Ricevere gli auguri di Buon Lavoro per noi giornalisti è sempre meno frequente e suona sempre più spesso ipocrita. Quando poi non si tratta di una propria e vera minaccia allusiva da parte della criminalità organizzata.
Fa allora molto piacere che ieri, alla fine della crisi di governo e circa 24 ore prima del giuramento di oggi pomeriggio dei nuovi ministri, il titolare della prima istituzione italiana repubblicana abbia scandito un “Buon lavoro” a tutti i cronisti presenti e, per estensione, a tutti noi che facciamo questo mestiere, tutti i giorni.
Grazie, allora, presidente Sergio Mattarella. Anche per essere stato così fermo e autorevole pochissimi giorni fa, quando qualcuno ha starnazzato di impeachment non sapendo neanche come si pronuncia e se è semmai una nuova regola del rugby oppure un modo più facile di montare guardando la coda del cavallo.
Ma, vede Presidente, con Lei che è il Garante più alto della nostra Costituzione ci sentiamo anche di alludere all’articolo 21 della Carta. Quello che sancisce e difende la libertà di parola e quella di stampa: una cosa importante, vitale e, come si dice, alla quale non si fa caso salvo quando ci viene negata. Come l’aria, esattamente come l’aria.
Le giornaliste e i giornalisti che iniziano ora la propria vita professionale non se la vedranno molto bene perché, come si sa, il nostro specifico mercato del lavoro va da tempo in controtendenza rispetto allo scenario occupazionale generale che è invece in crescita.
Vede Presidente, con Lei che è il Garante più alto della nostra Costituzione ci sentiamo anche di alludere all’articolo 21 della Carta. Quello che sancisce e difende la libertà di parola e quella di stampa:
E anche chi, come noi, intravvede il cimitero degli elefanti (ma, come dire, non ha nessunissima fretta di raggiungerlo) ha e avrà i suoi pensieri.
Ma se il Buon Lavoro augurato dal nostro Capo dello Stato ai giornalisti italiani vuol dire anche - e ne siamo certi – la consapevolezza di Mattarella delle difficoltà occupazionali (e qualche volta deontologiche) di questa professione, allora saremo grati due volte al primo Inquilino del Quirinale.
E avremo un motivo in più, insieme con decine di altri, per considerare un privilegio stringergli la mano.