due principali lingue ufficiali del territorio. Ragion per cui non sono necessarie nuove interpretazioni adeguatrici o liberali dello stesso, né aggiunte di alcun genere, diversamente da quanto espresso nell’articolo in questione. Si aggiunge, va ribadito, la libertà di far uso di un diritto nella misura in cui lo si ritiene adeguato alle proprie esigenze, ad esempio con un insegnamento paritetico nelle due lingue, italiano e tedesco.  

Un’esistenza professionale e familiare in provincia mi ha resa una convinta sostenitrice della scuola bilingue. L’occasione di collaborare e confrontarmi in progetti con la docente Renata Zanin della Libera Università di Bolzano, esperta del settore e lo studio della letteratura sull’argomento mi hanno dato modo di capirne ancor più la necessità ed i vantaggi sociali, economici e culturali.

 Negli ultimi anni è stata ampiamente discussa la questione delle iniziative didattiche e pedagogiche menzionate dall’intervistata nell’articolo citato che hanno comportato costi e impegno, ma che non sono bastate a migliorare la conoscenza e l’uso della seconda lingua, come ha dimostrato la ricerca dell’EURAC (studio KOLIPSI II) i cui risultati sono stati pubblicati nel 2017. Ed è per questa ragione che la scuola bilingue con insegnamento paritetico (sul modello di quella ladina), realtà di successo non solo in provincia, ma anche altrove in Europa, da più di mezzo secolo è richiesta a gran voce da larghi strati sociali. Non pare proprio il caso di chiedersi se “i tempi sono maturi”! Ci vuole il coraggio politico di affrontare le difficoltà e l’impegno che richiede la trasformazione di un sistema che non può reggere in una società che vuol stare al passo col tempo e che invece rimane inchiodata ai condizionamenti di un passato.